Massa Critica
L’importanza di misurare la sostenibilità in azienda
Circolarità e sostenibilità sono due parole chiave alla base dell’economia circolare. Si può dire che non c’è una senza l’altra. Tuttavia, per fare in modo che la sostenibilità si concretizzi, occorre misurarla con gli strumenti opportuni. Su questo argomento, in occasione dell’ultima edizione di Ecomondo, si è svolto un workshop dal titolo “L’importanza di misurare la sostenibilità in azienda”.
Ad introdurre l’evento è stata Elisabetta Boncio, Responsabile Innovazione e Trasferimento Tecnologico di Sviluppumbria: «La misurazione della sostenibilità è un po’ come, usando una similitudine sportiva, se fossimo in un allenamento e per competere in una gara sportiva dobbiamo iniziare da un buon allenatore. Occorre capire qual è il livello di partenza e che tipo di prestazioni riusciamo a fare in questo momento. Ma dobbiamo capire anche come allenarci meglio e come andare a risolvere le criticità per migliorare la nostra performance».
Standard e misurazione dell’economia circolare
Laura Cutaia (responsabile Laboratorio Valorizzazione delle Risorse, Dip. Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali – ENEA) ha fornito una serie di spunti su sostenibilità e circolarità: «All’interno di ENEA – ha spiegato – ci occupiamo di strumenti per la misurazione della sostenibilità che si basano sull’approccio Life Cycle Thinking, cioè sulla analisi del ciclo di vita di prodotto/servizio/processo/organizzazione. Tale approccio è fondamentale per avere il quadro completo degli impatti prodotti lungo tutto il ciclo di vita ottenendo quindi le informazioni necessarie, ad es., a ridurre gli impatti nel loro complesso e non spostandoli da una fase del ciclo di vita ad un’altra».
«Gli strumenti di certificazione e le etichette ambientali ufficialmente riconosciute, ad es. a livello UE, basate sul LCT e sulla LCA (Valutazione del ciclo di vita) costituiscono inoltre un riferimento affidabile, che è in grado di evitare fenomeni del cosiddetto “greenwashing”, ossia autodichiarazioni circa prestazioni di sostenibilità non verificate».
E così come la sostenibiltà, anche la circolarità ha bisogno di essere misurata con strumenti adeguati, anche certificabili. «Questo tema si è aperto soprattutto da quando la Commissione europea ha promosso il Piano d’Azione per l’Economia circolare. A fronte di policy sull’economia circolare dobbiamo porci il problema di misurarla. Su questo terreno si è mossa l’ISO, che con il Technical Committe 32, si sta occupando di realizzare un set di rnome armonizzate sulla Economia Circolare, tra cui anche la sua misurazione oltre che, ad esempio, termini e definizioni. Parallelamente a livello nazionale, l’UNI con il Comitato tecnico 057 sta collaborando ai lavori dell’ISO ed ha realizzato la prima norma sulla misurazione della circolarità, la UNI/TS 11820:2022, che fornisce un metodo per la misurazione della circolarità di un’organizzazione» ha sottolineato Cutaia.
Analisi LCA, lo strumento base per la misura della sostenibilità
«La sostenibilità è misurabile e ci sono tutti gli apparati normativi per poter eseguire le misurazioni» ha ribadito Andrea Terenzi (Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Università degli Studi di Perugia). «Queste misurazioni possono essere utilizzate per migliorare le performance di un prodotto o di un’organizzazione. Se non si misura e non si danno dati che seguono determinati strumenti e tecniche scientificamente valide, la sostenibilità non è tale e ricade nel fenomeno del greenwashing».
Nel suo intervento Terenzi ha presentato due esempi. «Qualche anno fa c’è stata la tendenza a presentare la fibra naturale come l’elemento che poteva essere la soluzione per migliorare dal punto di vista ambientale i compositi. Ci siamo chiesti se queste fibre fossero così vantaggiose e ci siamo resi conto che se le fibre naturali non venivano trattate (anche con trattamenti chimici abbastanza aggressivi) non si formava un composito con prestazioni adeguate. Per ottenere le prestazioni richieste occorreva quindi trattare le fibre e modificare le caratteristiche del compositi. Questo lo abbiamo capito andando ad analizzare l’intero ciclo di vita. Concentrarsi sulla fibra naturale portava a una soluzione solo apparentemente migliore rispetto ad un’altra».
