Ambiente
Al via il progetto Robin Wood: contrastare il cambiamento climatico rigenerando le risorse naturali

L’Italia è coperta per un terzo da foreste, ma il 99% di questo patrimonio-costantemente cresciuto nell’ultimo secolo – è abbandonato o non gestito adeguatamente. Ma se l’espansione delle foreste da un lato consente di immagazzinare più CO2, dall’altro modifica il paesaggio, la biodiversità e la fruibilità del territorio. Come valorizzare quindi un patrimonio di questa portata, rendendolo allo stesso tempo di interesse per aziende, enti pubblici e cittadini? A questa domanda vuole rispondere Robin Wood, progetto promosso da Walden in collaborazione con Cooperativa ERICA di Alba e il Consorzio Forestale del Canavese nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) 2014-2022.
Robin Wood è un progetto altamente radicato nel territorio, coordinato da realtà specializzate con esperienza comprovata sul campo che si pone come obiettivo quello di fornire un’alternativa locale alla lotta al riscaldamento globale. Come? Valorizzando e rigenerando aree forestali e naturali attraverso interventi precisi, multifunzionali e localizzati, che danno “nuova vita” ai nostri preziosi ecosistemi e producono impatti positivi certificabili e tangibili nel breve e medio termine. Infatti, molti dei soggetti che hanno in carico la gestione delle risorse naturali spesso non hanno la disponibilità economica e le capacità tecniche necessarie per preservare questi ambienti, far fronte agli impatti della crisi climatica e migliorare la funzionalità dei diversi benefici ecosistemici che la natura offre agli esseri umani. Attraverso Robin Wood sarà invece possibile prendersi cura delle risorse naturali permettendo di proteggere e migliorare gli stock di carbonio, preservando la biodiversità e la multifunzionalità degli ecosistemi. Gli interventi saranno progettati al fianco di proprietari forestali, pubbliche amministrazioni e comunità locali, e potranno essere sostenuti da aziende e privati cittadini che potranno accedere al sito www.robinwood.io e alla piattaforma che ospita tutti i progetti di rigenerazione ambientale in corso. Qui potranno “adottare” delle porzioni di bosco, godendo dei servizi ecosistemici generati attraverso un modello di gestione multifunzionale. Perché farlo? Per ridurre l’impatto ambientale della propria attività prendendosi cura del territorio italiano, senza intermediari e in totale trasparenza. Gli esperti di Robin Wood accompagneranno le aziende interessate in un percorso di riduzione delle proprie emissioni, definendo una strategia climatica personalizzata: grazie anche al tool di calcolo elaborato da Robin Wood, si potrà comprendere esattamente l’impatto ambientale dell’azienda, definendo punti di forza e di debolezza nel suo processo produttivo. Il Tool di calcolo sviluppato da Robin Wood prende come riferimento metodologico la cosiddetta Carbon Footprint di Organizzazione (CFO). Si tratta di uno standard internazionale definito dal GHG Protocol, cioè il Corporate Accounting and Reporting Standard.
Quali sono i benefici per le aziende che aderiranno? Non solo contribuiranno concretamente alla lotta contro il cambiamento climatico, ma potranno anche ottenere significativi vantaggi competitivi: miglioramento della propria reputazione sul mercato, maggiore attrattività per finanziamenti pubblici e agevolazioni fiscali, e una crescente trasparenza e affidabilità in termini di sostenibilità.
Inoltre, i miglioramenti in termini di riduzione delle emissioni nonché l’impatto positivo generato dall’investimento in un percorso a impatto positivo sulla Natura saranno visibili passo passo grazie alle costanti attività di monitoraggio. Oltre a elaborare una strategia di decarbonizzazione personalizzata, gli esperti di Robin Wood potranno fornire altri servizi come bilanci di sostenibilità, consulenze ambientali finalizzate alla carbon neutrality, formazione, organizzazione di eventi, team building e comunicazione dedicata. Sostenere un progetto di Robin Wood significa fare un’azione concreta per contrastare il cambiamento climatico supportando gli habitat, le comunità ed i territori, mettendo al centro dell’attenzione foreste ed ecosistemi affinché tornino ad essere considerate un bene comune. Azioni concrete per le generazioni future.
Il progetto Robin Wood sarà lanciato in una serie di eventi e fiere nelle prossime settimane, che daranno quindi la possibilità a cittadini e aziende di conoscere da vicino i dettagli dell’iniziativa.
