Ambiente
A Cecilia Di Lieto il Premio Luisa Minazzi – Ambientalista dell’anno 2024

È stato assegnato a Cecilia Di Lieto, storica voce di Radio Popolare, il Premio “Luisa Minazzi – Ambientalista dell’anno”, alla sua XV edizione. La cerimonia di consegna del Premio si è tenuta venerdì 29 novembre, a Casale Monferrato (AL), la città piemontese teatro da alcuni anni dell’importante riconoscimento promosso da Legambiente e dalla rivista La Nuova Ecologia insieme al Comitato organizzatore che unisce numerose realtà casalesi, all’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po piemontese e al Comune monferrino.
In tanti anni di passione e lavoro a Radio Popolare, Cecilia Di Lieto si è occupata di numerose tematiche, sempre nella convinzione che l’impegno passi anche per strade traverse. Dal 2014, dal lunedì al venerdì va in onda, dalle 12.45 alle 13.15, con il programma radiofonico «Considera l’armadillo, che racconta l’affascinante e complesso rapporto tra l’uomo e gli altri animali, interrogandosi sui mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Di Lieto è anche autrice del libro «Me l’ha detto l’armadillo. Storie di passione tra noi e altri animali», Altreconomia editore.
«Sono onorata di ricevere questo Premio perché valorizza l’importanza della comunicazione delle tematiche ambientali, ma soprattutto perché mi ha messo accanto a persone impegnate ancora più concretamente di me nella difesa dell’ambiente, della legalità della ricerca, della solidarietà. Lo condivido con loro e lo custodisco con orgoglio considerandolo un impegno per continuare a lavorare per una informazione corretta e coinvolgente, guardando soprattutto ai bambini e ai giovani. Per me è stata anche occasione di conoscere una stupefacente Casale Monferrato, la sua storia e la comunità che si raccoglie intorno al Premio», dice Cecilia Di Lieto, che ha ricevuto con grandissima emozione il prestigioso riconoscimento dagli organizzatori.
Il Premio, che dal 2012 è intitolato a Luisa Minazzi, morta nel 2010 di mesotelioma a soli 57 anni, dopo una vita spesa in trincea a difesa dell’ambiente come direttrice didattica, attivista e amministratrice comunale, punta a valorizzare persone impegnate per il benessere della comunità, la diffusione del messaggio ambientale, l’innovazione d’impresa, la salvaguardia del territorio.
«Il nostro intento, attraverso il voto popolare (quest’anno a votare sono stati oltre 5.000), è di far circolare le storie di chi si impegna a favore dell’ambiente e della legalità. Per questo noi sosteniamo da sempre che tutti i candidati sono in realtà vincitori – spiegano Vittorio Giordano e Marco Fratoddi, coordinatori del “Premio Luisa Minazzi – Ambientalista dell’Anno” e del Festival della virtù civica –. Quando nel 2010 abbiamo cominciato questa avventura, dedicando come Legambiente e Nuova Ecologia il premio già esistente a Luisa Minazzi, attivista ecologista casalese scomparsa quell’anno a causa dell’esposizione all’amianto, non pensavamo che avremmo incontrato lungo la strada così tanti (circa 150) testimoni di un’Italia delle virtù civiche, spesso misconosciute. Questa quindicesima edizione ha portato quindi alla ribalta, oltre a Cecilia Di Lieto, le storie di Acs, che opera in vari paesi per lo sviluppo sostenibile, l’abbattimento delle diseguaglianze e l’equità di genere e che ha ideato “GazaWeb” per attivare sistemi di comunicazione stabile a Gaza; di Fiorella Belpoggi, biologa, emerita direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini di Bologna fondato nell’87 dal professor Maltoni, oncologo di fama mondiale; di Giovanni Chimienti, biologo marino, ricercatore in Ecologia all’Università di Bari e “National Geographic explorer”; di Igor D’India, videomaker specializzato in spedizioni avventurose e tematiche ambientali che ha documentato la presenza di grandi quantità di rifiuti sui fondali dello Stretto di Messina; di Giuseppe Giovì Monteleone, sindaco di Carini (Pa) che si è battuto per le demolizioni delle ville abusive che hanno dato il via al risanamento della fascia costiera».
