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Rapporto Asvis 2024 : l’Italia è in gigantesco ritardo nel percorso per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite
L’Italia è in enorme ritardo nel percorso per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e ha avuto addirittura peggioramenti, tra il 2010 e il 2023, su povertà, disuguaglianze e qualità degli ecosistemi terrestri. Gli Obiettivi dell’Agenda 2030 sono lontani
Questo è il messaggio del Rapporto Asvis- Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile Coltivare ora il nostro futuro, dato che dei 37 obiettivi quantitativi legati a impegni europei e nazionali, solo otto sono raggiungibili entro la scadenza del 2030, 22 non lo sono e per altri sette il risultato è incerto.
La registrazione della presentazione del rapporto Asvis 2024
L’Italia procede su un sentiero di sviluppo insostenibile e, nonostante gli impegni presi a livello internazionale anche con la firma del Patto sul Futuro, le scelte del Paese risultano insufficienti per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. È urgente e necessario un profondo cambiamento di approccio e di passo, mettendo lo sviluppo sostenibile al centro di tutte le politiche, accelerando le transizioni ecologica e digitale, lottando efficacemente contro le disuguaglianze, anche territoriali, sfruttando le opportunità derivanti dalle nuove normative europee sulla sostenibilità nelle imprese e sulla rigenerazione dei territori, e dalla modifica della Costituzione del 2022 per tutelare i diritti delle nuove e future generazioni.
“La sostenibilità non è semplicemente uno questione legato all’energia o ol clima, risolvibile con interventi marginali o piccoli aggiustamenti nelle politiche pubbliche presentati come trasformazioni epocali, mentre sono spesso espedienti di green-washing e social-washing – afferma il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini. – La costruzione dello sviluppo sostenibile richiede una visione sistemica e la consapevolezza che ogni ritardo aumenta la portata delle crisi e i costi dello transizione. Il titolo del Rapporto di quest’anno, ‘Coltivare ora il nostro futuro’, esprime l’urgenza di operare adesso, nonostante le difficoltà, per prenderci cura gli uni degli altri e del pianeta di cui facciamo parte attraverso azioni concrete e trasformative, pubbliche e private, orientate ad uno sviluppo pienamente sostenibile. Per riuscirci dobbiamo prendere sul serio gli impegni che sottoscriviamo a livello internazionale ed europeo, gli avvertimenti della scienza, i principi della Costituzione, le aspirazioni delle persone e dobbiamo agire di conseguenza, senza esitazioni, con il senso di urgenza che l’attuale condizione impone”.
I dati del Rapporto descrivono con chiarezza l’enorme ritardo dell’Italia nel percorso per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 – SDGs. Tra il 2010 e il 2023, il Paese ha registrato peggioramenti per cinque Goal: povertà, disuguaglianze, qualità degli ecosistemi terrestri, governance e partnership. Limitati miglioramenti si rilevano per sei Goal: cibo, energia pulita, lavoro e crescita economica, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico e qualità degli ecosistemi marini. Miglioramenti più consistenti riguardano cinque Goal: salute, educazione, uguaglianza di genere, acqua e igiene, innovazione. Unico miglioramento molto consistente interessa l’economia circolare.
La situazione appare ancora più grave se si considera il divario tra le preoccupazioni della popolazione e l’azione politica. Secondo recenti sondaggi, nove italiani su dieci sono preoccupati per lo stato degli ecosistemi e il 62% è convinto che il pianeta stia raggiungendo pericolosi “punti di rottura” e chiede una transizione ecologica più rapida e incisiva, mentre il 93% ritiene che l’Italia debba rafforzare i propri impegni nella lotta al cambiamento climatico. A queste preoccupazioni si aggiunge il fatto che solo il 25% crede che le decisioni del Governo siano prese a beneficio della maggioranza del Paese (contro una media del 39% nei Paesi G20) e solo il 21% pensa che il Governo stia operando pensando alle prospettive del Paese a lungo termine (37% nei Paesi G20).
