Sostenibilità
Il video messaggio e il discorso di Papa Francesco per la Cop 28: il futuro di tutti dipende dal presente che scegliamo

Papa Francesco malato non ha potuto partecipare come desiderato alla Cop 28 a Dubai . Ha però inviato un videomessaggio proiettato a Dubai per l’inaugurazione del Padiglione della Fede o Faith Pavillion , spazio di sinergia tra un centinaio di organizzazioni, leader religiosi e politici, scienziati, per promuovere l’azione sul clima. Francesco chiede che le religioni diano il buon esempio lavorando insieme per la pace e il clima.
Vi saluto cordialmente e mi dispiace molto di non poter essere con voi. Affido al Cardinale Parolin le parole che avrei voluto rivolgervi. Vorrei dirvi “grazie”: grazie perché avete realizzato, per la prima volta un padiglione religioso all’interno di una COP. E grazie perché questo testimonia la volontà di lavorare insieme. Oggi il mondo ha bisogno di alleanze che non siano contro qualcuno, ma a favore di tutti. È urgente che le religioni, senza cadere nella trappola del sincretismo, diano il buon esempio lavorando insieme: non per i propri interessi o per quelli di una parte, ma per gli interessi del nostro mondo. Tra questi, i più importanti oggi sono la pace e il clima.
Diamo l’esempio, come rappresentanti religiosi, per mostrare che un cambiamento è possibile, per testimoniare stili di vita rispettosi e sostenibili, e domandiamo a gran voce ai responsabili delle nazioni che la casa comune sia preservata. Ce lo chiedono, in particolare, i piccoli e i poveri, le cui preghiere giungono fino al trono dell’Altissimo. Per il futuro loro e il futuro di tutti, custodiamo il creato e proteggiamo la casa comune; viviamo in pace e promuoviamo la pace! Grazie.
Purtroppo non posso essere insieme a voi, come avrei desiderato, ma sono con voi perché l’ora è urgente. Sono con voi perché, ora come mai, il futuro di tutti dipende dal presente che scegliamo. Sono con voi perché la devastazione del creato è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma strutturale che si riversa sull’essere umano, soprattutto sui più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di scatenare un conflitto tra le generazioni. Sono con voi perché il cambiamento climatico è «un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana» (Esort. ap. Laudate Deum, 3). Sono con voi per porre la domanda a cui siamo chiamati a rispondere ora: lavoriamo per una cultura della vita o della morte? Vi chiedo, in modo accorato: scegliamo la vita, scegliamo il futuro! Ascoltiamo il gemere della terra, prestiamo ascolto al grido dei poveri, tendiamo l’orecchio alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini! Abbiamo una grande responsabilità: garantire che il loro futuro non sia negato.
È acclarato che i cambiamenti climatici in atto derivano dal surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana, che negli ultimi decenni è diventata insostenibile per l’ecosistema. L’ambizione di produrre e possedere si è trasformata in ossessione ed è sfociata in un’avidità senza limiti, che ha fatto dell’ambiente l’oggetto di uno sfruttamento sfrenato. Il clima impazzito suona come un avvertimento a fermare tale delirio di onnipotenza. Torniamo a riconoscere con umiltà e coraggio il nostro limite quale unica via per vivere in pienezza.
Che cosa ostacola questo percorso? Le divisioni che ci sono tra noi. Ma un mondo tutto connesso, come quello odierno, non può essere scollegato in chi lo governa, con i negoziati internazionali che «non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale» (Lett. enc. Laudato sì’, 169). Assistiamo a posizioni rigide se non inflessibili, che tendono a tutelare i ricavi propri e delle proprie aziende, talvolta giustificandosi in base a quanto fatto da altri in passato, con periodici rimpalli di responsabilità. Ma il compito a cui siamo chiamati oggi non è nei confronti di ieri, ma nei riguardi di domani; di un domani che, volenti o nolenti, o sarà di tutti o non sarà.