«Quest’anno – aggiunge Giordano – con la XV edizione del Premio, insieme a Luisa Minazzi ricordiamo Romana Blasotti Pavesi, morta a settembre all’età di 95 anni e per 30 anni presidente di AFeVA, l’Associazione Familiari e Vittime Amianto. Vero esempio di “virtù civica”, sempre in primissima fila nella lotta che la nostra città ha combattuto contro l’amianto e contro chi sulla produzione dell’amianto ha tratto profitti. Adesso ci sentiamo tutti più soli, ma la nostra lotta per la bonifica, la cura e la giustizia per le vittime dell’amianto continuerà più forte di prima. Guardando al futuro e alle nuove generazioni. Anche con il Premio. Grazie Romana!».
La cerimonia di premiazione è stata aperta dai saluti istituzionali del Comune di Casale Monferrato, nella persona dell’Assessore all’Ambiente Cecilia Strozzi, e ha visto gli interventi, tra gli altri, del direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti, del direttore di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Sergio Capelli, del direttore di La Nuova Ecologia Francesco Loiacono, della direttrice dell’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese Emanuela Sarzotti, dei coordinatori del Premio Vittorio Giordano, responsabile di Legambiente Circolo Verdeblu, e Marco Fratoddi, giornalista e direttore di Sapereambiente. Intervistati dalla giornalista Marina Maffei, i candidati al Premio hanno raccontato con passione il proprio impegno di vita e professionale al servizio dell’ambiente.
A ognuno di loro, i rappresentanti delle realtà che rendono viva e partecipata la manifestazione hanno consegnato un riconoscimento e una targa originale prodotta dall’artista e artigiano Gianmaria Sabatini con la pietra da cantone tipica delle colline monferrine.
«Anche quest’anno – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – il premio Luisa Minazzi ci racconta attraverso la bellezza e la forza delle storie dei candidati l’altro volto del Paese, quello attivo e impegnato per l’ambiente e per una società più sostenibile, inclusiva e accogliente. In questo contesto il mondo dell’informazione svolge un ruolo importante sia per far conoscere temi e contenuti, sia per sensibilizzare il grande pubblico, a partire da quello più giovane, sulle tante tematiche ambientali compresa la tutela degli animali e la radio è uno dei mezzi di informazione più importanti, come dimostra il premio assegnato a Cecilia Di Lieto, storica voce di Radio Popolare. Ma come diciamo sempre oggi sono tutti i finalisti ad essere premiati, per il loro impegno riconosciuto dai voti dei tanti partecipanti di questa edizione, che va dal sociale a quello scientifico, alla denuncia di importanti questioni ambientali, fino al contrasto dell’abusivismo edilizio, con le demolizioni volute dal coraggioso sindaco di Carini in provincia di Palermo».
«Le storie dei sei candidati all’edizione 2024 del Premio Luisa Minazzi dimostrano che ognuno di noi può fare la propria parte per proteggere l’ambiente e tutelare il territorio in cui vive. In attesa di lungimiranti ed efficaci politiche nazionali e internazionali, l’impegno dei singoli può portare significativi risultati e può ispirare quanti hanno voglia di impegnarsi per la transizione ecologica e la promozione dei diritti umani e la pace», aggiunge Francesco Loiacono, direttore di La Nuova Ecologia.
