Massa Critica
Grande successo per la prima edizione del Festival della Tecnologia a Torino: 50 mila presenze e ora il festival diventa Biennale. Ci si rivede nel 2020
Tanti studenti, ma anche bambini, famiglie, curiosi, cittadini comuni che entravano per la prima volta al Politecnico o nelle altre sedi del Festival: si chiude con un bilancio stimato di oltre 50mila presenze la prima edizione del Festival della Tecnologia.
Rassegna ideata e organizzata dal Politecnico di Torino nel 160esimo anniversario dalla sua fondazione – con la curatela del Rettore Guido Saracco, del delegato per la Cultura e la Comunicazione Juan Carlos De Martin e del giornalista Luca De Biase – il Festival è nato con l’intento di esplorare la relazione tra tecnologia e società con un approccio umanistico e democratico: partendo dal presupposto che la tecnologia non sia soltanto il risultato di scienza e innovazione, ma sia prima di tutto il frutto della creatività umana, il programma del Festival aveva lo scopo di riavvicinare la cittadinanza ai grandi temi e alle importanti sfide che una società a forte connotazione tecnologica deve affrontare oggi. Questo straordinario riscontro di pubblico è una conferma dell’attualità e dell’importanza di una rassegna che si poneva questi obiettivi, a dimostrazione del fatto che solo coltivando e promuovendo il dialogo interdisciplinare tecnologia e umanità potranno crescere insieme in maniera costruttiva e democratica, perché Tecnologia è umanità.
“Il successo di questa prima edizione ci rende molto orgogliosi e indica che siamo sulla strada giusta: Torino e tutto il territorio accolgono con curiosità ed entusiasmo le novità, anche culturali, e il nostro Ateneo, insieme a tutti gli attori che hanno creduto in questa iniziativa, può davvero contribuire a promuovere la creazione di una massa critica di intenti per far ripartire la città e la nostra regione”: il Rettore del Politecnico Guido Saracco chiuderà questa sera la quattro giorni che ha trasformato Torino nella capitale della tecnologia.
Al termine di un “Processo alla tecnologia” – con lo stesso Saracco, il Rettore dell’Università degli Studi di Torino Stefano Geuna e il Presidente del CNR Massimo Inguscio come giudici, e Gianmarco Montanari e Simona Morini come avvocati dell’accusa e della difesa – il Rettore annuncerà che il Comune di Torino ha adottato la manifestazione e la renderà un evento cittadino: dal 2020 Torino avrà la sua Biennale Tecnologia.
La Sindaca Chiara Appendino commenta: “Vedere nascere il Festival della Tecnologia a Torino è motivo di orgoglio per tutta la Città. Come abbiamo dimostrato in questi anni, innovazione e tecnologia possono essere una potente leva di sviluppo, sulla quale investire in termini di risorse e competenze, valorizzando il know-how di prim’ordine già esistente sul territorio. Questo evento, che diventerà biennale, alternandosi a Biennale Democrazia, sarà un potente attrattore di eccellenze, ricercatori, imprese, studenti e innovatori. Lavoreremo insieme al Politecnico e alle realtà coinvolte affinché divenga un punto di riferimento del settore, nazionale e internazionale”.
Il Festival si è aperto con il conferimento della Laurea ad honorem in Ingegneria Gestionale al Premio Nobel Joseph Stiglitz mentre, nella giornata di sabato, a Samantha Cristoforetti è stato conferito il medesimo riconoscimento in Ingegneria Aerospaziale. Nei quattro giorni del Festival, sono stati oltre 160 gli incontri in programma, con 350 relatori da tutto il mondo nelle oltre 23 sedi e con la collaborazione di più di 50 partner. Il Politecnico, inoltre, ha aperto le porte dei suoi dipartimenti e laboratori di ricerca per coinvolgere i visitatori in una serie di esperienze uniche. L’iniziativa Politecnico Aperto, con più di 120 attività e incontri, ha permesso ai partecipanti di conoscere – tra i tanti temi affrontati – le applicazioni di realtà virtuale in settori come la robotica e l’industria 4.0, le sperimentazioni per l’urbanistica del futuro, le soluzioni per una mobilità autonoma e sostenibile. Tra le attività di ricerca presentate anche le prospettive di robot umanoidi e umani robotizzati, la robotica di servizio, la salvaguardia dell’ambiente. Il Festival ha poi proposto incontri e attività pensati per avvicinare i più giovani alla riflessione sulla tecnologia con laboratori, workshop e spettacoli per bambini e ragazzi al Villaggio della Tecnologia, in piazzale Duca d’Aosta.
