Agricoltura
Coldiretti lancia l’allarme: Senza i braccianti a rischio un quarto del raccolto. Il governo risponde con la maxi-sanatoria nel decreto rilancio Italia
L’allarme era stato lanciato da Coldiretti. Senza una risposta efficace ed immediata alla richiesta di nuovi braccianti nei campi, il 40% della frutta e della verdura rimarrà nei campi e destinata a marcire. Si parla quindi di circa un quarto del raccolto annuale che andrebbe perduto. In Italia ci sono circa un 1.1 milioni di braccianti che operano nei campi e circa il 40% di questi sono extracomunitari, fornendo il 27% del totale delle giornate lavorative. Ma andiamo nel dettaglio.Di tutti i lavoratori extra comunitari che ci sono nei campi dello stivale il 36% sono di nazionalità rumena che guidano la classe, essi sono infatti 107’591. A seguire ci sono i marocchini (35’013), poi gli indiani (34’043), albanesi (32’264), senegalesi (14’165), polacchi (13’134), tunisini (13’106), bulgari (11,261), macedoni (10’429), a chiudere i pakistani (10’172).
Ma come nasce la crisi della manovalanza nei campi? Con la crisi sanitaria generata dal coronavirus ed il successivo lockdown dichiarato dal governo con il dpcm dell’8 marzo, accade che circa 200’000 lavoratori stagionali stranieri hanno perso la possibilità di poter lavorare nei campi, sia perché molti sono dovuti tornare nei loro paesi di origine, sia perché molti di questi sarebbero dovuti arrivare in italia in questo preciso periodo, avendo un contratto di lavoro stagionale, che causa la chiusura delle frontiere gli è stato disdetto. Si conta che circa il 10% delle giornate lavorative nel mese di marzo siano andate perdute. Secondo l’analisi di Coldiretti inoltre quasi 1/3 dei lavoratori stagionali agricoli che viene in Italia temporaneamente lavora in sole 6 provincie e quelle che registrano i valori assoluti più elevati sono Bolzano 6%; Verona e Foggia con il 5%; Latina, Trento e Cuneo il 4%, dove i voucher rappresentano l’unico realistico strumento per intervenire concretamente.
Ecco che questo blocco dei braccianti ha portato quasi al collasso il sistema agricolo italiano. Tante sono le regioni colpite da nord a sud, le regioni più in sofferenza sono quelle del nord come Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte. Mentre al sud sono Sicilia e Puglia. Fino al decreto emanato dal governo diversi erano i provvedimenti presi per far fronte a questa emergenza. Confagricolutra ha dato vita ad Agrijob, un portale autorizzato dal ministero del lavoro, che mette a disposizione delle proprie imprese associate e a tutti coloro che aspirano a lavorare in agricoltura l’attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro. Coldiretti ha varato la banca dati “Jobincountry”, autorizzata dal Ministero del Lavoro, per le aziende agricole che assumono. Job in Country è la piattaforma di intermediazione della manodopera autorizzata dal Ministero del Lavoro che offre a imprese e lavoratori un luogo di incontro, prima sul web e poi dal vivo con la finalità di mettere in contatto nei singoli territori le aziende agricole e i cittadini in cerca di lavoro; il tutto nel rispetto della trasparenza e della legalità. L’iniziativa è estesa a tutta la penisola e dopo la fase di sperimentazione realizzata in Veneto ed il successo riscosso, si punta ad implementarla anche in tutta Italia.
Veniamo ora a come però il governo ha deciso di provare a risolvere questo dannoso problema della manodopera con quanto dice il decreto “Rilancio Italia”. Nel decreto è prevista una maxi-sanatoria a beneficio dei migranti e braccianti italiani che intendono lavorare nei campi o che lavoravano in nero. Un provvedimento pensato per quei datori di lavoro che hanno impiegato cittadini stranieri per affrontare l’emergenza sanitaria, ma anche per tutti quei lavoratori in nero colpiti duramente dal lockdown. I settori coinvolti nella misura sono: agricoltura, allevamento, zootecnica, pesca e acquacoltura. La regolarizzazione riguarderà tutti i lavoratori stranieri con il permesso di soggiorno scaduto, ma anche i lavoratori italiani in nero. Potranno accedere alla misura coloro che risiedevano già in Italia, oppure coloro i quali hanno un permesso di soggiorno temporaneo scaduto o in scadenza e che non hanno lasciato il paese prima dell’8 marzo 2020.