«Siamo orgogliosi che la nostra città continui a essere un punto di riferimento per l’ambientalismo e le virtù civiche, grazie a manifestazioni come il Festival della Virtù Civica e il Premio Minazzi. Questi eventi non solo danno voce a esperienze straordinarie, ma contribuiscono a educare e coinvolgere le nuove generazioni, che sono il vero motore del cambiamento. Il percorso della Città di Casale, segnato dalla lotta contro l’amianto e dalla valorizzazione del territorio, ci insegna che la giustizia ambientale e sociale non è un traguardo, ma una strada da percorrere insieme. È nostro dovere continuare a sostenere iniziative come questa, che uniscono persone, istituzioni e associazioni per costruire una società più giusta e sostenibile», commentano il Sindaco Emanuele Capra e l’Assessore all’Ambiente della Città di Casale Cecilia Strozzi.
«In un contesto, globale e locale, da cui giungono notizie estremamente negative (nuova politica ambientale degli USA; ennesima COP dai risultati deludenti; cambiamenti climatici che impattano con violenza sui territori; politiche localistiche che rischiano di porre forti freni agli impianti a fonti rinnovabili e al processo di decarbonizzazione), il Premio Ambientalista dell’Anno Luisa Minazzi è una boccata d’aria fresca. Confrontarsi con esperienze virtuose da tutto il territorio nazionale è una gioia ed è, soprattutto, un modo di indicare attraverso fatti concreti la via per un futuro migliore, per un ambiente più salubre e decarbonizzato, per una lotta attiva all’emergenza climatica edecologica che stiamo vivendo. Farlo da Casale Monferrato, terra di lotta e di denuncia in nome della tutela della salute di una comunità che ha trovato il modo di rinascere e di diventare esempio e motivo di speranza per molte altre comunità del nostro Paese, aggiunge valore al tutto. Non a caso pochi giorni fa proprio da Casale abbiamo voluto far partire la nuova campagna itinerante “Ecogiustizia Subito” con la quale, da novembre ad aprile, attraverseremo l’Italia insieme a tante associazioni, reti sociali, comitati locali e istituzioni che vogliono mobilitarsi per la giustizia ambientale e siglare un “Patto di comunità per l’Ecogiustizia”, per il riscatto del popolo inquinato», considera il direttore di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Sergio Capelli.
«Il non sempre facile rapporto tra essere umano e natura è al centro delle storie candidate per il Premio Ambientalista dell’Anno Luisa Minazzi e in particolare della vincitrice Cecilia Di Lieto che da 10 anni, attraverso il mezzo di comunicazione mai tramontato della radio, dà voce a testimonianze di persone attente all’ambiente e in particolar modo agli animali. Un Ente come il nostro – dice Emanuela Sarzotti, direttrice dell’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese –, che vive quotidianamente la sfida della coesistenza tra essere umano e natura non può che applaudire chi si impegna per il rispetto dell’ambiente, consapevole che il giusto equilibrio è non solo possibile ma necessario, per garantire un futuro sostenibile per le persone e per il pianeta intero».
La Cerimonia di consegna del Premio Luisa Minazzi ha segnato anche la conclusione del Festival della virtù civica, organizzato tra le colline del Monferrato con l’intento di amplificarne il messaggio. Da fine ottobre si sono tenuti diversi incontri, alcuni anche con il coinvolgimento delle scuole. Tra gli ospiti, oltre ad esperti nel campo della biodiversità, dell’agroecologia e della sostenibilità, anche la scrittrice e illustratrice Valeria Tron, autrice del libro, candidato al Premio Strega, «L’equilibrio delle lucciole» e del recentissimo «Pietra dolce», entrambi Salani editore. Tra le collaborazioni che hanno possibile il Festival anche Slow Food Monferrato, Legambiente Lombardia e il CREA – Centro ricerche Foreste e Legno.
Resta visitabile fino all’8 dicembre, nella ex Chiesa della Misericordia in piazza San Domenico a Casale Monferrato, la mostra interattiva e multimediale per tutte le età «Circular. Noi e il nostro pianeta – Cibo, agricoltura, clima, sostenibilità». La mostra nasce da un progetto congiunto della Rete ScuoleInsieme, Ecofficina e il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure (AL) dove è stata esposta con grande successo nei mesi scorsi.
