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Il Media Fake-Social

C:/> Tutti addosso a Musk, ma il vero imputato è mr. Social Media

In questi giorni sembra che la questione sia la fuga su Mastodon da parte di migliaia di utenti Twitter che spesso il social cinguettante manco lo usavano ma dovevano fare qualcosa di diverso. Questo era già capitato quando fra la primavera e l’estate il buon Elon aveva manifestato fra il serio e il faceto la sua intenzione di comprare, ma ora che è stato obbligato a farlo i “cargo della speranza” degli esuli sono tornati a lambire le coste dei nostri giornaletti. Presto o quasi subito si accorgeranno che i lidi del “più grande social network decentralizzato facente parte del fediverso, una comunità internazionale composta da oltre 6 milioni di iscritti distribuiti su circa 14000 server indipendenti il cui obiettivo è rimettere il social nelle mani degli utenti” sta a Twitter come LaTeX sta a MS Word e anche peggio.

Lasciamo per ora perdere la questione dei padroni dell’uccello per soffermarci sui contorni che si muovono attorno al socialverso. Intanto Musk sembra aver lanciato una moda in parte già calcata da Telegram quando la società avente sede a Dubai ha promosso la sua versione premium a 3-4€ al mese che di vantaggi veri oltre alla stellina che compare accanto al tuo nome non ne offre più tanti. Musk fa quasi lo stesso “per qualche dollaro in più”. 8$ al mese permetteranno a tanti mr. Smith di avere un segno di spunta blu che qualifica gli account verificati accanto ai loro nomi «proprio come le celebrità, le aziende e i politici che già segui».

Probabilmente poco soddisfatti dei risultati degli abbonamenti premium, quelli di Telegram stanno rilanciando la politica twitteriana del “lei non sa chi sono io” permettendo agli stessi mr. Smith di acquistare e vendere brevi @username riconoscibili da attribuire ad account personali, gruppi e canali pubblici e l’asta per i migliori username come @Luca, @Gaia, o @Club è in corso su Fragment.

Il curioso stile manageriale di Musk si distingue anche nella gestione del personale: prima licenzia metà dei dipendenti per cancellare qualsivoglia odore di clintonismo dalla casta del cinguettio e poi torna sui suoi passi con quelli che servono e che siano pronti a convertirsi ad una linea politica diversa.

E qui arriviamo al paradosso se non al delirio: i social network (e per capirci vorrei citarne alcuni di storici di cui probabilmente ci siamo dimenticati che giocattoli, proprio come FaceBook e Twitter, erano all’inizio MySpace, Orkut, NetLog, ForuSquare, OnlyFans, Vine, SnapChat, ecc…) sono passati dall’essere un passatempo per goliardi e curiosi a una questione di dimensione geopolitica di primo piano se addirittura l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk si è sentito in dovere di ricordare a Musk che «la libertà di parola non è un lasciapassare: la diffusione virale di disinformazione dannosa, come quella osservata durante la pandemia di Covid-19 in relazione ai vaccini, provoca danni nel mondo reale. Twitter ha la responsabilità di evitare di amplificare i contenuti che danneggiano i diritti di altre persone» e che «come tutte le aziende, Twitter deve comprendere i danni associati alla sua piattaforma e adottare misure per affrontarli. Il rispetto dei nostri diritti umani condivisi dovrebbe stabilire le barriere per l’uso e l’evoluzione della piattaforma. In breve, vi esorto a garantire che i diritti umani siano centrali nella gestione di Twitter sotto la vostra guida».

Siamo alla follia? Per me sì, ma non per molti burattinai dei media, come talune case farmaceutiche che hanno usato i social proprio per instillare la loro personale versione della comunicazione scientifica e del vocabolario (si pensi all’abuso scorretto della parola “pandemia”). Accanto ad Audi e General Mills, coprattutto la multinazionale farmaceutica Pfizer, preoccupata dalla possibilità che con la nuova gestione del social possano circolare liberamente articoli e studi che mettono in discussione l’efficacia e la sicurezza dei vaccini anti Covid da lei prodotti, ha preso le distanze dal social unendosi al coro di quanti secondo Musk sarebbero gli «attivisti che stanno cercando di distruggere la libertà di parola in America facendo pressione sugli inserzionisti, anche se nulla è cambiato con la moderazione dei contenuti».

Non stupisce che parallelamente all’endorsment di Musk a favore dei Repubblicani anche il traballante presidente democratico sia sceso a criticare aspramente la nuova linea di Twittter asserendo che si tratta di «un’organizzazione che sputa bugie in tutto il mondo». Un po’ come se il Papa condannasse il gioco del Monopoli dicendo che apre la strada all’anticristo.

Il fatto è che siamo stati noi, ognuno di noi a far sì che questa parodia dei sei gradi di prossimità che ha guidato la caricatura dei social media diventasse tale. Siamo noi che non ci siamo resi conto di quando le cose sono passate da un simpatico gioco per tardo-nerd in uno strumento di manipolazione dei cervellini. L’ingresso della medio-tarda età, di quelli che “io non ho mai votato né Berlusconi né la DC” hanno fatto sì che il nostro paese fosse stato da sempre governato da rappresentanti dell’anonimato. Le fotine di micetti, nipotini, amorini e battutine si trovavano accanto a notizie, vere, false, finte-vere e finte-false producendo un condizionamento operante sull’uomo medio.