Questo permesso di soggiorno temporaneo potrebbe durare dai tre ai sei mesi ma ancora non vi è una definizione precisa. Se gli stranieri che faranno domanda riusciranno a trovare un lavoro, il permesso di soggiorno temporaneo viene trasformato in un permesso per motivi di lavoro della durata di quattro mesi. Chi presenta richiesta deve però dimostrare di aver già lavorato in questi settori. La presentazione della domanda partirà dal 1 giugno fino al 15 luglio. Da aggiungere che se dovesse essere il datore di lavoro a presentare domanda, dovrà versare un contributo di 400 euro, nel caso invece sia il lavoratore, dovrà versare 160 euro. Non saranno accolte e quindi rigettate le domande dei datori di lavoro condannati per reati come il caporalato e lo sfruttamento dell’immigrazione o se i lavoratori non saranno assunti in seguito alla regolarizzazione. Saranno esclusi tutti gli extracomunitari a cui è stato imposto il decreto di espulsione o condannati per reati come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
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Agricoltura
A Torino nasce una vigna urbana all’interno del Politecnico
A Torino nasce una vigna urbana all’interno di un polo universitario grazie a un innovativo progetto del Politecnico di Torino che insieme a Citiculture, startup green tech che trasforma spazi urbani in luoghi di grande impatto sociale e ambientale attraverso la vigna, h.
La nuova vigna è un progetto partecipato e condiviso, un vero e proprio modo di rendere sociale il cambiamento, e vede il coinvolgimento di istituzioni accademiche come il Politecnico di Torino, con il suo nuovo corso di Laurea Magistrale in Agritech Engineering, e Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari – DISAFA dell’Università di Torino.
Una superficie di quasi 1.000 metri quadri che ospiterà più di 750 piante di vite in vaso, che andranno ad arricchire il piano di riqualificazione del verde all’interno della sede principale del Politecnico, in uno spazio diviso tra aule (cortile delle Aule I, Cittadella politecnica) e aree dedicate alla socializzazione e al relax di studenti e frequentatori del campus.
Dal punto di vista vitivinicolo, l’elemento sperimentale sta nella scelta di diversi tipi di clone, di filari e pergole, e in diversi tipi di varietà di vite e bacca, anche per ridurre al minimo l’intervento di fitosanitario, oltre che nella scelta di piantare le vigne in vaso. La selezione delle viti è fatta in collaborazione con il Vivaio Rauscedo, non solo uno dei più grandi vivai d’Europa ma anche tra i pionieri nello sviluppo delle varietà resistenti Piwi.
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Agricoltura
I fiori amici delle api per conoscere le piante che attirano le api e aiutano la biodiversità
I fiori forniscono alle api e agli altri insetti impollinatori una fonte di cibo essenziale sotto forma di nettare e polline. Il nettare è la sostanza zuccherina che costituisce una delle principali fonti di nutrimento per le api; il polline invece procura loro sostanze altrettanto importanti come proteine, lipidi e carboidrati. In poche parole, senza un’abbondanza di fiori le api e gli altri insetti impollinatori avrebbero difficoltà a nutrirsi.
Le api, soprattutto quelle selvatiche, e gli altri insetti impollinatori oggi sono minacciati da pratiche agricole distruttive, uso massiccio di pesticidi chimici, monocolture, perdita di biodiversità e cambiamenti climatici.
La crisi climatica sta modificando il ciclo naturale degli ecosistemi, rendendo le api e gli altri impollinatori sempre più vulnerabili.
Le api e altri insetti come farfalle e bombi sono molto importanti , perché è l’impollinazione che consente ai fiori di fecondarsi e quindi di produrre frutti e semi.
Greenepace ha realizzato una guida gratuita ai fiori amici delle api per aiutare a progettare uno spazio verde per le api e per diffondere informazioni utili per la futura vita delle stesse.
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Agricoltura
Coalizione #CambiamoAgricoltura: dietro le proteste c’è un sistema ingiusto che non tutela i piccoli e medi agricoltori
“Decenni di politiche agricole e commerciali nazionali e comunitarie che hanno creato un modello agricolo insostenibile e iniquo, rispetto al quale gli interessi delle filiere industriali e distributive hanno dominato, a spese del lavoro e del reddito degli agricoltori, della salute delle persone e dell’ambiente, del benessere animale. Agricoltori e consumatori rappresentano oggi gli anelli deboli della filiera agroalimentare, esposti alle conseguenze dei danni all’ambiente e alla salute provocati da questo sistema, mentre i suoi attori forti hanno visto accresciuti i loro profitti e la loro influenza sui decisori politici”. Da questa denuncia parte l’analisi della Coalizione #CambiamoAgricoltura che in una nota analizza le “vere cause del disagio sociale ed economico dietro gli agricoltori che manifestano”.
Per la Coalizione #CambiamoAgricoltura, le associazioni agricole e dell’agroindustria hanno dato in queste settimane “l’ultima spallata” al Green Deal europeo, additato come la principale causa della crisi del settore primario: “L’effetto paradossale di questa situazione è che la maggioranza degli agricoltori, schiacciati dagli attori dominanti la filiera, sono in una condizione di crescente disagio e sfiducia verso l’intero sistema agroalimentare e sono stati indotti a orientare le loro proteste verso le regole e gli impegni per la tutela dell’ambiente, complice anche la strumentalizzazione dei decisori politici”.
