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Clima

Lettera aperta firmata da 100 scienziati italiani ai giornalisti: parlate di cambiamenti climatici non di maltempo

E’ stata diffusa una lettera aperta firmata da 100 scienziati italiani e indirizzata al mondo dell’informazione sulla crisi climatica e sulle sue possibili soluzioni.

Tra i sottoscrittori, il premio Nobel Giorgio Parisi il fisico del clima Antonello Pasini. l’ ex ministro Enrico Giovannini, il meteorologo Luca Mercalli, l’ingegnere ambientale Stefano Caserini, il filosofo Telmo Pievani …

Gli scienziati ricordano che

il mese di giugno 2023 è stato, a livello globale, il più caldo da quando si registrano le temperature. Non sappiamo ancora quanti morti provocheranno le ondate di calore di questa estate, ma sappiamo quanti ne ha provocati il caldo intenso di quella scorsa: più di 60 mila nella sola Europa, 18 mila nel nostro Paese, il più colpito. Ondate di calore, alluvioni, siccità prolungate e incendi sono solo alcuni dei segnali dell’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici nei nostri territori. Nonostante ciò, i media italiani parlano ancora troppo spesso di maltempo invece che di cambiamento climatico. Quando ne parlano, spesso omettono le cause e le relative soluzioni. È come se nella primavera del 2020 i telegiornali avessero parlato solo di ricoverati o morti per problemi respiratori senza parlare della loro causa, cioè del Coronavirus, o della soluzione, i vaccini.

Il testo completo della lettera

Giornalisti, parlate delle cause della crisi climatica, e delle sue soluzioni. Omettere queste informazioni condanna le persone al senso di impotenza, proprio nel momento storico in cui è ancora possibile costruire un futuro migliore.

È nostra responsabilità, come cittadini italiani e membri della comunità scientifica, avvertire chiaramente di ogni minaccia alla salute pubblica. Ed è dovere dei giornalisti difendere il diritto all’informazione e diffondere notizie scientifiche verificate.

Il mese di giugno 2023 è stato, a livello globale, il più caldo da quando si registrano le temperature. Non sappiamo ancora quanti morti provocheranno le ondate di calore di questa estate, ma sappiamo quanti ne ha provocati il caldo intenso di quella scorsa: più di 60 mila nella sola Europa, 18 mila nel nostro Paese, il più colpito. Ondate di calore, alluvioni, siccità prolungate e incendi sono solo alcuni dei segnali dell’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici nei nostri territori.

Tuttavia, i media italiani parlano ancora troppo spesso di “maltempo” invece che di cambiamento climatico. Quando ne parlano, spesso omettono le cause e le relative soluzioni. È come se nella primavera del 2020 i telegiornali avessero parlato solo di ricoverati o morti per problemi respiratori senza parlare della loro causa, cioè del virus SARS-CoV-2, o della soluzione, i vaccini.

Nel suo ultimo rapporto, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (IPCC) è chiarissimo su quali siano le cause principali del cambiamento climatico: le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili. Ed è altrettanto chiaro su quali siano le soluzioni prioritarie: la rapida eliminazione dell’uso di carbone, petrolio e gas, e la decarbonizzazione attraverso le energie rinnovabili. È questa la strategia giusta per fermare l’aumento delle temperature, ed è tecnologicamente ed economicamente attuabile già oggi. A questo devono aggiungersi politiche di adattamento per proteggere persone e territori da quegli effetti del cambiamento climatico divenuti ormai irreparabili.

Non parlare delle cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta e non spiegare le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per le nostre famiglie e le nostre comunità, specialmente quelle più svantaggiate. Per queste ragioni, invitiamo tutti i media italiani a spiegare chiaramente quali sono le cause della crisi climatica e le sue soluzioni, per dare a tutti e a tutte gli strumenti per comprendere profondamente i fenomeni in corso, sentirsi parte della soluzione e costruire una maggiore fiducia nel futuro.

Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti.