Il secondo esempio ha riguardato un approccio di filiera. Questo metodo, di tipo “additivo”, è stato applicato nell’ambito della filiera del packaging compostabile, in un progetto che coinvolgeva l’azienda Polycart. «In questo caso – ha spiegato Terenzi – abbiamo dovuto interlocuire al di fuori dell’azienda per avere dei dati, come nel caso della materia prima che veniva prodotta da Novamont. Invece di scambiare i dati tra le aziende (procedura che porta con sé una serie di criticità, come ad esempio la confidenzialità dei dati) abbiamo chiesto a Novamont di fornire un certo valore del loro prodotto (es. CO2eq). Polycart si è poi concentrata su quello che accade nelle sue fasi di trasformazione, passando poi un altro valore nella fase successiva che sta a valle della filiera. Se successivamente il cliente vorrà proseguire, potrà aggiungere il suo “mattoncino” prima di arrivare sul mercato».
Progettare e gestire la sostenibilità del business aziendale attraverso la metodologia ViVACE
Qual è il sistema di gestione che un’azienda può mettersi in casa per prendere decisioni consapevoli giorno per giorno? A questa domanda ha provato a rispondere Augusto Bianchini (Dipartimento di Ingegneria Industriale – Università di Bologna). «L’intenzione di essere sostenibili non ci rende necessariamente sostenibili. Possiamo prendere l’esempio emblematico tra la scelta del bicchiere di carta e il bicchiere di plastica. In base all’immaginario collettivo siamo portati a scegliere un bicchiere di carta quando in realtà per produrre un bicchiere di plastica usiamo meno acqua e meno energia. Occorre quindi misurare la sostenibilità e come si misura? Oggi siamo in un territorio non controllato: le certificazioni a livello privato sono innumerevoli e sono sostanzialmente delle autocertificazioni. Stesso discorso per quanto riguarda i Bilanci di sostenibilità: sono documenti non obbligatori che non sono soggetti a controlli e verifiche. In questo quadro poi abbondano gli indicatori e ogni azienda sceglie arbitrariamente quelli che ritiene opportuni».
Bisogna ripartire dai dati di base. «Le aziende hanno a disposizioni questi parametri, basta saperli gestire». Bianchini ha quindi illustrato il sistema di misurazione “ViVACE”: «L’opera che abbiamo fatto è stata quella di semplificare. Deve essere un sistema gestionale per l’azienda e non un qualcosa da comunicare all’esterno (per dire io sono più bravo di qualcun’altro). Il sistema mi deve permettere di fare delle scelte consapevoli su quattro aree: acqua, energia, rifiuti e trasporti. Prendo i miei dati e aggiungo degli indicatori: prendo i Big Data e ottengo delle informazioni con cui si prendono decisioni su indicatori strategici, tattici e operativi. Il software VIVACE restituisce una dashboard che permette di avere in tempo reale quello che succede su acqua, energia, rifiuti e trasporti. Queste unità di misura sono poi convertite in CO2 equivalente e ottengo la mia prima mappa con un punteggio di sostenibilità. Lo comunico all’esterno? No, non è quello l’obiettivo. È un controllo di gestione: devo decidere oggi per il futuro. Il modello è stato sperimentato in diversi contesti industriali e anche in 12 aziende del medesimo territorio. Queste realtà messe insieme permettono così di avere una dashboard del territorio stesso. Lo stesso è possibile fare per ottenere una dashboard di gruppo a livello aziendale».