Come emerge dal primo capitolo del Rapporto, anche a livello globale il percorso per attuare l’Agenda 2030 è drammaticamente incerto. A soli sei anni dalla fine del 2030, solo il 17% dei Target globali monitorati sembra destinato a essere raggiunto, mentre per almeno un terzo dei Target si registra un arresto o addirittura un peggioramento. Motivo per cui, le Nazioni Unite, attraverso il “Patto sul Futuro” firmato il 22 settembre, hanno individuato 56 azioni su cui i leader mondiali di sono impegnati, riguardanti cinque aree prioritarie: sviluppo sostenibile, finanza, pace e sicurezza, cooperazione tecnologica e rafforzamento della governance globale. Molte delle azioni sono finalizzate a migliorare la governance mondiale, riformando l’ONU (compreso il Consiglio di Sicurezza), l’Organizzazione mondiale del commercio e le grandi istituzioni internazionali, e riconoscendo il diritto dei Paesi emergenti e in via di sviluppo ad assumere ruoli maggiori in esse.
L’ASviS elenca proposte e interventi “di sistema” per migliorare le politiche nazionali ed europee. L’Italia in particolare deve attuare con urgenza la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, approvata dal Governo nel settembre 2023 e poi dimenticata, e un Programma per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, mettendo l’attuazione dell’Agenda 2030 al centro delle decisioni politiche. In un’epoca segnata dalla crisi climatica e dalla crescente perdita di biodiversità è inoltre essenziale rispettare gli accordi internazionali e garantire una gestione sostenibile degli ecosistemi. In questo contesto si inserisce la necessità di approvare una Legge sul Clima, per guidare il Paese verso la neutralità carbonica entro il 2050. È essenziale poi dare priorità all’attuazione della Dichiarazione sulle Future Generazioni approvata in sede Onu il 23 settembre: un impegno che dovrebbe coinvolgere maggiormente i giovani nella vita democratica e decisionale del Paese: non solo un atto di giustizia ma una scelta indispensabile per garantire un futuro inclusivo e sostenibile.
Presentazione Rapporto asvis 2024 Coltivare il nostro futuro
Anche l’Unione Europea, nonostante l’integrazione degli SDGs nelle politiche comunitarie nella legislatura 2019-2024, stenta a rispettare la tabella di marcia per raggiungere l’Agenda 2030. Secondo l’analisi dell’ASviS, tra il 2010 e il 2022 gli indici sintetici registrano una crescita molto consistente solo nel caso dell’uguaglianza di genere, aumenti significativi per energia pulita, lavoro e crescita economica, e innovazione, dinamiche moderatamente positive per dieci Goal, e peggioramenti per la qualità degli ecosistemi terrestri e la partnership. Al contrario di ciò che accade per l’Italia, su 17 obiettivi quantitativi definiti ufficialmente dall’UE, dieci sono raggiungibili entro il 2030, solo cinque non sono raggiungibili e per due il giudizio resta sospeso. Positivo è il fatto che la Presidente Ursula von der Leyen abbia riaffermato l’impegno per realizzare politiche ambientali, economiche e sociali nella direzione dello sviluppo sostenibile, nonostante il difficile contesto geopolitico, e che abbia inserito nelle lettere di missione dei nuovi Commissari l’obiettivo di raggiungere gli SDGs di propria competenza.
Secondo l’ASviS le scelte dell’Italia sono segnate da quattro possibili “game changer” che potrebbero influenzare profondamente il futuro del Paese. Il primo è legato alla Legge sull’autonomia differenziata che rischia di aggravare le disuguaglianze tra territori, compromettendo la sostenibilità dei conti pubblici e il coordinamento delle politiche necessarie per raggiungere gli SDGs. Per questo è essenziale limitare le sovrapposizioni tra Stato e Regioni, assegnando al primo la gestione esclusiva di settori strategici come infrastrutture ed energia. Il secondo dipende dalle Direttive europee sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese: una svolta per il sistema produttivo, chiamato a garantire maggiore trasparenza e ad assumere nuove responsabilità in ambito sociale e ambientale. Il terzo deriva dal nuovo Regolamento europeo sul ripristino della natura, che vincola gli Stati membri a ripristinare gli ecosistemi degradati, innescando non solo miglioramenti ambientali ma anche generando nuova e qualificata occupazione, specialmente nelle aree urbane, dove si impone tra l’altro lo stop al consumo di suolo. Il quarto scaturisce dalla riforma della Costituzione, avvenuta nel 2022 grazie anche all’iniziativa dell’ASviS, che introduce tra i principi costituzionali quello di tutelare l’ambiente, gli ecosistemi e la biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni, e stabilisce che l’attività economica non può svolgersi a danno della salute e dell’ambiente. La recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 105/2024) rafforza questo principio, affermando che la tutela dell’ambiente è un valore assoluto. In questa logica, ASviS propone che la futura legislazione sia sottoposta a una “valutazione d’impatto generazionale”. L’opportunità unica di trasformare il modello di sviluppo dell’Italia in una direzione più equa e sostenibile dipende dalla capacità di agire rapidamente e con decisione oggi.