Colpiscono, in particolare, i tentativi di scaricare le responsabilità sui tanti poveri e sul numero delle nascite. Sono tabù da sfatare con fermezza. Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo, più indigente, è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti, mentre il divario tra i pochi agiati e i molti disagiati non è mai stato così abissale. Questi sono in realtà le vittime di quanto accade: pensiamo alle popolazioni indigene, alla deforestazione, al dramma della fame, dell’insicurezza idrica e alimentare, ai flussi migratori indotti. E le nascite non sono un problema, ma una risorsa: non sono contro la vita, ma per la vita, mentre certi modelli ideologici e utilitaristi che vengono imposti con guanti di velluto a famiglie e popolazioni rappresentano vere e proprie colonizzazioni. Non venga penalizzato lo sviluppo di tanti Paesi, già gravati di onerosi debiti economici; si consideri piuttosto l’incidenza di poche nazioni, responsabili di un preoccupante debito ecologico nei confronti di tante altre (cfr ivi, 51-52). Sarebbe giusto individuare modalità adeguate per rimettere i debiti finanziari che pesano su diversi popoli anche alla luce del debito ecologico nei loro riguardi.
Signore e Signori, mi permetto di rivolgermi a voi, in nome della casa comune che abitiamo, come a fratelli e sorelle, per porci l’interrogativo: qual è la via d’uscita? Quella che state percorrendo in questi giorni: la via dell’insieme, il multilateralismo. Infatti, «il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere […]. Si tratta di stabilire regole universali ed efficienti» (Laudate Deum, 42). È preoccupante in tal senso che il riscaldamento del pianeta si accompagni a un generale raffreddamento del multilateralismo, a una crescente sfiducia nella Comunità internazionale, a una perdita della «comune coscienza di essere […] una famiglia di nazioni» (S. Giovanni Paolo II, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50° di fondazione, New York, 5 ottobre 1995, 14). È essenziale ricostruire la fiducia, fondamento del multilateralismo.
Ciò vale per la cura del creato così come per la pace: sono le tematiche più urgenti e sono collegate. Quante energie sta disperdendo l’umanità nelle tante guerre in corso, come in Israele e in Palestina, in Ucraina e in molte regioni del mondo: conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno! Quante risorse sprecate negli armamenti, che distruggono vite e rovinano la casa comune! Rilancio una proposta: «con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame» (Lett. enc. Fratelli tutti, 262; cfr S. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 51) e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico.
È compito di questa generazione prestare orecchio ai popoli, ai giovani e ai bambini per porre le fondamenta di un nuovo multilateralismo. Perché non iniziare proprio dalla casa comune? I cambiamenti climatici segnalano la necessità di un cambiamento politico. Usciamo dalle strettoie dei particolarismi e dei nazionalismi, sono schemi del passato. Abbracciamo una visione alternativa, comune: essa permetterà una conversione ecologica, perché «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali» (Laudate Deum, 70). Assicuro in questo l’impegno e il sostegno della Chiesa cattolica, attiva in particolare nell’educazione e nel sensibilizzare alla partecipazione comune, così come nella promozione degli stili di vita, perché la responsabilità è di tutti e quella di ciascuno è fondamentale.
Sorelle e fratelli, è essenziale un cambio di passo che non sia una parziale modifica della rotta, ma un modo nuovo di procedere insieme. Se nella strada della lotta al cambiamento climatico, che si è aperta a Rio de Janeiro nel 1992, l’Accordo di Parigi ha segnato «un nuovo inizio» (ivi, 47), bisogna ora rilanciare il cammino. Occorre dare un segno di speranza concreto. Questa COP sia un punto di svolta: manifesti una volontà politica chiara e tangibile, che porti a una decisa accelerazione della transizione ecologica, attraverso forme che abbiano tre caratteristiche: siano «efficienti, vincolanti e facilmente monitorabili» (ivi, 59). E trovino realizzazione in quattro campi: l’efficienza energetica; le fonti rinnovabili; l’eliminazione dei combustibili fossili; l’educazione a stili di vita meno dipendenti da questi ultimi.
