Digitale
Il futuro è ancora digitale?
Un posto per vivere?
Quando ormai 22 anni fa l’allora direttore dei laboratori del MIT, Nicholas Negroponte, scrisse Being Digital (qui tradotto con Essere Digitali), ricordo che fece un certo effetto l’affermazione che il furto di un notebook facesse meno danni che quello dei suoi contenuti. A quei tempi in Italia Internet era appena stata sdoganata dalle ristrette reti universitarie per arrivare al grande pubblico e i modem consentivano la “stratosferica” velocità di 28k bit al secondo.
Oggi di computer ne trovi perfino al prezzo di una cinquantina di euro e se te li rubano probabilmente i tuoi documenti, invece che su un disco esterno o una chiavetta da archiviazione, si troveranno su un qualche disco Cloud, come Dropbox.
In altri termini, l’immaginazione del futuro ha preso forme ancora diverse da quelle che potevano essere immaginate da Negroponte e a farcelo capire sono due autori dello stesso Istituto, Joi Ito, attuale direttore del MIT Media Lab, e l’editor di Wired, Jeff Howe. Sembrano invece seguire le tracce di Out of Control: The New Biology of Machines, Social Systems, and the Economic World di Kevin Kelly, anche lui a suo tempo editor di Wired e prima ancora del Whole Earth Review (una linea ideale che, partendo da THE WELL e Stewart Brand, arriva a lui passando per Howard Rheingold e, indirettamente, Doug Engelbart (quindi Allan Kay e tutta la controcultura informatica).
Che cosa diceva Kelly nel ’94 (più o meno, quindi, negli stessi anni di Negroponte)? Che numerosi settori delle scienze contemporanee e della filosofia vanno nella stessa direzione; ovvero che l’intelligenza non è organizzata come una struttura verticistica ordinata, ma piuttosto come un alveare costituito da singole, piccole, semplici componenti. E questo tanto che si parli di imprese, burocrazia, intelligenza artificiale o mente individuale. Kelly negli ultimi tempi riesce a guardare più nel dettaglio rispetto a quell’affermazione utopica di una perdita di controllo da parte delle istituzioni e dei poteri forti e specifica che il trend di evoluzione segue dei sentieri già aperti e li qualifica come segue:
1) Ci si sposta da prodotti prefissati a servizi costantemente aggiornati e abbonamenti
2) Ogni cosa si fa più svelta grazie allo sviluppo dell’intelligenza artificiale che passa dal cloud
3) Siamo influenzati dagli incessabili streaming di rete che ci costringono a vivere in tempo reale ogni cosa o fatto
4) Ogni interfaccia si sposta su degli schermi
5) Le società tendono a scivolare dalle istituzioni e dagli assetti interni alle modalità con cui possiamo accedere ai loro servizi in qualsiasi momento
6) La condivisione e la collaborazione diventeranno la norma del funzionamento del lavoro e delle interazioni.
7) I servizi del futuro sopravviveranno soprattutto in funzione di quanto più intensamente sapranno sfruttare la personalizzazione per anticipare i desideri dei clienti
8) Spacchetteremo le realtà complesse e basate su rappresentazioni preconfezionate per potere attingere ai costituenti primitivi in modo di darne il maggior numero di combinazioni inedite e imprevedibili lasciando aperte le possibilità offerte dal caso
9) Immersione intensiva negli strumenti digitali per aumentare l’efficacia del potere di coinvolgimento
10) Tracciamento per totalizzare la possibilità di sorveglianza a sicurezza dei consumatori e dei cittadini
11) Promozione delle domande ben poste in modo da migliorare la precisione e la personalizzazione delle risposte
12) Avvio della creazione di un sistema planetario in grado di connettere umani e macchine all’interno di una matrix comune.
Non che Kelly auspichi tutto ciò, ma per lui, dall’ottimismo iniziale di una fuga dai meccanismi di controllo si sta arrivando ad una deriva di disumanizzazione e di perdita di privacy che definisce Inevitabile (da cui il titolo del suo ultimo libro).
Il caso ci salverà?
Nei fatti non possiamo neppure dire che le cose stiano proprio in questi termini.
Dal portatile di Negroponte ad oggi la componente stocastica degli eventi è tale da farci pensare che lo spazio per l’aleatorio è ancora enorme.
Personalmente ritengo – come ho espresso in un articolo precedente – che la società si vada differenziando in tre fasce: una che risponde ai principi di distopici di Kelly e una che dell’imponderabile fa la sua ragione di vita; in mezzo ci potrebbero stare i mediatori, gli interpreti fra i due mondi, le cinghie di trasmissione (soggette a non meno forti tensioni e usure).
Se la logica distopica potrebbe rispondere al quadro di Kelly, ad esempio (esistono diversi scenari analoghi), a quella dell’imponderabilità si avvicinano oggi con una certa attendibilità Ito e Howe con il loro Al Passo Col Futuro.