«Ringraziamo tutti coloro che rendono il Premio e il Festival possibili – concludono i coordinatori – ed in particolare per il loro sostegno AFeVa, Avis Casale Monferrato, Equazione, Auser, Agesci, Cai, Il Picchio, Rete ScuoleInsieme, Io Volo, SapereAmbiente Network, Ecofficina, Krumiri Rossi e l’azienda vitivinicola La Casaccia».
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Ambiente
Dossier Nevediversa 2025 di Legambiente: 265 gli impianti dismessiin Italia. Milano Cortina 2026 la sostenibilità è un obiettivo lontano

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Bisogna ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile replicando le buone pratiche di turismo dolce.
Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.
Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.
Sono 112 le strutture temporaneamente chiuse, mentre sono 128 quelle un “po’ aperte, un po’ chiuse”. Salgono a 218 gli impianti sottoposti ad “accanimenti terapeutici”, distribuiti in 36 comprensori, e più che raddoppiati rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 103. Il numero più alto in Lombardia (59), Abruzzo (47), Emilia-Romagna (34). Resta invariato, invece, il numero degli impianti smantellati e riusati, rispetto all’anno precedente, attestandosi a 31; salgano a 80 gli edifici fatiscenti censiti e sono 15 le storie di brutti progetti segnalati nel report. Il dossier di Legambiente allarga poi lo sguardo anche sulle Alpi francesi e svizzere attraverso l’analisi dei dati di Mountain Wilderness Francia. Ad aprile 2024 sono stati censiti 101 impianti abbandonati in 56 siti distribuiti sulle catene montuose francesi, mentre in Svizzera risultano dismessi da anni oltre 55 skilift e funivie. Segno che il turismo invernale è in crisi anche oltralpe.
A pesare sulla fotografia scattata da Nevediversa 2025 è la crisi climatica che impone un ripensamento del rapporto con la montagna, in quota e a valle. Per Legambiente servono in primis più azioni di mitigazione e adattamento e più finanziamenti per il turismo dolce, accompagnati da una migliore gestione del territorio replicando le buone pratiche. Le previsioni per i prossimi anni indicano inverni significativamente più caldi rispetto a oggi, con un conseguente calo delle nevicate. I dati della Fondazione CIMA illustrano chiaramente il grave deficit nevoso registrato al 13 febbraio 2025 rispetto alle medie storiche. Sulle Alpi nella fascia tra i 1000 e i 2000 metri, la riduzione dell’innevamento è del 71% e addirittura del 94% sugli Appennini. A quote più elevate, tra i 2000 ei 3000 metri, il deficit si attesta al 43% sulle Alpi e al 78% sugli Appennini, evidenziando una situazione critica soprattutto lungo la dorsale appenninica. Dati che evidenziano le difficoltà a cui vanno incontro gli impianti sciistici che, a causa della crisi climatica, hanno prospettive di sviluppo sempre più incerte. Sul sito del Ministero del Turismo, dall’inizio del governo Meloni, sono stati pubblicati avvisi riguardanti l’assegnazione e l’erogazione di contributi pari a ben 430 milioni di euro, destinati a compensare le perdite subite dai comprensori sciistici. Inoltre, fino al 2028, il Ministero continuerà a finanziare a fondo perduto le imprese che gestiscono impianti di risalita a fune.
