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Pavel Durov : WhatsApp non riesce a proteggere i messaggi degli utenti

Pavel Durov, CEO e fondatore di Telegram ha nuovamente avvertito gli utenti di WhatsApp dei problemi di sicurezza della app di messaggistica rivale. In un post di Telegram, Durov parla della sua previsione a maggio che le backdoor di WhatsApp continueranno a essere scoperte e riprende le notizie della più recente vulnerabilità di WhatsApp che ha permesso agli hacker di accedere a tutti i dati sul telefono di un target inviando un video.

Secondo Durov “WhatsApp non riesce a proteggere i messaggi degli utenti, ma viene costantemente utilizzata come cavallo di Troia per spiare foto e messaggi non WhatsApp”. Per Durov Facebook sta cercando di confondere il pubblico dicendo che non ci sono prove che la backdoor sia stata sfruttata dagli hacker e sottolinea che la maggior parte dei messaggi degli utenti di WhatsApp vengono inviati non crittografati ai server Apple e Google aggiungendo che “è molto improbabile” che questi importanti e coerenti errori di sicurezza di WhatsApp che consentono la sorveglianza siano accidentali” ammonendo: ” per evitare che le tue foto e i messaggi divengano pubblici un giorno, conviene eliminare WhatsApp dal tuo telefono “.

Il post di Pavel Durov

In May, I predicted that backdoors in WhatsApp would keep getting discovered, and one serious security issue would follow another, as it did in the past [1] (https://telegra.ph/Why-WhatsApp-Will-Never-Be-Secure-05-15). This week a new backdoor was quietly found in WhatsApp [2] (https://www.independent.co.uk/life-style/gadgets-and-tech/news/whatsapp-update-latest-spying-security-spyware-india-cert-nso-a9210236.html). Just like the previous WhatsApp backdoor and the one before it, this new backdoor made all data on your phone vulnerable to hackers and government agencies. All a hacker had to do was send you a video – and all your data was at the attacker’s mercy [3] (https://in.mashable.com/tech/8573/whatsapp-android-and-ios-users-are-now-at-risk-from-malicious-video-files).

WhatsApp doesn’t only fail to protect your WhatsApp messages – this app is being consistently used as a Trojan horse to spy on your non-WhatsApp photos and messages. Why would they do it? Facebook has been part of surveillance programs long before it acquired WhatsApp [4] (https://www.theverge.com/2013/7/17/4517480/nsa-spying-prism-surveillance-cheat-sheet)[5] (https://www.usatoday.com/story/news/2013/06/06/nsa-surveillance-internet-companies/2398345/). It is naive to think the company would change its policies after the acquisition, which has been made even more obvious by the WhatsApp founder’s admission regarding the sale of WhatsApp to Facebook: “I sold my users’ privacy” [6] (https://mashable.com/article/brian-acton-whatsapp-interview/).

Following the discovery of this week’s backdoor, Facebook tried to confuse the public by claiming they had no evidence that the backdoor had been exploited by hackers [7] (https://www.techspot.com/news/82843-hackers-can-use-whatsapp-flaw-way-handles-video.html). Of course, they have no such evidence – in order to obtain it, they would need to be able to analyze videos shared by WhatsApp users, and WhatsApp doesn’t permanently store video files on its servers (instead, it sends unencrypted messages and media of the vast majority of their users straight to Google’s and Apple’s servers [8] (https://www.theinquirer.net/inquirer/news/3061660/whatsapp-is-storing-unencrypted-backup-data-on-google-drive)). So – nothing to analyze – “no evidence”. Convenient.

But rest assured, a security vulnerability of this magnitude is bound to have been exploited – just like the previous WhatsApp backdoor had been used against human rights activists and journalists naive enough to be WhatsApp users [9] (https://www.ft.com/content/67a5b442-f971-11e9-a354-36acbbb0d9b6)[10] (https://www.reuters.com/article/us-facebook-cyber-whatsapp-nsogroup-excl/exclusive-government-officials-around-the-globe-targeted-for-hacking-through-whatsapp-sources-idUSKBN1XA27H). It was reported in September that the data obtained as a result of the exploitation of such WhatsApp backdoors will now be shared with other countries by US agencies [11] (https://www.thetimes.co.uk/edition/news/police-can-access-suspects-facebook-and-whatsapp-messages-in-deal-with-us-q7lrfmchz)[12] (https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-09-28/facebook-whatsapp-will-have-to-share-messages-with-u-k-police).

Despite this ever-increasing evidence of WhatsApp being a honeypot for people that still trust Facebook in 2019, it might also be the case that WhatsApp just accidentally implements critical security vulnerabilities across all their apps every few months. I doubt that – Telegram, a similar app in its complexity, hasn’t had any issues of WhatsApp-level severity in the six years since its launch. It’s very unlikely that anyone can accidentally commit major security errors, conveniently suitable for surveillance, on a regular basis.

Regardless of the underlying intentions of WhatsApp’s parent company, the advice for their end-users is the same: unless you are cool with all your photos and messages becoming public one day, you should delete WhatsApp from your phone.


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Intersections raduna a Milano il mondo del marketing, della comunicazione e della creatività

Dall’unione di IAB Forum e IF! Italians Festival nasce Intersections, il più grande evento in Italia dedicato al mondo del marketing, della comunicazione e della creatività che si svolge a Allianz Mico a Milano il 29 ec 30 ottobre 2024.