1. La prima regola consiste nell’affermare che, rispetto a degli indirizzi precisi che caratterizzavano l’uso del potere politico-economico e delle conoscenze accademiche di una volta, si stia diventando surfisti, sempre attenti, non più alla regola, quanto all’emergere delle evidenze, o come lo chiamano gli autori, l’affiorante. I leader come Trump o Clinton non si affidano più a delle disposizioni a priori, ma imparano ad orientare le loro vele in direzione del vento, come i camaleonti dei classici letterari, questi fanno della metamorfosi una competenza talmente rapida da renderli quasi invisibili se non fosse per la loro “abilità” a reinterpretare in modi sempre diversi le affermazioni altrui e soprattutto quelle di loro stessi. Se non si vuole venire seppelliti dalle nostre stesse ideologie, anche gli imponderabili devono vivere alla temperatura della distruzione (Morin e alt.), cambiando le vele in modo da essere sempre altrove in funzione degli indirizzi dell’emergente.
2. Proprio come per la blockchain che amministra i Bitcoin, la struttura della rete che ispira le dinamiche socio-economiche ma anche quelle delle conoscenze non può più essere pianificata e “spinta” (push) come i programmi didattici di cui si parlerà nel prossimo articolo, ma lasciata emergere, estratta (pull) dall’azione stessa e dalla sua interazione con la dimensione aleatoria sempre più percettibile. Scrive Joi Ito: «Per applicare il principio “Pull batte Push” dovete essere pienamente consapevoli, pienamente presenti e in grado di sviluppare una rete molto ampia attraverso l’esplorazione e la curiosità. Dovete
avere un portafoglio di interessi e la capacità di reagire rapidamente sia alle opportunità, sia alle minacce che emergono. Concentrarvi eccessivamente sul passato, o sul futuro, restringe il vostro campo visivo e vi rende meno capaci di reagire ai cambiamenti, alle opportunità e alle minacce» (osservazioni che ricordano Pull di David Siegel e Focus di Goleman). Essere qui e ora: una sorta di mindfulness del surfer futuro (e attuale).
3. Abbandoniamo gran parte delle mappe che abbiamo usato per orientarci a meno che non si voglia viaggiare nel passato invece che nel presente. Gli esploratori di quando la terra era ancora un territorio per la maggior parte sconosciuto sapevano usare strumenti molto provvisori ma efficaci, come le bussole, il sestante, il metro e così via. Noi oggi non sapremmo utilizzarli a dovere e quindi non abbiamo quel tipo di conoscenze che ci consentirebbe di affrontare l’imprevisto come nel caso dei geografi di un tempo: vediamo la realtà che ci aspettiamo di vedere invece di osservare con occhi sgombri. Qualcuno obietterà che oggi che il mondo lo conosciamo e che esistono GPS e satelliti tutto ciò non ci serve più, tuttavia la dimensione di cui stiamo parlando è ancora sconosciuta ai più, non sappiamo di che cosa stiamo parlando, le mappe ci confondono e non possono servirci e non siamo più in grado di usare strumenti provvisori (che ancora non conosciamo bene: quali sono le bussole per la quinta dimensione?). Ito ci dice che invece che alle leggi dovremmo attingere ai mitologemi, agli elementi che costituiscono l’inconscio collettivo a cui è connesso il nostro essere naturale profondo: tutto il resto è automazione e con quella non possiamo affrontare l’imprevedibile.
Passando in rapida successione le altre regole, ricordo che secondo Ito e Howe:
4. La ricerca della sicurezza deve far posto all’abilità nel governo del rischio e nell’assunzione di questa condizione primigenia;
5. Il conformismo perde di fronte ad una disobbedienza adattiva;
6. I saperi devono avere origine dalle prassi, dal rinnovarsi dei modi di agire invece dell’inverso, e soprattutto evitare la partenogenesi delle discipline come da sempre accade nelle
accademie: meno politiche, management e burocrazia e più lavoro concreto e professionalità applicata;
7. La capacità di distinguersi per differenza dalle pratiche e dai saperi comuni è il vero valore aggiunto, perché tutto quello che vince per essere meglio di qualcos’altro sarà sempre molto più uguale a tutti quelli che praticano quel sapere di quello che qualcun altro fa in un modo che non viene riconosciuto dai più, e per poche che siano le possibilità che la differenza offre quelle poche ripagano molto di più anche per tutte quelle che non hanno avuto successo;
8. Resilienza batte forza (e questo è un argomento fin troppo di moda);
9. Sistema batte Oggetto, o per meglio dire, è l’impostazione, il conceptual design, la gestalt, l’interaction design… nel quale inseriamo i nostri contenuti, prodotti… oggetti a conferire loro senso e quindi è meglio portarci dietro meno oggetti e più reti concettuali e inventiva con le quali trasformare ciò che incontriamo per strada, per quanto imperfetto, in ciò che ci serve.
Insomma, la capacità di improvvisare con attenzione al qui e ora e una mente aperta e orfana delle sicurezze infondate ciò che ci aiuterà a stare in piedi nel nuovo mondo non oggettuale e ad evitare di diventare i muli delle vecchie invenzioni di automazione.
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Digitale
Intersections raduna a Milano il mondo del marketing, della comunicazione e della creatività
Dall’unione di IAB Forum e IF! Italians Festival nasce Intersections, il più grande evento in Italia dedicato al mondo del marketing, della comunicazione e della creatività che si svolge a Allianz Mico a Milano il 29 ec 30 ottobre 2024.