Firmatari:

  • Antonello Pasini – Primo ricercatore, Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR
    (CNR-IIA)
  • Giorgio Vacchiano – Professore associato in Gestione e pianificazione forestale, Università
    degli Studi di Milano, e Presidente Climate Media Center Italia
  • Giorgio Parisi – Prof. emerito in fisica teorica, Sapienza Università di Roma, Premio Nobel
    per la Fisica 2021
  • Cristina Facchini – CNR-ISAC, Presidente della Società Italiana per le Scienze del Clima
    (SISC)
  • Paolo G. Albano – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Tommaso Alberti – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma
  • Franco Andreone – Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
  • Nicola Armaroli – CNR-ISOF
  • Valentina Bacciu – CNR-IBE / Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC)
  • Rosario Balestrieri – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Carlo Barbante – CNR / Università Ca’ Foscari
  • Roberto Barbiero – APPA Provincia Autonoma di Trento / Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC)
  • Leonardo Becchetti – Università di Tor Vergata, Roma
  • Carlo Blasi – Università di Roma
  • Alessandra Bònoli – Alma mater studiorum Università di Bologna
  • Chris Bowler – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Federico Butera – Politecnico di Milano
  • Fausto Capelli – Collegio europeo / Università degli studi di Parma
  • Carlo Cacciamani – Agenzia ItaliaMeteo, Bologna
  • Sandro Carniel – CNR-ISP
  • Renato Casagrandi – Politecnico di Milano
  • Stefano Caserini – Politecnico di Milano
  • Claudio Cassardo – Università degli Studi di Torino
  • Daniele Cat Berro – Società Meteorologica Italiana
  • Carlo Cerrano – Università Politecnica delle Marche
  • Mauro Ceruti – Università IULM Milano
  • Alessandro Chiarucci – Alma mater studiorum Università di Bologna
  • Lorenzo Ciccarese – ISPRA
  • Erika Coppola – Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics, autrice IPCC
    WGI AR6
  • Roberto Danovaro – Università Politecnica delle Marche
  • Mauro Delogu – Alma mater studiorum Università di Bologna
  • Moreno Di Marco – Sapienza Università di Roma
  • Davide Faranda – Ecole Normale Supérieure di Parigi
  • Francesco Ferretti – Università degli Studi di Siena
  • Andrea Filpa – Università degli Studi Roma Tre
  • Francesco Forastiere – CNR-IRIB / Imperial College, Londra
  • Simonetta Fraschetti – Università degli studi di Napoli Federico II
  • Marco Frey – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
  • Sandro Fuzzi – CNR-ISAC, Lead Author IPCC AR6
  • Silvana Galassi – Università degli studi di Milano
  • Marino Gatto – Politecnico di Milano
  • Domenico Gaudioso – Greenhouse Gas Management Institute Italia
  • Piero Genovesi – ISPRA
  • Thalassia Giaccone – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Claudia Gili – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Filippo Giorgi – Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics di Trieste
  • Enrico Giovannini – Università di Roma Tor Vergata / Università LUISS Guido Carli
  • Elena Gissi – CNR-ISMAR
  • Donato A. Grasso – Università degli studi di Parma
  • Federico Grazzini – Istituto di meteorologia LMU München / ARPAE Emilia-Romagna
  • Fausto Guzzetti – CNR-IRPI
  • Valerio Lembo – CNR-ISAC
  • Stefania Leopardi – Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie
  • Simone Libralato – Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale OGS di
    Trieste
  • Anna Luise – ISPRA
  • Marco Marchetti – Università degli studi del Molise
  • Davide Marino – Università degli studi del Molise
  • Vittorio Marletto – ARPAE Emilia-Romagna e AIAM
  • Bruno Massa – Università degli studi di Palermo
  • Maurizio Maugeri – Università degli studi di Milano
  • Barbara Mazzolai – Istituto Italiano di Tecnologia di Genova
  • Luca Mercalli – Società Meteorologica Italiana
  • Paola Mercogliano – Fondazione CMCC / Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC)
  • Fiorenza Micheli – Stanford’s Center for Ocean Solutions
  • Franco Miglietta – CNR-IBE
  • Mario Motta – Politecnico di Milano
  • Rita Nogherotto – Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics / Istituto
  • Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale OGS di Trieste
  • Elisa Palazzi – Università degli Studi di Torino
  • Cinzia Perrino – CNR-IIA
  • Emanuela Pichelli, Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics
  • Telmo Pievani – Università degli studi di Padova
  • Flavio Pons – Laboratoire de Sciences du Climat et de l’Environnement (LSCE), Parigi
  • Carlo Alberto Pratesi – Università Roma Tre
  • Francesca Raffaele – Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics, Contributing Author IPCC WGI AR6
  • Marco Reale – Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale OGS di Trieste
  • Bernardino Romano – Università degli Studi dell’Aquila
  • Carlo Rondinini – Sapienza Università di Roma
  • Gianluca Ruggieri – Università degli Studi dell’Insubria
  • Roberto Salzano – CNR-IIA
  • Riccardo Santolini – Università degli Studi di Urbino
  • Valerio Sbordoni – Accademia Nazionale delle Scienze
  • Giuseppe Scarascia Mugnozza – Università degli Studi della Tuscia
  • Andrea Segrè – Alma mater studiorum Università di Bologna
  • Federico Spanna – Regione Piemonte / AIAM
  • Núria Teixidó – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Vito Telesca – Università degli Studi della Basilicata
  • Stefano Tibaldi – Fondazione CMCC
  • Silvia Torresan – Fondazione CMCC
  • Gianluca Treglia – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Umberto Triacca – Università degli Studi dell’’Aquila
  • Fabio Trincardi – Dip. Scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente del CNR
  • Sergio Ulgiati – Università Parthenope di Napoli
  • Riccardo Valentini – Università degli Studi della Tuscia
  • Francesca Ventura – Alma mater studiorum Università di Bologna / AIAM
  • Maria Cristina Vigo Majello – Stazione Zoologica Anton Dohrn
  • Paolo Vineis – Imperial College London