Uno dei primi appuntamenti sarà la 15ª edizione di Terra Madre Salone del Gusto, la manifestazione internazionale più importante dedicata alle filiere agricole sostenibili, che si terrà a Torino dal 26 al 30 settembre prossimi. Quest’anno, il tema “We Are Nature” sottolinea la necessità di una nuova relazione tra uomo e natura. In linea con questo tema, Robin Wood sarà presente al Parco Dora di Torino per tutte e cinque le giornate di Terra Madre Salone del Gusto, presso lo stand F32, dove presenterà le sue iniziative di forestazione e la piattaforma digitale del progetto, che verrà ufficialmente lanciata durante la manifestazione. Sempre nell’ambito di Terra Madre, il 29 settembre alle ore 18:30, Lucio Vaira, fondatore di Walden e ideatore di Robin Wood, sarà tra i relatori della conferenza “Coltivare in mezzo agli alberi”, dedicata all’agroforestazione. L’incontro esplorerà progetti innovativi in Italia che integrano alberi, colture e allevamento per promuovere la sostenibilità ambientale. Parteciperanno anche esperti come Jacopo Goracci, Chiara Michelone e Viviana Ferrario, con la moderazione della professoressa Cristiana Peano. L’incontro è gratuito e aperto a tutti, con prenotazione online consigliata.
A seguire, dal 18 al 20 ottobre il progetto avrà un suo stand alla Fiera del Marrone a Cuneo, che quest’anno è stata nominata Città Alpina 2024. Inoltre, Robin Wood non poteva mancare alla kermesse ambientale per eccellenza, la fiera green per definizione: Ecomondo, che si terrà a Riminifiera dal 5 all’8 novembre prossimi.
“Il nostro progetto nasce con grandi ambizioni: il nostro obiettivo è contribuire concretamente a contrastare il cambiamento climatico sui nostri territori e aiutare le aziende a ridurre il proprio impatto sul pianeta, generando effetti positivi sulla natura – spiega Lucio Vaira, responsabile tecnico Robin Wood. La piattaforma si rivolge a individui, aziende e altre organizzazioni, offrendo la possibilità di supportare l’azione per il clima sul territorio attraverso interventi concreti di rigenerazione forestale. La sostenibilità sociale è uno dei pilastri fondamentali del nostro progetto. In passato, molte persone hanno abbandonato le montagne a causa della mancanza di opportunità economiche. Il nostro obiettivo è rigenerare i territori rurali attraverso un modello di recupero che va oltre il turismo e i servizi. Noi vogliamo contribuire alla creazione di un’economia locale sostenibile, basata sul recupero dell’agricoltura, sulla gestione razionale dei pascoli e sulla corretta gestione forestale”.
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Ambiente
Dossier Nevediversa 2025 di Legambiente: 265 gli impianti dismessiin Italia. Milano Cortina 2026 la sostenibilità è un obiettivo lontano

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Bisogna ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile replicando le buone pratiche di turismo dolce.
Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.
Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.
Sono 112 le strutture temporaneamente chiuse, mentre sono 128 quelle un “po’ aperte, un po’ chiuse”. Salgono a 218 gli impianti sottoposti ad “accanimenti terapeutici”, distribuiti in 36 comprensori, e più che raddoppiati rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 103. Il numero più alto in Lombardia (59), Abruzzo (47), Emilia-Romagna (34). Resta invariato, invece, il numero degli impianti smantellati e riusati, rispetto all’anno precedente, attestandosi a 31; salgano a 80 gli edifici fatiscenti censiti e sono 15 le storie di brutti progetti segnalati nel report. Il dossier di Legambiente allarga poi lo sguardo anche sulle Alpi francesi e svizzere attraverso l’analisi dei dati di Mountain Wilderness Francia. Ad aprile 2024 sono stati censiti 101 impianti abbandonati in 56 siti distribuiti sulle catene montuose francesi, mentre in Svizzera risultano dismessi da anni oltre 55 skilift e funivie. Segno che il turismo invernale è in crisi anche oltralpe.