Tante poi le sedi satellite del programma Festival OFF, che ha visto oltre 30 incontri a Torino, ma anche ad Alba, Ivrea e Vercelli.
Chi non ha potuto seguire gli incontri dal vivo per il grande afflusso di pubblico ha però avuto a disposizione un ricco palinsesto di incontri in streaming sul sito del Festival, in un’aula dedicata e dal punto informativo in Piazza Castello. Nei prossimi giorni sul sito e sul canale YouTube saranno disponibili tutti i video degli incontri.
“Siamo estremamente soddisfatti: un pubblico ampio e attento ha seguito gli incontri divulgativi, ma anche quelli più specialistici, ha ascoltato ospiti illustri e esperti mondiali nelle rispettive materie. Inoltre, abbiamo avuto un ottimo riscontro da parte dei nostri studenti e dell’intera comunità politecnica: posso dire che abbiamo centrato l’obiettivo principale che ci proponevamo quando abbiamo immaginato questo Festival, cioè aprire le porte del nostro Ateneo e instaurare un dialogo con la società civile”, commenta Juan Carlos De Martin, co-curatore del Festival insieme a Luca De Biase, che conclude: “Un’esperienza entusiasmante! Le persone che sono venute al Festival per riflettere con serietà e autenticità sulla società che stiamo costruendo, relatori e pubblico, hanno creato una dinamica culturale di alta qualità. Torino ha dimostrato di saper riconoscere una proposta sincera, offerta generosamente dal Politecnico. Questo Festival può diventare un nuovo classico”.
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Arte
Giorgio de Chirico precursore del Surrealismo: una mostra a cent’anni dalla nascita del movimento
In occasione del centenario del Surrealismo (1924-2024), segnato, nell’ottobre del 1924, dalla pubblicazione del Manifeste du surréalisme del critico francese André Breton, la Fondazione Accorsi-Ometto di Torino dedica una mostra a Giorgio de Chirico, ritenuto dallo stesso Breton precursore del Surrealismo.
Prendendo in esame uno specifico arco temporale che va dal 1921 al 1928, la mostra, curata da Victoria Noel-Johnson, è la prima esposizione a porre l’attenzione sugli eventi intorno al 1924, anno cruciale per la fondazione del movimento francese, per cui il pittore italiano assunse un ruolo fondamentale. In quanto tale, l’esposizione intende evidenziare l’importanza del ruolo di de Chirico nella nascita e nello sviluppo del Surrealismo, nonché analizzare il suo complicato rapporto con André Breton, il fondatore del movimento, con il poeta francese Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposò Salvador Dalì).
Grazie al prestigioso prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi, nella mostra viene esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924, finora poco conosciuta, in cui l’artista propose di realizzare per Breton la prima replica di un’opera del periodo metafisico, quella de Le muse inquietanti del 1918.
Breton, che scoprì la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi tramite il poeta-critico Guillaume Apollinaire, iniziò a corrispondere con l’artista alla fine del 1921, coinvolgendo poi il braccio destro del Surrealismo, Éluard, e sua moglie Gala. Tra il 1921 e il 1925, de Chirico scrisse loro oltre venticinque lettere e cartoline. Mentre de Chirico e gli Éluard si conobbero a Roma durante l’inverno del 1923-1924, Breton e de Chirico si incontrarono per la prima volta soltanto verso la fine dell’ottobre del 1924 a Parigi. In quell’anno, si avviò un’intensa frequentazione, documentata dalla celebre foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de recherches surréalistes (ottobre 1924), scattata pochi giorni dopo la pubblicazione del manifesto di Breton.
