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Google è monopolista secondo il Dipartimento di giustizia USA. Ora potrebbe esserci il suo spezzatino

Un documento presentato al giudice federale degli USA Amit Mehta ha portato alla decisione di sanzionare Google per attività monopolistiche. La causa, promossa dal Dipartimento di Giustizia (DOJ) e diversi stati, sostiene che Google abbia usato il proprio potere di mercato in modo anticompetitivo, impedendo ad altre aziende di competere nel settore della ricerca online e dei servizi digitali.

Il giudice Mehta ha valutato le prove contro Google riguardo a vari accordi esclusivi con produttori di dispositivi e sviluppatori di browser che garantiscono a Google di essere il motore di ricerca predefinito su milioni di dispositivi. Questa esclusività ha reso quasi impossibile per i rivali ottenere una significativa quota di mercato, contribuendo a consolidare il monopolio di Google. Il DOJ, insieme agli avvocati generali di diversi stati, ha contestato che Google abbia illegalmente monopolizzato il mercato della ricerca e della pubblicità online attraverso accordi con aziende come Apple e Samsung per mantenere il proprio motore di ricerca come opzione predefinita su diversi dispositivi.

Il cuore dell’accusa riguarda gli “accordi esclusivi” di Google, che hanno portato all’accumulo di circa il 90% delle ricerche online e all’88% del mercato della pubblicità testuale, ostacolando i concorrenti dal punto di vista degli investimenti e dell’innovazione. Il DOJ ha dimostrato che Google paga ingenti somme per diventare il motore di ricerca predefinito, ad esempio su dispositivi Apple, scoraggiando il cambiamento di provider da parte degli utenti e limitando le scelte disponibili al consumatore.

La sentenza non prevede danni economici, ma un’ingiunzione che potrebbe includere misure per impedire a Google di continuare accordi esclusivi di default o addirittura obbligare l’azienda a separare il business della ricerca da altre operazioni come Android e Chrome.

Questo caso rappresenta un passo storico per l’antitrust negli Stati Uniti, simile al processo Microsoft degli anni ‘90, e potrebbe aprire la strada a nuove regolamentazioni per altri giganti della tecnologia, tra cui Apple e Amazon, anch’essi sotto scrutinio legale per pratiche anti-competitive.

Il Governo ha raccomandato che Google deve cambiare il suo modello per riaprire il mercato dei motori di ricerca e dei servizi digitali alla concorrenza con possibili cambiamenti strutturali, un termine che molti osservatori intendono con una scissione ovvero con uno spezzatino.

Un team legale specializzato del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), affiancato da esperti in regolamentazione antitrust e tecnologia, sta lavorando a una serie di raccomandazioni per il giudice federale Amit Mehta. La proposta del DOJ include sia rimedi comportamentali che strutturali per affrontare l’impatto monopolistico di Google. I rimedi in valutazione spaziano da restrizioni su accordi preinstallati con produttori di dispositivi, all’accesso dei concorrenti ai dati di ricerca, fino alla potenziale separazione di parti dell’azienda per ripristinare la concorrenza nel settore dividendo Chrome, Google Play Store e il sistema operativo mobile Android dal search.

Questa prima versione delinea una serie di strade per la riforma, tra cui l’obbligo per Google di rendere accessibili i dati e i modelli di programmazione utilizzati per generare risultati tramite il suo motore di ricerca. Il Dipartimento di Giustizia sta anche valutando la possibilità di chiedere al giudice di vietare a Google di utilizzare o conservare i dati che si rifiuta di condividere con società terze.

Google ha dichiarato che intende appellarsi alla decisione, sottolineando che le accuse ignorano i benefici offerti ai consumatori dal loro motore di ricerca. Le fasi successive del processo potrebbero determinare cambiamenti significativi non solo per Google ma per l’intera industria tecnologica, influenzando l’accessibilità e la concorrenza nei mercati digitali anche in Europa e negli altri continenti.

Negli ultimi dieci anni, Google ha accumulato 8,25 miliardi di euro di multe dalle istituzioni antitrust dell’Unione europea che  riguardano tra gli altri il suo sistema operativo mobile Android e il servizio pubblicitario AdSense.