Negli ultimi anni, gli impianti di neve artificiale sono diventati una spesa costante e cruciale per la sopravvivenza dei comprensori e per garantire la settimana bianca. Tra gli esempi simbolo citati da Legambiente nel report ci sono Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. A metà febbraio si è registrata una spesa di 2 milioni di euro per l’innevamento artificiale nelle aree montane del Bellunese dall’inizio della stagione. Nel caso del Sestriere, in Piemonte, in quattro anni la cifra spesa ha superato i 10 milioni di €. Per innevare i 125 chilometri di piste del Friuli-Venezia Giulia, il costo stagionale si aggira intorno ai 5.300.000 euro. Oltre alla spesa in conto capitale. Dall’altro lato salgono in Italia i costi della settimana bianca. Una famiglia di tre persone, stando alle ultime stime, quest’anno spenderà in media 186 euro al giorno solo per accedere agli impianti di risalita e alle piste. In aumento, secondo Federturismo, anche il costo di hotel (+5,1%), delle scuole di sci (+6,9%), i servizi di ristorazione (+8,1%). In sintesi, per una settimana bianca, un adulto spende in media 1.453 euro, mentre un nucleo familiare composto da due genitori e un figlio affronta una spesa di circa 3.720 euro.
Il report dedica poi un focus aggiornato sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. A un anno dall’evento sportivo, dove la sostenibilità resta un obiettivo lontano, continuano le difficoltà legate a opere faraoniche, ritardi e costi alle stelle. Partite con un budget di 1,5 miliardi di euro, ad oggi i costi sono saliti a 5,7 miliardi di euro. Riguardo le opere previste molte rischiano di non essere completate tra queste anche le varianti della Val Boite. Continua il monitoraggio sulle opere da parte delle associazioni della Rete Open Olympics. Intanto resta alta l’incognita neve 2026.
Da Cortina alle Cime di Lavaredo, per arrivare a Roccaraso, l’overtourism colpisce Alpi e Appennini a cui il report dedica un approfondimento corredato da interviste ad esperti. Le mete alpine, in particolare, stanno vivendo anche l’espansione del turismo del lusso come sta accadendo a Cortina. Sempre più riservata a un’elitè di ricchi, Cortina sta diventando una “scuola di gentrificazione, dove ci si trova estranei nella propria terra”. Come spiega il professore Alberto Lanzavecchia dell’Università di Padova, “le proprietà non vengono acquistate dagli italiani, ci sono investitori stranieri, oggi solo un terzo degli alberghi è gestito da famiglie di residenti. L’offerta turistica diventa più costosa ed espelle le famiglie italiane, che non possono godere più di quella valle”.
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Ambiente
Prosegue il Progetto Bee Friends – Pollinator Garden nei territori limitrofi al Bioparco ZOOM Torino

Anche nel 2025, la Fondazione ZOOM, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, continua il suo impegno a favore dei comuni piemontesi limitrofi al Bioparco ZOOM, con il progetto Bee Friends – Pollinator Garden. (altro…)
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Ambiente
E’ morto a 90 anni Fulco Pratesi , fondatore del WWF Italia di cui è stato a lungo presidente

E’ morto a Roma a 90 anni Fulco Pratesi : architetto, giornalista, autore, disegnatore, fondatore del Wwf Italia di cui è stato a lungo presidente.
Il WWF Italia piange la scomparsa del suo padre fondatore e si stringe con commozione alla famiglia Pratesi. La moglie Fabrizia si era spenta meno di 5 mesi fa, il 4 ottobre 2024 Fulco Pratesi lascia 4 figli, 6 nipoti e una pronipote. Grazie a Fulco Pratesi l’ecologia è entrata nelle case degli italiani, il suo amore smisurato per la natura ha avviato una vera e propria rivoluzione culturale da cui è nato il movimento ambientalista italiano.