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Acqua

A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna

L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.

In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.

Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione​

La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.

Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.

D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.

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Clima

Il mese di giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale

Il mese di giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale, secondo il programma europeo per il clima Copernicus. (altro…)


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Clima

Lo stato del clima in Europa nel 2023, il secondo anno più caldo. In due anni i ghiacciai delle Alpi hanno perso un decimo del loro volume

Il Copernicus ECMWF Climate Change Service  e la World Meteorological Organization hanno pubblicato il rapporto sullo stato del clima europeo ESOTC nel 2023. I dati sono presentati nel sito con molte infografiche
e corredati da animazioni. E’ stato l’ennesimo anno in cui gli impatti del Cambiamento Climatico hanno colpito milioni di persone.

Dai numerosi indicatori utilizzati si scopre che  il 2023 è stato l’anno più caldo o il secondo più caldo mai registrato, a seconda del dataset. I tre anni più caldi mai registrati per l’Europa si sono verificati tutti dal 2020 e i dieci più caldi dal 2007.

Il rapporto sullo stato europeo del clima rivela che l’Europa ha vissuto un numero record di giorni con “stress termico estremo” nel 2023. Dal 1970, il caldo estremo è stato la principale causa di decessi connessi al clima e al clima in Europa, con un notevole aumento dal 2000.
Le precipitazioni sono state complessivamente sopra la media del 7% con il fondamentale contributo della forte piovosità nei Paesi intorno al Mare del Nord; record di caldo per i mari, con anomalie fino a +5,5 °C in luglio e agosto nel Mediterraneo e di estensione degli incendi forestali, ma anche di portata dei fiumi in dicembre, con diffuse inondazioni in Europa centrale; inoltre i ghiacciai delle Alpi hanno perso un decimo del loro volume in appena due estati nel 2022 e 2023
Il rapporto rivela che nel 2023, un terzo della rete fluviale europea ha visto i flussi fluviali superare la soglia “alta” delle inondazioni, e il 16% superare la soglia “grave” e che la temperatura media della superficie del mare per l’oceano europeo è stata la più calda mai registrata. Parti del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico nordorientale hanno visto la loro media annuale più calda mai registrata.

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