IAB Italia, ADCI e UNA hanno deciso di realizzare il primo grande evento sistemico per rispondere in modo compatto all’evoluzione e alle sfide della industry in questo particolare momento storico, guidato anche dalla grande discontinuità dell’Intelligenza Artificiale.


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Google è monopolista secondo il Dipartimento di giustizia USA. Ora potrebbe esserci il suo spezzatino

Un documento presentato al giudice federale degli USA Amit Mehta ha portato alla decisione di sanzionare Google per attività monopolistiche. La causa, promossa dal Dipartimento di Giustizia (DOJ) e diversi stati, sostiene che Google abbia usato il proprio potere di mercato in modo anticompetitivo, impedendo ad altre aziende di competere nel settore della ricerca online e dei servizi digitali.

Il giudice Mehta ha valutato le prove contro Google riguardo a vari accordi esclusivi con produttori di dispositivi e sviluppatori di browser che garantiscono a Google di essere il motore di ricerca predefinito su milioni di dispositivi. Questa esclusività ha reso quasi impossibile per i rivali ottenere una significativa quota di mercato, contribuendo a consolidare il monopolio di Google. Il DOJ, insieme agli avvocati generali di diversi stati, ha contestato che Google abbia illegalmente monopolizzato il mercato della ricerca e della pubblicità online attraverso accordi con aziende come Apple e Samsung per mantenere il proprio motore di ricerca come opzione predefinita su diversi dispositivi.

Il cuore dell’accusa riguarda gli “accordi esclusivi” di Google, che hanno portato all’accumulo di circa il 90% delle ricerche online e all’88% del mercato della pubblicità testuale, ostacolando i concorrenti dal punto di vista degli investimenti e dell’innovazione. Il DOJ ha dimostrato che Google paga ingenti somme per diventare il motore di ricerca predefinito, ad esempio su dispositivi Apple, scoraggiando il cambiamento di provider da parte degli utenti e limitando le scelte disponibili al consumatore.

La sentenza non prevede danni economici, ma un’ingiunzione che potrebbe includere misure per impedire a Google di continuare accordi esclusivi di default o addirittura obbligare l’azienda a separare il business della ricerca da altre operazioni come Android e Chrome.

Questo caso rappresenta un passo storico per l’antitrust negli Stati Uniti, simile al processo Microsoft degli anni ‘90, e potrebbe aprire la strada a nuove regolamentazioni per altri giganti della tecnologia, tra cui Apple e Amazon, anch’essi sotto scrutinio legale per pratiche anti-competitive.

Il Governo ha raccomandato che Google deve cambiare il suo modello per riaprire il mercato dei motori di ricerca e dei servizi digitali alla concorrenza con possibili cambiamenti strutturali, un termine che molti osservatori intendono con una scissione ovvero con uno spezzatino.

Un team legale specializzato del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), affiancato da esperti in regolamentazione antitrust e tecnologia, sta lavorando a una serie di raccomandazioni per il giudice federale Amit Mehta. La proposta del DOJ include sia rimedi comportamentali che strutturali per affrontare l’impatto monopolistico di Google. I rimedi in valutazione spaziano da restrizioni su accordi preinstallati con produttori di dispositivi, all’accesso dei concorrenti ai dati di ricerca, fino alla potenziale separazione di parti dell’azienda per ripristinare la concorrenza nel settore dividendo Chrome, Google Play Store e il sistema operativo mobile Android dal search.

Questa prima versione delinea una serie di strade per la riforma, tra cui l’obbligo per Google di rendere accessibili i dati e i modelli di programmazione utilizzati per generare risultati tramite il suo motore di ricerca. Il Dipartimento di Giustizia sta anche valutando la possibilità di chiedere al giudice di vietare a Google di utilizzare o conservare i dati che si rifiuta di condividere con società terze.

Google ha dichiarato che intende appellarsi alla decisione, sottolineando che le accuse ignorano i benefici offerti ai consumatori dal loro motore di ricerca. Le fasi successive del processo potrebbero determinare cambiamenti significativi non solo per Google ma per l’intera industria tecnologica, influenzando l’accessibilità e la concorrenza nei mercati digitali anche in Europa e negli altri continenti.

Negli ultimi dieci anni, Google ha accumulato 8,25 miliardi di euro di multe dalle istituzioni antitrust dell’Unione europea che  riguardano tra gli altri il suo sistema operativo mobile Android e il servizio pubblicitario AdSense.


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Sabato 26 Ottobre 2024 torna il Linux Day

Sabato 26 Ottobre 2024 torna il Linux Day: la principale manifestazione italiana dedicata al software libero, la cultura aperta ed alla condivisione promosso da Italian Linux Society e supportato da GARR.

Il Linux Day nasce nel 2001 come appuntamento annuale per riunire le forze di tutte le persone attiviste nel movimento del software libero, dell’open source, ed in particolare di Linux. Proponiamo una rete di eventi decentralizzati in tutta Italia, organizzati autonomamente da gruppi di persone volontarie e appassionate. È il più grande evento italiano sul tema con migliaia di visitatori.  L’accesso al Linux Day è libero e gratuito.

Il Linux Day di Torino si svolge al  Collegio degli Artigianelli  in Corso Palestro 14 nel pomeriggio di Sabato 26 Ottobre.


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