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Depositato presso l’Autorità garante delle comunicazioni un esposto bipartisan contro Meta firmato da 43 parlamentari

E’ stato depositato presso l’Autorità garante delle comunicazioni un esposto bipartisan contro Meta la società a cui fanno capo i social network come Facebook e Instagram, che sostiene che la società esercita controllo selettivo sull’informazione politica non solo sulle fake news.

Firmatari 43 parlamentari dei diversi schieramenti politici, da Pd e Avs ma anche da esponenti di FdI e da Italia Viva dopo le interrogazioni di Marco Furfaro, Maurizio Gasparri e Leonardo Cecchi.

L’esposto sostiene che

A partire dal 2021, la multinazionale Meta ha iniziato progressivamente a implementare una policy di controllo diretto sull’informazione politica, sociale e civica, prodotta inizialmente per la sua piattaforma principale, Facebook, e poi estesa a Instagram e Threads. Tale policy, annunciata dalla stessa compagnia sul suo sito opera su tutte le pubblicazioni considerate politiche, non solo su quelle potenzialmente pericolose, sensibili o contenenti fake news. La policy lavora attraverso un’IA che analizza preventivamente i contenuti pubblicati da utenti e pagine, decidendo poi se, come e quanto alternarne la visibilità presso il pubblico. Le criticità della piattaforma riguardano la distorsione della concorrenza politica; l’inquinamento del voto democratico; un potere eccessivo di Meta. Società che si sostiene ha un un monopolio dell’informazione social, controllando essa la quota maggiore di questa infrastruttura critica e per questo i denuncianti chiedono che l’Autorità disponga gli opportuni accertamenti e adottare» delle misure previste e consentite dalla legge.

Scrive Marco Furfaro sui social:

Una multinazionale straniera, non europea, che di punto in bianco ha deciso di voler iniziare a controllare i flussi d’informazione politica prima su Facebook e ora su Instagram, decidendo arbitrariamente quali far vedere e quanto. Il tutto senza spiegare come e perché. In questo, la cosa grottesca (e grave) è che la multinazionale si è proprio arrogata il diritto di decidere per tutti noi cosa dobbiamo vedere e cosa no. Peggio: cosa “valga il nostro tempo”. Lo spiega proprio lei nelle comunicazioni su questa policy: per gli utenti è Meta a determinare “ciò che è informativo, significativo o vale il tuo tempo”. Noi siamo tutti dei bambini, dunque. Non in grado di scegliere cosa leggere e cosa approfondire. Decide Meta cosa vale il nostro tempo. È tutto surreale, grottesco e pericoloso. La Commissione Europea dopo che le abbiamo condiviso i dati su quanto sta facendo Meta ha finalmente aperto un’indagine. Ci sono ora due pdl depositate e ben due interrogazioni fatte. Ma non è finita qui. Questa situazione è ripeto pericolosa e deve essere risolta in fretta. In una democrazia non è una multinazionale a dirigere l’opinione pubblica, ma la gente.


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Revolut apre una filiale italiana e offre un conto corrente con un Iban italiano

Revolut apre una succursale in Italia che offre ai nuovi clienti un conto corrente con un Iban italiano. I clienti vecchi potranno fare il passaggio dall IBAN estero a quello italiano a partire dal 2025.  Si tratta di una novità che consentirà di utilizzare il conto Revolut come conto principale evitando così i problemi riscontrati con l’Iban straniero dato che fino ad oggi, i clienti italiani di Revolut disponevano di un Iban lituano.

Revolut ha deciso di lanciare il conto corrente con iban italiano per i nuovi clienti evitando così l’iban discrimination  condannata dall’Unione europea come pratica scorretta.

Con questo cambiamento, il conto Revolut potrà essere utilizzato come un vero e proprio conto principale.  Un altro vantaggio offerto dall’Iban italiano consiste nella possibilità che Revolut svolga in futuro il ruolo di sostituto d’imposta.

I tre milioni di clienti attuali di Revolut  potranno scegliere da gennaio 2025 la migrazione del cont verso un Iban italiano o mantenere l’attuale Iban. Non sarà necessario sostituire le carte di pagamento già emesse, che resteranno valide.

Revolut è una piattaforma finanziaria digitale che offre una serie di servizi bancari e finanziari attraverso un’app mobile. Fondata nel 2015, la società si è rapidamente affermata come uno degli strumenti più popolari per gestire il denaro in modo flessibile e conveniente, soprattutto per chi viaggia o ha esigenze bancarie internazionali.  Revolut si distingue anche per la sua interfaccia facile da usare e per il fatto che non è legata a una banca tradizionale, permettendo quindi costi inferiori per i suoi servizi.


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Digitale

Stefano Giordano è il nuovo Presidente di Internet Society Italia

Stefano Giordano è il nuovo Presidente di Internet Society Italia che ha preso ufficialmente il posto di Alessandro Berni, che nella funzione di Presidente onorario assicura all’Associazione continuità di impegno.

L’Assemblea dei soci ha nominato il nuovo Consiglio composto dal Presidente e 8 da Consiglieri.

Tra i Consiglieri, accanto a Laura Abba, Angelo Alù, Michele Amodeo, Vittorio Bertola, Federica Giaquinta e Ermann Ripepi, che conservano le rispettive cariche, le novità rispetto al precedente triennio sono Valeria Cantarella e Anna Pisterzi.


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TikTok rischia di essere espulso dagli USA se ByteDance non cederà la sua proprietà

tiktok

TikTok ha perso il ricorso presso la Corte d’Appello di Washington contro la legge firmata ad aprile dal presidente Joe Biden, che impone il divieto della piattaforma negli Stati Uniti a meno che la società cinese ByteDance, che la controlla, non venda la sua partecipazione entro il 19 gennaio.

La Corte d’Appello ha dato ragione al Dipartimento di Giustizia, dichiarando costituzionale la misura che conferisce al governo statunitense il potere di vietare TikTok per motivi di sicurezza nazionale. Il timore è che la piattaforma possa essere utilizzata dal governo cinese per raccogliere dati sugli utenti americani o influenzare l’opinione pubblica.

La scadenza del 19 gennaio coincide con la vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, che durante il suo primo mandato aveva sostenuto il divieto, ma durante la sua campagna elettorale ha promesso di “salvare TikTok”. La piattaforma aveva argomentato davanti alla Corte d’Appello che il divieto violava il diritto di espressione dei suoi utenti statunitensi – circa 150 milioni – tutelato dal Primo Emendamento.

Nella loro sentenza, i giudici hanno stabilito che la legge firmata da Biden “non viola il Primo Emendamento” e che il governo sta agendo per proteggere gli Stati Uniti da una “minaccia straniera”, respingendo così il ricorso presentato a maggio da TikTok e dai suoi creatori di contenuti.


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