Per favore: andiamo avanti, non torniamo indietro. È noto che vari accordi e impegni assunti «hanno avuto un basso livello di attuazione perché non si sono stabiliti adeguati meccanismi di controllo, di verifica periodica e di sanzione delle inadempienze» (Laudato si’, 167). Qui si tratta di non rimandare più, di attuare, non solo di auspicare, il bene dei vostri figli, dei vostri cittadini, dei vostri Paesi, del nostro mondo. Siate voi gli artefici di una politica che dia risposte concrete e coese, dimostrando la nobiltà del ruolo che ricoprite, la dignità del servizio che svolgete. Perché a questo serve il potere, a servire. E a nulla giova conservare oggi un’autorità che domani sarà ricordata per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario (cfr ivi, 57). La storia ve ne sarà riconoscente. E anche le società nelle quali vivete, al cui interno vi è una nefasta divisione in “tifoserie”: tra catastrofisti e indifferenti, tra ambientalisti radicali e negazionisti climatici… È inutile entrare negli schieramenti; in questo caso, come nella causa della pace, ciò non porta ad alcun rimedio. È la buona politica il rimedio: se un esempio di concretezza e coesione verrà dal vertice, ne beneficerà la base, laddove tantissimi, specialmente giovani, già s’impegnano a promuovere la cura della casa comune.
Il 2024 segni la svolta. Vorrei che fosse d’auspicio un episodio avvenuto nel 1224. In quell’anno Francesco di Assisi compose il Cantico delle creature. Lo fece dopo una nottata trascorsa in preda al dolore fisico, ormai completamente cieco. Dopo quella notte di lotta, risollevato nell’animo da un’esperienza spirituale, volle lodare l’Altissimo per quelle creature che più non vedeva, ma che sentiva fratelli e sorelle, perché discendenti dallo stesso Padre e condivise con gli altri uomini e donne. Un ispirato senso di fraternità lo portò così a trasformare il dolore in lode e la fatica in impegno. Poco dopo aggiunse una strofa nella quale lodava Dio per coloro che perdonano, e lo fece per dirimere – con successo! – una scandalosa lite tra il Podestà del luogo e il Vescovo. Anch’io, che porto il nome di Francesco, con il tono accorato di una preghiera vorrei dirvi: lasciamo alle spalle le divisioni e uniamo le forze! E, con l’aiuto di Dio, usciamo dalla notte delle guerre e delle devastazioni ambientali per trasformare l’avvenire comune in un’alba di luce
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Eventi
Martedì 29 Aprile Cooperativa Arcobaleno ricorda Gaetano Capizzi

Martedì 29 Aprile Gaetano Capizzi sarà ricordato dalla Cooperativa Arcobaleno in occasione della Sesta Edizione del “Volto di Arcobaleno”, il riconoscimento che la cooperativa consegna a persone che hanno interpretato magistralmente i valori che ispirano la nostra missione a cavallo tra ambiente, economia e giustizia sociale.
L’incontro si svolgerà alle ore 17.00 presso la sede della cooperativa Arcobaleno in Via Paolo Veronese 202 e sarà condotto da Maurizio Pallante. La pergamena de “Il Volto di Arcobaleno”, illustrata da Andrea Bozzo, sarà consegnata alla moglie di Gaetano Capizzi, Claudia Manselli.
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Clima
Luca Mercalli ha pubblicato per Einaudi la Breve storia del clima in Italia

Luca Mercalli ha pubblicato per Einaudi il nuovo saggio “Breve storia del clima in Italia” con la prefazione del prof. Christian Rohr, docente di storia ambientale e climatica all’Università di Berna.. Luca Mercalli è il presidente della Società Metereologica Italiana SMI e un divulgatore scientifico conosciutissimo.