Gli obiettivi delle strategie del Green Deal europeo al 2030, definiti per trovare soluzioni efficaci alle due grandi crisi ambientali globali, il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità, che colpiscono in particolare l’agricoltura, sono diventati il facile capro espiatorio del crescente disagio sociale e della crisi economica di molti agricoltori.
Dietro le proteste c’è un sistema ingiusto che non tutela i piccoli e medi agricoltori
I motivi di questo malessere sono in realtà assai più numerosi, come risulta evidente anche dalla rapida evoluzione delle rivendicazioni e richieste dei comitati che stanno animando la protesta, che avrà probabilmente nella manifestazione di oggi a Roma il suo epilogo.
Le contestate regole agroambientali sono state introdotte, peraltro con scarso successo, nelle più recenti programmazioni della Politica Agricola Comune (Pac) per cercare di correggere le distorsioni di questa politica europea, ma non è altresì cambiata la distribuzione della grande percentuale degli aiuti che è rimasta profondamente iniqua, con l’80% dei 387 miliardi di euro previsti nel periodo 2021-2027 che verranno distribuiti solo al 20% delle aziende agricole. Questa iniquità e ingiustizia non è stata risolta con l’ultima riforma della Pac, il cui fallimento va attribuito a conflitti di interesse su posizioni conservatrici in difesa di privilegi e rendite storiche.
Le corporazioni agricole hanno, infatti, difeso un sistema di pagamenti legato alle superfici aziendali e ai titoli storici, che da temporanei sono diventati permanenti, premiando i grandi proprietari e penalizzano i piccoli e medi agricoltori, condannando al fallimento le aziende agricole delle aree interne e penalizzando i nuovi giovani agricoltori. Il risultato è che, solo in Italia, nell’ultimo decennio è scomparso il 30% delle aziende agricole mentre nell’ultimo cinquantennio è stato abbandonato oltre un terzo delle superfici agricole. A questo si è aggiunta la mancanza da parte delle organizzazioni agricole di un’azione di accompagnamento degli agricoltori nel cambiamento del modello produttivo e aumento delle competenze.
La stessa retorica dell’agricoltore custode dell’ambiente e artefice del cibo di qualità, a prescindere dal modello di agricoltura praticato, non ha aiutato a comprendere la necessità di un’evoluzione del ruolo sociale e ambientale dell’agricoltura.
Gli agricoltori sono i fornitori del nostro più importante bene comune, il cibo. Il cambiamento dei sistemi agroalimentari deve avvenire dando loro la possibilità di operare nelle migliori condizioni.
Perché è necessaria una transizione agroecologica
I sussidi pubblici all’agricoltura devono essere funzionali al mantenimento di una sostenibilità economica per le aziende agricole e alla loro crescita numerica, senza distorsioni nella distribuzione degli aiuti. Ma devono anche facilitare la necessaria transizione ecologica con l’adozione di pratiche agroecologiche in grado di garantire la tutela dell’ambiente e del benessere animale. Queste pratiche tuteleranno ulteriormente anche il reddito degli agricoltori. Nell’annata agraria 2023, caratterizzata da notevoli cali di produzione dovuti agli effetti devastanti del cambiamento climatico (con perdite del 10% per i seminativi fino al 70% per la frutta come pere e ciliegie), le aziende agricole biologiche sono risultate essere le più resilienti, a dimostrazione dell’efficacia delle pratiche agronomiche basate sull’agroecologia alternative all’agricoltura avvelenata dai pesticidi e fertilizzanti chimici.
Le Associazioni della Coalizione #CambiamoAgricoltura esortano gli agricoltori, la Commissione europea e il Governo italiano a evitare qualsiasi indebolimento delle regole della Pac, ribadendo che tali azioni impediranno la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.
Invitano infine le Istituzioni nazionali e tutte le Associazioni che a vario titolo rappresentano gli agricoltori ad aprire un serio dibattito sulle reali cause della crisi economica del settore primario, che non vanno cercate nella protezione dell’ambiente, nella conservazione della natura e nella lotta ai cambiamenti climatici, ma in un sistema agroalimentare ingiusto, che tutela essenzialmente gli interessi delle grandi corporazioni agricole e agroindustriali (chimiche, meccaniche, sementiere, della trasformazione alimentare), penalizzando invece i piccoli produttori e i consumatori.
CambiamoAgricoltura è una coalizione nata nel 2017 per chiedere una riforma della PAC che tuteli tutti gli agricoltori, I cittadini e l’ambiente. Aderiscono alla Coalizione oltre 90 sigle della società civile ed è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista, consumerista e del biologico italiane che aderiscono ad organizzazioni europee (Associazione Consumatori ACU, AIDA, AIAB, AIAPP, Associazione Italiana Biodinamica, CIWF Italia FederBio, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu, Pro Natura, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e WWF Italia). E’ inoltre supportata dal prezioso contributo di Fondazione Cariplo.
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