La rendicontazione non finanziaria e la qualificazione della sostenibilità dei prodotti a base biologica
«Ogni anno nel mondo vengono estratte 100 miliardi di tonnellate di risorse. Solo l’8% di queste viene rimpiegato. Siamo distanti da quello che è il concetto di economia circolare» ha sottolineato Francesco Razza (Responsabile della Sostenibilità di Gruppo – Novamont). «La vera sfida è quella di disaccoppiare il consumo di risorse dalla crescita economica e dal benessere per tutti. Il concetto è semplice ma la sfida è molto grande. I sistemi di misurazione rappresentano quindi quegli strumenti quantitativi che sono fondamentali per definire dove siamo e dov’è necessario andare. Il dibattito sulla sostenibilità ha raggiunto in questi ultimi anni una dimensione di estremo rilievo e importanza. La gestione proattiva delle tematiche ESG (Environmental, Social e Governance, NdA) da parte delle aziende assumerà sempre più una valenza centrale/strategica. La rendicontazione non finanziaria e la qualificazione ambientale dei prodotti sono strumenti chiave per accelerare il processo di transizione verso modelli economici più sostenibili».
Razza ha quindi presentato l’esperienza del gruppo Novamont, società benefit certificata B Corp, leader a livello mondiale nel settore delle bioplastiche, nella produzione e sviluppo di bioplastiche e intermedi bio-based. «Novamont dal 2008 pubblica un bilancio di sostenibilità mentre dal 2019 ha scelto di adempiere ai requisiti del D.lgs. 254/16 redigendo e pubblicando nel 2022 la terza Dichiarazione volontaria consolidata di carattere non finanziario (DNF)».
Altro strumento implementato da Novamont è la Relazione d’impatto. «Le società benefit integrano nel proprio oggetto sociale l’obiettivo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera (finalità di beneficio comune). Novamont ha individuato cinque finalità di beneficio comune (prodotti e processi, salute, suolo, circolarità e partnership per obiettivi comuni). La relazione d’impatto – ha spiegato Razza – è lo strumento dove riportiamo il monitoraggio dei nostri progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di beneficio comune, le attività svolte, i piani e gli impegni per il futuro».
A livello di comunicazione di prodotto, invece, Novamont ha sviluppato dei sistemi basati su due livelli. «Sul piano B2B abbiamo definito un Environmental Datasheet, basato sulla norma europea EN 16848. Tale documento contiene una serie di informazioni che qualificano il profilo ambientale del prodotto come ad esempio il contenuto di rinnovabile, il dato di carbon footprint (determinato in accordo con lo standard internazionale ISO 14067), le certificazioni di biodegradazione e compostabilità del materiale, la qualificazione ESG dei fornitori ecc. L’Environmental datasheet accompagna il prodotto venduto da Novamont. A livello B2C abbiamo adottato la multiethetta eLabel! promossa dal Kyoto Club: è configurata in modo da mostrare i criteri ambientali e sociali presi in considerazione ed i relativi valori (quantitativi o qualitativi) del prodotto specifico a cui è assegnata, ed è pertanto definibile come “etichetta di tipo I parlante”. Questa etichetta, infatti, ha l’obiettivo di abilitare il consumatore al confronto tra prodotto e servizi simili che possiedono l’etichetta e di valutarne le performance ambientali in modo autonomo e immediato».
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IdroGEO la piattaforma web di Ispra che presenta le mappe nazionali di pericolosità per frane e alluvioni e degli indicatori di rischio
La piattaforma IdroGEO consente la consultazione, il download e la condivisione di dati, mappe, report, documenti dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia – IFFI, delle mappe nazionali di pericolosità per frane e alluvioni e degli indicatori di rischio.
IdroGEO è una piattaforma web, sviluppata da ISPRA, di tipo collaborativo, open data, open source e multilingua che consente di visualizzare, interrogare, scaricare e condividere mappe e dati dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, delle Mosaicature nazionali di pericolosità per frane e alluvioni e degli indicatori di rischio idrogeologico.
IdroGEO è uno strumento a supporto alle politiche di mitigazione del rischio, alla pianificazione territoriale, alla programmazione degli interventi di difesa del suolo e alla progettazione preliminare delle reti infrastrutturali.
La piattaforma ha inoltre l’obiettivo di aumentare la resilienza delle comunità, favorendo una maggiore consapevolezza dei cittadini sui rischi che interessano il proprio territorio. La funzionalità “Segnala la frana” consente alle Amministrazioni locali e ai professionisti di segnalare nuove frane facilmente, anche tramite smartphone, aggiornando così l’inventario nazionale dei fenomeni franosi gestito da ISPRA e dalla Regione.
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