A pesare sulla fotografia scattata da Nevediversa 2025 è la crisi climatica che impone un ripensamento del rapporto con la montagna, in quota e a valle. Per Legambiente servono in primis più azioni di mitigazione e adattamento e più finanziamenti per il turismo dolce, accompagnati da una migliore gestione del territorio replicando le buone pratiche. Le previsioni per i prossimi anni indicano inverni significativamente più caldi rispetto a oggi, con un conseguente calo delle nevicate. I dati della Fondazione CIMA illustrano chiaramente il grave deficit nevoso registrato al 13 febbraio 2025 rispetto alle medie storiche. Sulle Alpi nella fascia tra i 1000 e i 2000 metri, la riduzione dell’innevamento è del 71% e addirittura del 94% sugli Appennini. A quote più elevate, tra i 2000 ei 3000 metri, il deficit si attesta al 43% sulle Alpi e al 78% sugli Appennini, evidenziando una situazione critica soprattutto lungo la dorsale appenninica. Dati che evidenziano le difficoltà a cui vanno incontro gli impianti sciistici che, a causa della crisi climatica, hanno prospettive di sviluppo sempre più incerte. Sul sito del Ministero del Turismo, dall’inizio del governo Meloni, sono stati pubblicati avvisi riguardanti l’assegnazione e l’erogazione di contributi pari a ben 430 milioni di euro, destinati a compensare le perdite subite dai comprensori sciistici. Inoltre, fino al 2028, il Ministero continuerà a finanziare a fondo perduto le imprese che gestiscono impianti di risalita a fune.
Negli ultimi anni, gli impianti di neve artificiale sono diventati una spesa costante e cruciale per la sopravvivenza dei comprensori e per garantire la settimana bianca. Tra gli esempi simbolo citati da Legambiente nel report ci sono Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. A metà febbraio si è registrata una spesa di 2 milioni di euro per l’innevamento artificiale nelle aree montane del Bellunese dall’inizio della stagione. Nel caso del Sestriere, in Piemonte, in quattro anni la cifra spesa ha superato i 10 milioni di €. Per innevare i 125 chilometri di piste del Friuli-Venezia Giulia, il costo stagionale si aggira intorno ai 5.300.000 euro. Oltre alla spesa in conto capitale. Dall’altro lato salgono in Italia i costi della settimana bianca. Una famiglia di tre persone, stando alle ultime stime, quest’anno spenderà in media 186 euro al giorno solo per accedere agli impianti di risalita e alle piste. In aumento, secondo Federturismo, anche il costo di hotel (+5,1%), delle scuole di sci (+6,9%), i servizi di ristorazione (+8,1%). In sintesi, per una settimana bianca, un adulto spende in media 1.453 euro, mentre un nucleo familiare composto da due genitori e un figlio affronta una spesa di circa 3.720 euro.
Il report dedica poi un focus aggiornato sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. A un anno dall’evento sportivo, dove la sostenibilità resta un obiettivo lontano, continuano le difficoltà legate a opere faraoniche, ritardi e costi alle stelle. Partite con un budget di 1,5 miliardi di euro, ad oggi i costi sono saliti a 5,7 miliardi di euro. Riguardo le opere previste molte rischiano di non essere completate tra queste anche le varianti della Val Boite. Continua il monitoraggio sulle opere da parte delle associazioni della Rete Open Olympics. Intanto resta alta l’incognita neve 2026.
Da Cortina alle Cime di Lavaredo, per arrivare a Roccaraso, l’overtourism colpisce Alpi e Appennini a cui il report dedica un approfondimento corredato da interviste ad esperti. Le mete alpine, in particolare, stanno vivendo anche l’espansione del turismo del lusso come sta accadendo a Cortina. Sempre più riservata a un’elitè di ricchi, Cortina sta diventando una “scuola di gentrificazione, dove ci si trova estranei nella propria terra”. Come spiega il professore Alberto Lanzavecchia dell’Università di Padova, “le proprietà non vengono acquistate dagli italiani, ci sono investitori stranieri, oggi solo un terzo degli alberghi è gestito da famiglie di residenti. L’offerta turistica diventa più costosa ed espelle le famiglie italiane, che non possono godere più di quella valle”.
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Ambiente
Prosegue il Progetto Bee Friends – Pollinator Garden nei territori limitrofi al Bioparco ZOOM Torino

Anche nel 2025, la Fondazione ZOOM, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, continua il suo impegno a favore dei comuni piemontesi limitrofi al Bioparco ZOOM, con il progetto Bee Friends – Pollinator Garden. (altro…)
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Ambiente
E’ morto a 90 anni Fulco Pratesi , fondatore del WWF Italia di cui è stato a lungo presidente

E’ morto a Roma a 90 anni Fulco Pratesi : architetto, giornalista, autore, disegnatore, fondatore del Wwf Italia di cui è stato a lungo presidente.
Il WWF Italia piange la scomparsa del suo padre fondatore e si stringe con commozione alla famiglia Pratesi. La moglie Fabrizia si era spenta meno di 5 mesi fa, il 4 ottobre 2024 Fulco Pratesi lascia 4 figli, 6 nipoti e una pronipote. Grazie a Fulco Pratesi l’ecologia è entrata nelle case degli italiani, il suo amore smisurato per la natura ha avviato una vera e propria rivoluzione culturale da cui è nato il movimento ambientalista italiano.