Rapporto asvis 2024 Coltivare il nostro futuro
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Economia circolare
VIII EcoForum per l’Economia Circolare – Per la prima volta calano i Comuni Rifiuti Free in Piemonte
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Online il secondo report di ORA – Osservatorio Regionale Antidiscriminazione
È stato presentato mercoledì 4 dicembre 2024, presso il grattacielo della Regione Piemonte a Torino, il secondo report di ORA – Osservatorio Regionale Antidiscriminazione. Il secondo report ha analizzato 6.346 articoli, monitorando dal 1° novembre 2023 al 31 luglio 2024 e offrendo una panoramica dettagliata su come i media locali piemontesi trattano i temi cruciali di genere e disabilità.
O.R.A. è stata realizzata da un team di lavoro misto composto dalle ricercatrici universitarie Rossella Iannone, Francesca Tampone, Elena Morrone, Arianna Pellizzer, e da quattro professioniste dell’informazione appartenenti alla rete GIULIA: Stefanella Campana, Ilaria Leccardi, Elena Miglietti, Sara Perro.
È possibile scaricare il report completo al seguente link: https://www.collane.unito.it/oa/items/show/206#?c=0&m=0&s=0&cv=0
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Secondo il rapporto Ispra continua il consumo di suolo in Italia
Venti ettari al giorno persi, al ritmo 2,3 metri quadrati ogni secondo: nel giro di dodici mesi appena, in Italia con un consumo di 72,5 chilometri quadrati di suolo. È il dato che salta agli occhi leggendo l’edizione 2024 del rapporto di Ispra Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici.
Nel 2023 la riduzione dell’”effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno. Un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima.
Cambia la classifica dei comuni “Risparmia suolo”, quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (MI) e Massa Fermana (FM)
A descrivere l’andamento nazionale del fenomeno, il rapporto SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” che in questa edizione pubblica le stime per tutte le regioni, le province e i comuni italiani relative al 2023. Ad accompagnare il report, l’EcoAtlante il quale, oltre a rappresentare un vero e proprio viaggio nell’ambiente italiano, consente di consultare e scaricare le mappe dettagliate del consumo di suolo e di personalizzarle in base alle proprie esigenze.
Nel 2023 risultano cementificati più di 21.500 km2, dei quali l’88% su suolo utile. In aumento la cancellazione del suolo ormai irreversibile con nuove impermeabilizzazioni permanenti pari a 26 km2 in più rispetto all’anno precedente. Il 70% del nuovo consumo di suolo avviene nei comuni classificati come urbani secondo il recente regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law). Nelle aree, dove il nuovo regolamento europeo prevede di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024, si trovano nuovi cantieri (+663 ettari), edifici (+146 ettari) e piazzali asfaltati (+97ettari). In calo costante quindi la disponibilità di aree verdi: meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi.
Proseguono le trasformazioni nelle aree a pericolosità idraulica media, dove la superficie artificiale avanza di oltre 1.100 ettari, mentre si sfiorano i 530 ettari nelle zone a pericolosità da frana, dei quali quasi 38 si trovano in aree a pericolosità molto elevata.
La Valle d’Aosta e la Liguria sono le uniche regioni sotto i 50 ettari: la Valle d’Aosta, con +17 ettari, è la regione che consuma meno suolo, seguita dalla Liguria (+28) che si contiene al di sotto di 50 ettari. Gli incrementi maggiori per l’ultimo anno si sono verificati in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521). Escludendo le aree ripristinate (operazione da cui si ricava il consumo di suolo netto) segnano gli aumenti maggiori Emilia-Romagna (+735 ettari), Lombardia (+728), Campania (+616), Veneto (+609), Piemonte (+533) e Sicilia (+483).
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