Un viaggio avvincente che comincia dalla fine dell’ultima glaciazione, passando poi dai fatti leggendari dell’antichità come il passaggio di Annibale sulle Alpi innevate e le piene del Tevere nella Roma imperiale , alle cronache dei diluvi altomedievali; dai primi strumenti meteorologici inventati nel cuore della Piccola Età Glaciale agli eventi che hanno segnato il Novecento: le valanghe sui soldati della Prima guerra mondiale, il gelo e i nevoni del 1929 di felliniana memoria, l’alluvione del Polesine del 1951 e quella di Firenze del 1966, fino agli ultimi freddi del 1985 prima dell’irrompere del riscaldamento globale alle soglie del XXI secolo, che sta cambiando profondamente l’ambiente della Penisola.
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Energia
Forum Energia in Piemonte 2025

“Gli impianti da fonti rinnovabili non sono un consumo di suolo, bensì un’opportunità di integrazione intelligente con agricoltura e territorio. È il momento di accelerare il passo, non di frenarlo. Il Piemonte ha l’opportunità di guidare la transizione energetica, generando benefici concreti per l’ambiente e per le persone, non perde questa occasione”. Questo il messaggio, in sintesi, che Legambiente Piemonte e Valle D’Aosta hanno lanciato il 16 aprile 2025 in occasione della V edizione piemontese del “Forum Energia – verso la transizione energetica” che hanno organizzato a Torino con il patrocinio di Città di Torino, Città Metropolitana di Torino, Consiglio Regionale del Piemonte, Regione Piemonte. Una iniziativa pensata come momento di incontro e confronto tra istituzioni, imprese, mondo dell’economia e della ricerca sull’efficienza e sostenibilità energetica, sulla produzione da fonti rinnovabili, sulla razionalizzazione del consumo e sull’ottimizzazione energetica domestica e condominiale.
Tre i grandi temi al centro del Forum Energia 2025 corredati da storie e numeri: dai grandi impianti a fonti rinnovabili per la transizione energetica del Piemonte, come ad esempio aziende che producono pannelli fotovoltaici all’impianto fotovoltaico nella Cava Toppetti a San Giorgio Canavese (TO) al più grande parco solare in provincia di Vercelli, che raccontano quanto si sta facendo sul territorio, al focus piemontese della campagna nazionale C’è Puzza di Gas 2025 di Legambiente che a fine marzo ha monitorato 9 impianti della filiera gas tra le aree di Torino, Domodossola e Novara per verificare se ci fossero dispersioni di metano attraverso l’utilizzo di una particolare tecnologia “il naso elettrico”; per arrivare al tema dell’efficientamento energetico affrontato nell’ambito del progetto #perunsaltodiclasse che promuove la decarbonizzazione degli edifici in Italia, con particolare attenzione alla direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive – Direttiva sul rendimento energetico dell’edilizia), all’entrata in vigore della Direttiva ETS2 e agli obiettivi di efficienza energetica e sostenibilità.
IMPIANTI A FONTI RINNOVABILI: Nel primo slot “I grandi impianti per la transizione energetica del Piemonte” sono intervenuti Eleonora Petrarca, Responsabile Business Development Italia di Enel Green Power presentando il progetto del parco solare più grande del Nord Italia, installato nella ex centrale nucleare di Trino Vercellese (VC); Andrea Agostinelli, Direttore commerciale di Omnia Solar, azienda piemontese produttrice di pannelli fotovoltaici; Roberta Malandrino, Head of Business Development Renewables di Altea Green Power A.G.P. S.p.A; Marco Malacarne, Co-Direttore Generale di CVA Eos che ha presentato l’impianto fotovoltaico nella Cava Toppetti a San Giorgio Canavese (TO). Esempi della direzione su cui sta andando il nostro Paese, nonostante le diverse opposizioni che ci sono verso questi grandi impianti, fondamentali non solo per contrastare l’emergenza climatica, ma anche per difendere paesaggi, biodiversità e ridurre i costi in bolletta.