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Digitale

Google chiude contezioso con il fisco italiano versando quasi 326 milioni di euro

Google ha chiuso un contenzioso tributario con il fisco italiano versando quasi 326 milioni di euro, mettendo così fine a una disputa aperta dalla metà del 2023. A seguito di questo pagamento e dell’esclusione dell’ipotesi di evasione fiscale dopo le verifiche svolte, la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’indagine penale.

L’inchiesta, emersa nel giugno scorso, riguardava Google Ireland Limited, società del gruppo californiano, e vedeva indagata una responsabile della sede irlandese. L’indagine, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano sotto il coordinamento dei pm Giovanna Cavalleri, Giovanni Polizzi e Cristiana Roveda, era nata da una verifica fiscale chiusa nel giugno 2023 con un “verbale di constatazione” relativo ai periodi d’imposta dal 2015 al 2020.

Secondo gli accertamenti, la società irlandese non avrebbe dichiarato né versato le imposte sui redditi prodotti in Italia, sfruttando una presunta “stabile organizzazione occulta” costituita dai server e dall’infrastruttura tecnologica essenziale per l’erogazione dei servizi digitali. Inoltre, la presenza di server, personale di Google Italy e la vendita di spazi pubblicitari avrebbero fatto emergere una mancata tassazione sui ricavi. Si contestava anche l’omessa applicazione delle ritenute sulle royalties versate alle società estere dello stesso gruppo per l’utilizzo di software, algoritmi, marchi e altre proprietà intellettuali.

Tuttavia, i pm hanno ritenuto che tale condotta non violasse alcuna norma tributaria, ma ne eludesse l’applicazione, configurandosi come un caso di presunta elusione fiscale o “abuso del diritto” e non di evasione. La presenza di incertezze interpretative e le peculiarità del caso hanno portato la Procura a concludere che non vi fossero elementi sufficienti per sostenere un’accusa in sede penale.

Sul piano tributario, pur dissentendo tecnicamente dalle conclusioni dell’Agenzia delle Entrate, Google ha deciso di chiudere la controversia versando il 14 novembre scorso circa 326 milioni di euro. Di questi, oltre 265 milioni erano relativi a omesse ritenute su royalties, comprensive di sanzioni e interessi, mentre più di 60 milioni riguardavano Ires e Irap, anch’essi comprensivi di sanzioni e interessi.

L’indagine su Google, ora in attesa della valutazione di un giudice per l’archiviazione, è solo una delle numerose inchieste della Procura di Milano su colossi del web e dell’high-tech, molte delle quali si sono concluse con transazioni per centinaia di milioni di euro. Già nel 2017, Google aveva chiuso un altro contenzioso con il fisco italiano versando 306 milioni di euro per sanare le pendenze dei 15 anni precedenti.

Un caso simile ha riguardato Netflix, che nel maggio 2022 ha versato oltre 55 milioni di euro in un’unica soluzione e ha aperto una sede operativa in Italia. Il cosiddetto “modello Milano”, caratterizzato da una stretta collaborazione tra verifiche fiscali, accertamenti tributari e indagini penali, ha permesso negli ultimi tre anni di recuperare circa 2 miliardi di euro a beneficio della collettività, come sottolineato dal procuratore Marcello Viola.

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Digitale

Che cosa è DeepSeek l’azienda cinese che tenta di cambiare lo scenario dell’ Intelligenza Artificiale

L’avvento della piattaforma AI cinese DeepSeek ha cambiato in poche ore gli scenari borsistici e finanziari mondiali con una perdita di 589 miliardi di dollari: secondo quanto riferisce Bloomberg, si tratterebbe della perdita più grande di sempre per il mercato statunitense.

Il modello di AI sviluppato da DeepSeek ha dimostrato che è possibile raggiungere risultati paragonabili a quelli dei leader del settore, come ChatGPT, con investimenti molto più contenuti soprattutto dei chip per AI di Nvidia come l’A100 che i cinesi di DeepSeek avevano ottenuto prima che scattasse il divieto di esportazione degli Stati Uniti, insieme a chip meno potenti.