Allora molti dicevano che per fortuna esisteva FaceBook che ci dava le notizie vere e non quelle dei giornali. Che si fosse così lontani dalla realtà lo dimostrano delle notizie riguardanti il “politicamente corretto” per i DEM Zuckerberg che — guarda caso — non hanno avuto gli onori della prima pagina come la questione-Twitter. A fronte dei 3700 dipendenti di Twitter licenziati da Musk e poi in parte riassunti, Zuck ne va a far fuori 11mila, ossia il 13% della forza lavoro. Evidentemente la diaspora degli investitori coinvolge un po’ tutti (oppure la si tira in ballo per non parlare di speculazioni).

Forse proprio per questo l’antitrust dell’EU in parallelo a un’inchiesta analoga delle autorità britanniche vorrebbe sanzionare Meta per l’utilizzo dei dati dei clienti e di pubblicità «targettizzate» sul social network.

E se le mani dei giocattoli sociali dominati non appaiono granché pulite sul versante commerciale, decisamente più preoccupanti delle antipatie dei democratici per Musk sono le indiscrezioni dal puzzo illiberale simile alla caccia alle streghe di Assange che provengono da Meta proprietaria di FaceBook, Instagram e WhatsApp.

Nonostante questa società mediatica ora sostenga lo scarso peso nei social dell’attività informativa, secondo i dati 2020 del Pew Research Center un terzo degli statunitensi (credo che qualcosa di analogo si possa facilmente ipotizzare anche per gli europei) si tiene informato attraverso Facebook. Se gli editori dei quotidiani potevano lamentarsi delle perdite provenienti proprio dalle notizie dei social dall’altra si facevano forti della campagna contro le fake news alimentata dagli stessi social a favore di discutibili fact checker come quelli anti-Trump oggetto dell’attacco di Musk o dei filo-sistema di casa nostra. Ecco, dunque, che il gruppo di Zuckerberg ha provveduto a tagli nel numero e nei compensi ai propri collaboratori e soprattutto al mondo dei freelance a favore delle testate blasonate e sostenute dal sistema.

Molto più che sullo spauracchio-Twitter, sarà proprio Facebook il social che con ogni probabilità andrà ulteriormente (come se non bastasse la situazione attuale) verso una selezione dei pezzi pubblicati con l’utilizzo del codice informatico dello stesso Facebook. C’è chi dice che lo farà attraverso la creazione di un marketplace per gli NFT o con le Facebook Star, valute digitali con cui sovvenzionare i propri influencer di fiducia.

Insomma, potremmo trovarci di fronte ad un nodo di Gordio che rischia di potersi sciogliere soltanto con il draconiano metodo di Alessandro: un bel colpo di spada! Forse i social sono destinati a diventare la nuova longa manus del potere politico-economico, ma è anche verosimile che il mondo, ormai diviso anche sul piano geopolitico, si stia stancando del concetto stesso sempre più anacronistico del social globale. A suo tempo Orkut era vivo fra i brasiliani come QQ e Wechat fra i cinesi e VKontact fra i russi, MySpace fra i musicisti e LinkedIn fra gli aziendalisti; forse domani ci sarà qualcosa di ancora diverso. Il modello decentrato di Mastodon? Le community di Telegram o WhatsApp? Oppure una rinfrescata del sano vecchio web?

Non sottovaluterei la poco invidiabile via dei NEET paradossalmente indotta proprio da un universo tanto pateticamente paradossale.


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40 anni della Comunità Radiotelevisiva Italofona

Fondata il 3 aprile 1985 a Firenze come “Comunità italofona degli enti radiotelevisivi”, l’associazione nasce dall’accordo tra Rai, Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana (RSI) e Radiotelevisione di Capodistria. Ribattezzata nel 2006 con il nome di “Comunità Radiotelevisiva Italofona”, alla rinnovata associazione si uniscono come membri fondatori Radio Vaticana e San Marino RTV. La CRI è cresciuta negli anni ed oggi ne fanno parte, in qualità di membri ordinari, HRT Croazia, PBS Malta, RAE Radiodifusión Argentina al Exterior, Radio Atene, Cosmo Italiano, Radio ICN New York, Radio Romania, RTCG Montenegro, RTSH Albania e TV2000. (altro…)


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Aperte fino al 30 aprile le iscrizioni al Concorso nazionale CinemAmbiente Junior

Sono aperte le iscrizioni per la sesta edizione del Concorso nazionale CinemAmbiente Junior, riservato ai cortometraggi a tema ambientale realizzati dalle Scuole Primarie e Secondarie di I e II grado.

C’è tempo fino al 30 aprile 2025 per compilare il form sul sito e candidare i film al concorso. Una giuria selezionerà i migliori lavori che verranno premiati durante il Festival CinemAmbiente.

Coronamento di un impegno quasi trentennale, la sezione CinemAmbiente Junior riunisce i progetti didattici ed educativi dedicati alle scuole dal Festival CinemAmbiente. Nata con l’obiettivo di avvicinare le nuove generazioni ai temi ecologici, CinemAmbiente Junior 2025 si articola in due iniziative: il Concorso nazionale per film a tema ambientale, giunto quest’anno alla sua sesta edizione, e il programma di proiezioni rivolte alle scuole.


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Dal 4 al 6 aprile 2025 a Bologna la quarta edizione della Fiera del Cicloturismo

Dal 4 al 6 aprile 2025 a Bologna, in Piazza Lucio Dalla, si terrà la quarta edizione della Fiera del Cicloturismo, organizzata da Bikenomist, un evento che vuole diventare il punto di riferimento internazionale per il cicloturismo e la sostenibilità con una panoramica completa su destinazioni, tendenze, dati, modelli e accessori innovativi pensati per chi ama scoprire il mondo in sella a una bici.

Il programma della Fiera del Cicloturismo 2025


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