DATI c’è PUZZA DI GAS: Il secondo slot tematico del Forum Energia è stato quello delle emissioni di metano in atmosfera. Il metano, un rischio per il clima e la salute. Il metano contribuisce significativamente al riscaldamento globale, questo infatti ha un potere climalterante, nei primi 20 anni, fino a 86 volte più forte della CO2. Non a caso l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) non solo valuta che a questo gas fossile è attribuibile oltre un terzo del riscaldamento globale, ma classifica la riduzione di metano fuggitiva come terzo strumento, dopo solare ed eolico, per efficacia e costi nel raggiungimento degli obiettivi climatici.
In questa sessione del Forum Energia, oltre all’intervento di Sara Cozzone (Segretariato Osservatorio Europeo della Società Civile sul Metano di EDF – Environmental Defence Fund), Esther Seeleman ha presentato i dati della campagna nazionale di Legambiente C’è Puzza di Gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso. Con la campagna, nata in collaborazione con l’Environmental Investigation Agency nell’ambito della Methane Matters Coalition, Legambiente vuole accendere i riflettori sulle dispersioni di metano dalle infrastrutture della filiera delle fonti fossili con particolare riguardo al gas naturale.
Dal 26 al 28 marzo la campagna è approdata in Piemonte effettuando il monitoraggio su 9 impianti della filiera gas tra le aree di Torino, Domodossola e Novara. Secondo i dati preliminari, dei 23 elementi differenti, 16 elementi (di cui 9 punti di perdite e 6 punti di venting) hanno messo in evidenza emissioni rilevanti. Legambiente ha monitorato la concentrazione i ppm*m (parti per milioni per metro) del metano presso componentistica come tubi, flange, bulloni, valvole e sfiati con l’impiego di uno strumento che rileva, attraverso la spettroscopia ad assorbimento, la concentrazione di metano nell’aria. In particolare, secondo i dati preliminari, nell’impianto REMI a Settimo Torinese, gestito da SNAM, dopo un primo sondaggio preliminare, che ha preso in esame 13 differenti componenti dell‘impianto, sono sei quelli su cui Legambiente ha concentrato il proprio lavoro e che presentavano emissioni più rilevanti. Di questi, il primo elemento, composto da 4 tubi di sfiato, hanno evidenziato valori da 102 a 21.980 ppm*m, pari ad una media di 1.438 ppm*m. Il secondo elemento, invece, composto da un insieme di valvole, hanno fatto registrare valori tra 100 a 1.422 ppm*m, con una media della concentrazione di metano pari a 273 ppm*m. Il terzo elemento, anche in questo caso composto da un insieme di tubi di sfiato ha messo in evidenza valori compresi tra 103 a 4.758 ppm*m, con una media pari a 451 ppm*m. Il quarto elemento, una flangia, ha invece fatto registrare una media di 401 ppm*m e valori compresi tra 100 a 1.265 ppm*m. Anche le flange del quinto e sesto elemento hanno fatto registrare valori importanti, rispettivamente tra 100 a 9.043 ppm*m, con una media della concentrazione di metano pari a 630 ppm*m e valori tra 100 a 2.909 ppm*m, e una media 541 ppm*m. Il secondo impianto visitato da Legambiente è stato l’impianto REMI nei pressi di Cebrosa, gestito da SNAM. In questo caso è stato uno l’elemento – valvola di chiusura – su cui Legambiente ha concentrato il proprio lavoro dove sono state rilevate emissioni presso una valvola con una media pari a 187 ppm*m, e un range di valori tra 101-469 ppm*m.
Altro impianto visitato è stato il REMI Moglia, di Italgas, collegato alla stazione di valvola della SNAM. Anche in questo caso il monitoraggio si è concentrato su unico elemento, ovvero un insieme di 5 tubi di sfiato, che secondo i dati preliminari, hanno fatto registrare valori tra 112 a 46.597 ppm*m e una media pari a 10.196 ppm*m per 5 tubi di sfiato. Presso il REMI di 2i Rete Gas a Masera invece, Legambiente ha trovato emissioni presso tre tubi di sfiato, con valori da 100 a 573 ppm*m e una media di 178 ppm*m. Mentre presso il REMI di Domodossola, gestito da SNAM, presso due flange sono state trovate concentrazioni di metano tra 100 a 234 ppm*m con una media di 128 ppm*m. Due, invece, gli elementi monitorati presso l’impianto REMI a Galliate, gestito da 2i Rete Gas. In particolare, parliamo di due venting che hanno messo in evidenza, rispettivamente, una media di 1.594 ppm*m con valori tra 101- 25.575 ppm*m e 284 ppm*m di media e un range tra 100- 816 ppm*m.