DeepSeek è un’azienda cinese di intelligenza artificiale specializzata nello sviluppo di modelli linguistici di grandi dimensioni con sede a Hangzhou  ed è finanziat dall’ hedge found cinese High-Flyer, il cui co-fondatore, Liang Wenfeng, ha fondato la società nel 2023 e ne ricopre il ruolo di CEO.

La sua tecnologia è stata sviluppata in un contesto di restrizioni imposte dagli Stati Uniti sull’esportazione di chip Nvidia verso la Cina, limitando la capacità del Paese di sviluppare sistemi di IA avanzati. DeepSeek usa un modello di chatbot generativo open source e distribuito.

Il 10 gennaio 2025, DeepSeek ha rilasciato la sua prima applicazione chatbot gratuita. In meno di tre settimane, il 27 gennaio, l’app è diventata la più scaricata negli Stati Uniti, superando ChatGPT.

DeepSeek ha anche lanciato Janus-Pro, un nuovo modello di generazione di immagini da testo che ma mira a competere con rivali statunitensi come DALL-E 3 e Stable Diffusion, offrendo una qualità e precisione superiori nella creazione di immagini.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato una richiesta di informazioni a Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e a Beijing DeepSeek Artificial Intelligence, le società che forniscono il servizio di chatbot DeepSeek, sia su piattaforma web che su App.

L’Autorità ha chiesto alle due società e alle loro affiliate di confermare quali siano i dati personali raccolti, da quali fonti, per quali finalità, quale sia la base giuridica del trattamento, e se siano conservati su server collocati in Cina.


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Digitale

Bando PID-Next per accedere a percorsi personalizzati per la trasformazione digitale delle imprese

Grazie al Bando PID-Next mille micro, piccole e medie aziende, con sede legale o operativa in Italia, avranno la possibilità di accedere a percorsi personalizzati di first assessment e attività di orientamento in grado di supportare la trasformazione digitale della propria attività.
PID-Next prevede la concessione di contributi, sotto forma di servizi, per supportare le aziende beneficiarie  nel loro percorso di trasformazione digitale. Gli incentivi sono destinati a coprire i costi relativi all’assessment iniziale e all’orientamento post-assessment.
PID-Next è finanziato con fondi del Piano nazionale di impresa e resilienza, che copriranno i costi dei servizi resi, da un minimo del 90% per le medie imprese fino al 100% per le micro e piccole.

Il progetto PID -Next, promosso da Unioncamere con il supporto di Dintec, sarà realizzato dai Punti impresa digitale delle Camere di commercio. La Camera di Commercio di appartenenza contatterà le aziende beneficiarie e avvierà il percorso.
Ecco come PID-Next può supportare la trasformazione digitale dell’impresa:

PRIMO STEP: Analisi personalizzata maturità digitale  L’analisi personalizzata della maturità digitale attraverso un incontro in impresa con un addetto del Polo che svolgerà una valutazione del livello di maturità digitale, degli obiettivi dell’azienda e dei fabbisogni tecnologici necessari al loro raggiungimento.

SECONDO STEP: Orientamento e Innovazione  A seguito dell’incontro, il secondo step prevede l’analisi dei fabbisogni da parte di un team nazionale che si occuperà anche di individuare le migliori opportunità per orientare il percorso di digitalizzazione dell’impresa.

TERZO STEP: Opportunità per le Imprese  La consegna del report che non sarà solo una analisi del livello di maturità digitale dell’impresa, ma offrirà suggerimenti riguardo ai partner con cui l’impresa può proseguire il proprio cammino di digitalizzazione e segnalazioni in merito ad eventuali ed ulteriori possibilità di finanziamento.

PID-Next apre così la strada al trasferimento tecnologico e l’accesso a un network di partner pubblici e privati mirato sulle esigenze dell’impresa.

Per partecipare è necessario utilizzare l’apposita pagina sulla piattaforma restart.infocamere.it a partire dal 16/12/2024, accedendo con SPID/CIE/CNS, e fino a ore 16:00 del 18/02/2025.


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