Conoscere, amare e difendere la natura. Queste tre semplici regole ci aiuteranno a vivere in armonia
https://www.youtube.com/watch?v=9hg41_d9Z8A&feature=youtu.be
Il ricordo di Fulco Pratesi dal WWF Italia
Fulco Pratesi, nato a Roma nel 1934 e presto sfollato nella prima infanzia con la famiglia nella proprietà di campagna nel viterbese, è entrato presto a contatto con la natura. Fin da piccolissimo s’innamorò degli animali e del disegno. Dopo un’infatuazione giovanile per la caccia, convertì il suo interesse per la natura e gli animali nella conservazione. La sua seconda vita iniziò nel 1963, nelle foreste dell’Anatolia, in Turchia, dove si era recato a caccia. Gli si parò di fronte un’orsa con tre piccoli. Fu un incontro “folgorante” come lui stesso lo ha definito tante volte. Un incontro che gli fece cambiare totalmente prospettiva. Tornato in Italia, vendette il fucile e acquistò una macchina fotografica. Presto, si convertì all’amore incondizionato per tutte le forme viventi e decise di impegnarsi per la conservazione, tanto da abbandonare la professione di architetto. Saputo della nascita del World Wildlife fund in Svizzera, li contattò per far nascere la sezione italiana. “Ma dovrà trovare lei i soldi necessari al progetto” fu la risposta. Con famiglia e già 4 figli, non era facile. Riuniti alcuni amici illuminati nel suo studio di architetto, nacque nel 1966 il WWF Italia, con pochi soldi e tanto entusiasmo. Entusiasmo che è rimasto sempre stato il suo tratto distintivo fino agli ultimi giorni della sua vita.
Fondamentale il suo contributo alla definizione e approvazione di leggi fondamentali per la tutela della natura italiana, dalla della legge 157 sulla fauna a quella sui parchi del 1991. Ma il suo orgoglio più grande erano le oltre 100 Oasi del WWF che amava e conosceva una per una. Fulco Pratesi ha reso migliore il nostro Paese per tutti questi motivi e tanti altri, a cominciare dalla grande vocazione alla divulgazione: storico collaboratore del Corriere della Sera, ha pubblicato una dozzina di libri e curato decine di pubblicazioni anche per ragazzi, trasmettendo la sua grande passione per piante e animali a milioni di italiani attraverso testi accattivanti e disegni dal tratto unico. Ha viaggiato in tutto il mondo, dall’India all’America latina, e tutti i suoi incontri con la natura sono documentati nei suoi inseparabili taccuini.
Seppe fare quello che solo i grandi sanno fare: trasformare un sogno per pochi (la protezione della natura in Italia, la tutela di animali allora braccati come lupi e orsi) in una realtà consolidata. Con un vero e proprio atto di coraggio, con pochi soldi in cassa (i primi soci si erano autotassati), la prima azione del neonato WWF Italia fu quella di acquisire i diritti di caccia della laguna di Burano, dando il via alla nascita dell’Oasi di protezione e del “modello Oasi”, che contraddistingue il WWF Italia dagli altri WWF nel mondo. Oggi le aree gestite o di proprietà sono oltre 100 e proteggono circa 27.000 ettari di natura. Fondamentale è stato anche il suo contributo alla nascita del sistema dei Parchi nazionali, attraverso studi, piani e la spinta all’approvazione della legge quadro sulle aree protette del 1991. Sempre, gettando il cuore oltre l’ostacolo: come quando, nel 1985, l’Associazione raccolse oltre 600 milioni di lire – con un vero e proprio crowdfunding ante litteram – per l’acquisto dell’area di Monte Arcosu, con l’obiettivo di salvare il cervo sardo dal bracconaggio e dall’estinzione.
La sua vita racconta la storia della nostra Associazione. Proverbiali le sue battaglie contro la caccia (per impedire ai cacciatori di entrare nei fondi privati), che lo portarono a ricevere insulti e minacce. Ma anche per la salvaguardia delle creature marine, dai cetacei alla foca monaca, dalle reti spadare. Aveva una grande passione per i piccoli uccelli e per gli ambienti di palude, considerati malsani dai più e invece visti da Fulco, giustamente, come ecosistemi ricchissimi di biodiversità. Da tutelare. In natura passava ore a osservare gli uccelli e a comporre i primi schizzi per i suoi acquerelli. “Se considereremo la natura e il nostro Pianeta come un posto da conquistare e dominare, allora sarà la nostra fine” ha ripetuto nell’ultima intervista.
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