Infine, presso l’impianto REMI a Pernate, gestito da SNAM, oggetto di monitoraggio anche nel 2024 quando furono messi in evidenza 12 punti di emissioni di cui 10 perdite e 2 venting, i monitoraggi si sono concentrati su 4 di questi stessi elementi e anche in questa occasione hanno presentato dispersioni, segno che, o a distanza di un anno nulla è stato fatto in termini di manutenzione, nonostante le segnalazioni fatta pervenire al soggetto gestore, o che, in caso di controlli e manutenzioni effettuate un anno è un tempo troppo lungo per garantire la non emissività degli elementi. In particolare, il primo elemento è stato uno sfiato, che ha fatto registrare valori da 101 a 36.342 ppm*m e una media pari a 2.021 ppm*m. Il secondo elemento è stato, invece, su un gruppo di valvole che hanno fatto registrare valori tra 100 a 11.272 ppm*m, con una media di 2.610 ppm*m. Risultati non troppo differenti da questi li ha registrati anche un secondo tubo di sfiato, che ha fatto registrare valori tra 100 a 8.717 ppm*m con una media della concentrazione di metano pari a 1.462 ppm*m. E il quarto elemento, una seconda valvola di chiusura che ha evidenziato valori compresi tra 100 a 1.247 ppm*m e una media di 445 ppm*m.
La riduzione delle emissioni di metano, sottolinea Legambiente, è cruciale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, con benefici rapidi sul clima. Le dispersioni del gas metano lungo la rete di distribuzione non solo rappresentano un pericolo per il clima, ma sprecano risorse e generano ozono troposferico, che causa malattie respiratorie e mortalità prematura. Infatti, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), ridurre l’ozono potrebbe prevenire 70.000 morti premature all’anno nell’UE e salvaguardare le coltivazioni agricole, evitando danni per 2 miliardi di euro.
Efficientamento Energetico: Ultimo tema al centro del Forum Energia in Piemonte quello dell’efficientamento energetico con il progetto #perunsaltodiclasse che promuove la decarbonizzazione degli edifici in Italia, con particolare attenzione alla direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive – Direttiva sul rendimento energetico dell’edilizia), all’entrata in vigore della Direttiva ETS2 e agli obiettivi di efficienza energetica e sostenibilità.
L’iniziativa è sostenuta da Legambiente e Kyoto Club e mira a sensibilizzare l’opinione pubblica, coinvolgere stakeholder e promuovere politiche strutturali per la riqualificazione energetica degli edifici, con un focus specifico sull’elettrificazione dei consumi termici e sull’utilizzo di materiali innovativi e sostenibili, in grado si di ridurre il consumo di suolo, oltre alla riduzione delle bollette. Tra i temi trattati, il Fondo Sociale per Clima, presentato e approfondito da Giulia Colafrancesco, Senior Policy Advisor Governance and Just Transition di ECCO Think Tank. Con Riccardo Bani, Presidente di ARSE – Associazione Riscaldamento Senza Emissioni, con il quale si sono affrontati i temi legati agli obiettivi dell’Italia in tema di edilizia anche per mitigare gli impatti, economici e ambientali, del riscaldamento alimentato a fonti fossili, gli strumenti a disposizione, come il conto termico e le tecnologie già oggi disponibili. Temi di fondamentale importanza, visti gli obiettivi dettati dalla Direttiva EPBD e che il nostro Paese dovrà raggiungere entro il 2030, anche per mitigare gli effetti dell’entrata in vigore dell’ETS2 che se non affrontati in modo lungimirante rischiano di peggiorare la qualità di vita delle famiglie già in condizioni vulnerabili.
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