IAB Italia, ADCI e UNA hanno deciso di realizzare il primo grande evento sistemico per rispondere in modo compatto all’evoluzione e alle sfide della industry in questo particolare momento storico, guidato anche dalla grande discontinuità dell’Intelligenza Artificiale.
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Digitale
Google è monopolista secondo il Dipartimento di giustizia USA. Ora potrebbe esserci il suo spezzatino
Un documento presentato al giudice federale degli USA Amit Mehta ha portato alla decisione di sanzionare Google per attività monopolistiche. La causa, promossa dal Dipartimento di Giustizia (DOJ) e diversi stati, sostiene che Google abbia usato il proprio potere di mercato in modo anticompetitivo, impedendo ad altre aziende di competere nel settore della ricerca online e dei servizi digitali.
Il giudice Mehta ha valutato le prove contro Google riguardo a vari accordi esclusivi con produttori di dispositivi e sviluppatori di browser che garantiscono a Google di essere il motore di ricerca predefinito su milioni di dispositivi. Questa esclusività ha reso quasi impossibile per i rivali ottenere una significativa quota di mercato, contribuendo a consolidare il monopolio di Google. Il DOJ, insieme agli avvocati generali di diversi stati, ha contestato che Google abbia illegalmente monopolizzato il mercato della ricerca e della pubblicità online attraverso accordi con aziende come Apple e Samsung per mantenere il proprio motore di ricerca come opzione predefinita su diversi dispositivi.
Il cuore dell’accusa riguarda gli “accordi esclusivi” di Google, che hanno portato all’accumulo di circa il 90% delle ricerche online e all’88% del mercato della pubblicità testuale, ostacolando i concorrenti dal punto di vista degli investimenti e dell’innovazione. Il DOJ ha dimostrato che Google paga ingenti somme per diventare il motore di ricerca predefinito, ad esempio su dispositivi Apple, scoraggiando il cambiamento di provider da parte degli utenti e limitando le scelte disponibili al consumatore.
La sentenza non prevede danni economici, ma un’ingiunzione che potrebbe includere misure per impedire a Google di continuare accordi esclusivi di default o addirittura obbligare l’azienda a separare il business della ricerca da altre operazioni come Android e Chrome.
Questo caso rappresenta un passo storico per l’antitrust negli Stati Uniti, simile al processo Microsoft degli anni ‘90, e potrebbe aprire la strada a nuove regolamentazioni per altri giganti della tecnologia, tra cui Apple e Amazon, anch’essi sotto scrutinio legale per pratiche anti-competitive.
Un team legale specializzato del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), affiancato da esperti in regolamentazione antitrust e tecnologia, sta lavorando a una serie di raccomandazioni per il giudice federale Amit Mehta. La proposta del DOJ include sia rimedi comportamentali che strutturali per affrontare l’impatto monopolistico di Google. I rimedi in valutazione spaziano da restrizioni su accordi preinstallati con produttori di dispositivi, all’accesso dei concorrenti ai dati di ricerca, fino alla potenziale separazione di parti dell’azienda per ripristinare la concorrenza nel settore dividendo Chrome, Google Play Store e il sistema operativo mobile Android dal search.
Questa prima versione delinea una serie di strade per la riforma, tra cui l’obbligo per Google di rendere accessibili i dati e i modelli di programmazione utilizzati per generare risultati tramite il suo motore di ricerca. Il Dipartimento di Giustizia sta anche valutando la possibilità di chiedere al giudice di vietare a Google di utilizzare o conservare i dati che si rifiuta di condividere con società terze.
Google ha dichiarato che intende appellarsi alla decisione, sottolineando che le accuse ignorano i benefici offerti ai consumatori dal loro motore di ricerca. Le fasi successive del processo potrebbero determinare cambiamenti significativi non solo per Google ma per l’intera industria tecnologica, influenzando l’accessibilità e la concorrenza nei mercati digitali anche in Europa e negli altri continenti.
Negli ultimi dieci anni, Google ha accumulato 8,25 miliardi di euro di multe dalle istituzioni antitrust dell’Unione europea che riguardano tra gli altri il suo sistema operativo mobile Android e il servizio pubblicitario AdSense.
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Sabato 26 Ottobre 2024 torna il Linux Day
Sabato 26 Ottobre 2024 torna il Linux Day: la principale manifestazione italiana dedicata al software libero, la cultura aperta ed alla condivisione promosso da Italian Linux Society e supportato da GARR.
Il Linux Day nasce nel 2001 come appuntamento annuale per riunire le forze di tutte le persone attiviste nel movimento del software libero, dell’open source, ed in particolare di Linux. Proponiamo una rete di eventi decentralizzati in tutta Italia, organizzati autonomamente da gruppi di persone volontarie e appassionate. È il più grande evento italiano sul tema con migliaia di visitatori. L’accesso al Linux Day è libero e gratuito.
Il Linux Day di Torino si svolge al Collegio degli Artigianelli in Corso Palestro 14 nel pomeriggio di Sabato 26 Ottobre.
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