Conoscere, amare e difendere la natura. Queste tre semplici regole ci aiuteranno a vivere in armonia
https://www.youtube.com/watch?v=9hg41_d9Z8A&feature=youtu.be
Il ricordo di Fulco Pratesi dal WWF Italia
Fulco Pratesi, nato a Roma nel 1934 e presto sfollato nella prima infanzia con la famiglia nella proprietà di campagna nel viterbese, è entrato presto a contatto con la natura. Fin da piccolissimo s’innamorò degli animali e del disegno. Dopo un’infatuazione giovanile per la caccia, convertì il suo interesse per la natura e gli animali nella conservazione. La sua seconda vita iniziò nel 1963, nelle foreste dell’Anatolia, in Turchia, dove si era recato a caccia. Gli si parò di fronte un’orsa con tre piccoli. Fu un incontro “folgorante” come lui stesso lo ha definito tante volte. Un incontro che gli fece cambiare totalmente prospettiva. Tornato in Italia, vendette il fucile e acquistò una macchina fotografica. Presto, si convertì all’amore incondizionato per tutte le forme viventi e decise di impegnarsi per la conservazione, tanto da abbandonare la professione di architetto. Saputo della nascita del World Wildlife fund in Svizzera, li contattò per far nascere la sezione italiana. “Ma dovrà trovare lei i soldi necessari al progetto” fu la risposta. Con famiglia e già 4 figli, non era facile. Riuniti alcuni amici illuminati nel suo studio di architetto, nacque nel 1966 il WWF Italia, con pochi soldi e tanto entusiasmo. Entusiasmo che è rimasto sempre stato il suo tratto distintivo fino agli ultimi giorni della sua vita.
Fondamentale il suo contributo alla definizione e approvazione di leggi fondamentali per la tutela della natura italiana, dalla della legge 157 sulla fauna a quella sui parchi del 1991. Ma il suo orgoglio più grande erano le oltre 100 Oasi del WWF che amava e conosceva una per una. Fulco Pratesi ha reso migliore il nostro Paese per tutti questi motivi e tanti altri, a cominciare dalla grande vocazione alla divulgazione: storico collaboratore del Corriere della Sera, ha pubblicato una dozzina di libri e curato decine di pubblicazioni anche per ragazzi, trasmettendo la sua grande passione per piante e animali a milioni di italiani attraverso testi accattivanti e disegni dal tratto unico. Ha viaggiato in tutto il mondo, dall’India all’America latina, e tutti i suoi incontri con la natura sono documentati nei suoi inseparabili taccuini.
Seppe fare quello che solo i grandi sanno fare: trasformare un sogno per pochi (la protezione della natura in Italia, la tutela di animali allora braccati come lupi e orsi) in una realtà consolidata. Con un vero e proprio atto di coraggio, con pochi soldi in cassa (i primi soci si erano autotassati), la prima azione del neonato WWF Italia fu quella di acquisire i diritti di caccia della laguna di Burano, dando il via alla nascita dell’Oasi di protezione e del “modello Oasi”, che contraddistingue il WWF Italia dagli altri WWF nel mondo. Oggi le aree gestite o di proprietà sono oltre 100 e proteggono circa 27.000 ettari di natura. Fondamentale è stato anche il suo contributo alla nascita del sistema dei Parchi nazionali, attraverso studi, piani e la spinta all’approvazione della legge quadro sulle aree protette del 1991. Sempre, gettando il cuore oltre l’ostacolo: come quando, nel 1985, l’Associazione raccolse oltre 600 milioni di lire – con un vero e proprio crowdfunding ante litteram – per l’acquisto dell’area di Monte Arcosu, con l’obiettivo di salvare il cervo sardo dal bracconaggio e dall’estinzione.
La sua vita racconta la storia della nostra Associazione. Proverbiali le sue battaglie contro la caccia (per impedire ai cacciatori di entrare nei fondi privati), che lo portarono a ricevere insulti e minacce. Ma anche per la salvaguardia delle creature marine, dai cetacei alla foca monaca, dalle reti spadare. Aveva una grande passione per i piccoli uccelli e per gli ambienti di palude, considerati malsani dai più e invece visti da Fulco, giustamente, come ecosistemi ricchissimi di biodiversità. Da tutelare. In natura passava ore a osservare gli uccelli e a comporre i primi schizzi per i suoi acquerelli. “Se considereremo la natura e il nostro Pianeta come un posto da conquistare e dominare, allora sarà la nostra fine” ha ripetuto nell’ultima intervista.
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