Il rapporto tra de Chirico e il gruppo dei Surrealisti, segnato da una serie di collaborazioni professionali e di amicizia, si inasprì rapidamente nel corso del 1925, con una rottura definitiva nel 1926. Il culmine fu raggiunto con la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico era ‘morto’ artisticamente nel 1918. Per i Surrealisti, il suo improvviso cambiamento avvenuto dal 1919 a favore del Classicismo e dei grandi maestri, era inspiegabile e inferiore rispetto al geniale splendore della sua prima pittura metafisica degli anni Dieci, una critica parzialmente spiegata da un vero e proprio conflitto di interessi: i Surrealisti erano proprietari della maggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918).
In realtà la sofisticazione intellettuale, l’eccellenza tecnica e l’innovazione creativa delle opere di de Chirico realizzate durante tale periodo (1921-1928), dimostrano l’esatto contrario da quanto articolato da Breton. In tale ottica, il visitatore troverà in mostra una ricca selezione di
opere compiute durante la permanenza del pittore in Italia tra Roma e Firenze (databili 1921-1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (databile fine 1925 – 1928). Nonostante lo sfondo di crescenti polemiche e critiche da parte dei Surrealisti, il pubblico avrà la possibilità di scoprire come de Chirico continuò a realizzare nuove serie dai soggetti innovativi, come Mobili in una stanza, Cavalli in riva al mare, Gladiatori, Archeologhi e Trofei. Esempi presenti in mostra includono i magnifici Combattimento di gladiatori (Fin de combat), 1927 e Chevaux devant la mer (1927-1928).
Come accertato, il pittore si accostò al Classicismo in maniera evidente dal 1919 al 1925: lo si evince dalla formidabile Lucrezia, 1921 circa, dall’Autoritratto con la madre, 1922, e dall’Autoritratto, 1925 – la prima opera dechirichiana acquistata dallo Stato Italiano – dai quali traspare evidente la sua conoscenza e il rispetto profondo per la pittura italiana del Quattrocento. L’elemento della sua continuità dell’opera metafisica degli anni Dieci, da lungo denominata come una “metafisica continua”, è illustrata, ad esempio, da Natura morta con cocomero e corazza, 1922, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco), 1922, o La mia camera nell’Olimpo, 1927, dove, in un’atmosfera fantastica ed enigmatica, compaiono, uno accanto all’altro, oggetti accostati apparentemente in maniera casuale. Oppure i Facitori di Trofei (1926-1928), una chiara evoluzione del primo periodo metafisico di de Chirico, in cui convivono elementi del passato e del presente: figure antiche, frammenti di colonne, fiamme stilizzate, profili di cavalli, il timpano di un edificio classico, fusi insieme da tre personaggi-manichino intenti nella costruzione dell’iconico “totem-trofeo”. Inoltre, opere come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambi del 1926, o Thèbes, 1928, illustrano lo sviluppo innovativo di certi temi e soggetti degli anni Dieci come gli ‘Interni ferraresi’ e i ‘Manichini’.
Nonostante le polemiche dei Surrealisti, in primis quelle di Breton, questo avvicinamento al Classicismo non impedì al critico francese di commissionare a de Chirico delle repliche di opere del primo periodo metafisico, oppure a Paul e Gala Éluard di acquistarne altre con soggetto e stile più tradizionali, come Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino), 1923, e Ulisse (Autoritratto), 1924, entrambi esposti in mostra. La presenza di questi dipinti (già collezione Éluard) evidenzia la conflittualità tra la critica surrealista verso le opere degli anni Venti di de Chirico e tale realtà poco conosciuta.
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Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino | Convegno il 13 novembre all’Unione Culturale
Il 13 novembre 2024 alle ore 18, presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli Torino (via Cesare Battisti 4/a), è in programma il convegno dal titolo “Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino”. (altro…)
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Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici
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