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Creatività

Guadagnare su Telegram

creator madness

C:/>01 Telegram sta offrendo a fornitori di contenuti e servizi un’interessante possibilità di reddito.

Inutile stare a discuterne tanto: è pressoché impossibile per creatori di contenuti che non
si siano resi famosi per vie traverse guadagnare dai propri sforzi abbastanza per condurre
una vita dignitosa.
Una speranza può, tuttavia, provenire da Telegram che, per chi non lo sapesse, non è una
semplice app di messaggistica, ma piuttosto un’internet nell’internet, per qualcuno
malignamente una specie di dark web, ma verosimilmente un “gray web”, luci ed ombre
che creano a volte imbarazzo fra gli stessi gestori, combattuti fra una giusta censura, da
un lato, e il diritto alla libertà di parola e di contenuti, dall’altro. Un dilemma che
probabilmente condivideranno con il nuovo corso di Twitter sotto Elon Musk.

Chi in questi giorni ha avuto modo di vedere la serie televisiva The Playlist su Netflix può essersi fatto un’idea della problematica di questo tipo di imprese. E se il cruccio dei ghost writer e dei creatori di contenuti in genere è serio, anche quello della sostenibilità di un mastodonte come quello che è diventato Telegram non è da poco. Alcuni mesi fa Durov & c. hanno cominciato a percorrere la strada dell’abbonamento premium senza però grandi successi nonostante il prezzo contenuto e questo probabilmente perché, oltre al sostegno e all’appartenenza, non hanno saputo offrire dei vantaggi esclusivi.

Sappiamo che Telegram ha delle funzioni sconosciute ai più, come un editor simil-Medium che si chiama Telegra.ph, le video-audio conferenze che possono tradursi in webinar, la possibilità di creare canali di podcasting e altro ancora.

Finora tutti questi spazi non hanno mai offerto possibilità di guadagno da parte dei creatori, mentre basterebbe che per accedere al contenuto o all’evento si dovesse pagare “il biglietto”. Questo è quanto sta introducendo in questi giorni l’azienda Telegram (in evidente competizione-conflitto con le regole del clan Apple-Google sugli acquisti in-app — non per tutti tale, come ad esempio Spotify o Netflix).

La vendita in Telegram

Come avviene la vendita di contenuti in Telegram

“Pagare per vedere” potrebbe essere chiamata la formula. E qui è evidente l’alternativa a piattaforme come Medium.com che offrono lo stesso ma per abbonamento (con scarsissimi o nulli vantaggi per i creatori spesso poco favoriti nei confronti delle preferenze del clan a stelle e strisce di Ev Williams, oppure penalizzati dallo scarso appeal gossipparo dei pezzi). Ricordiamo anche l’altro approccio, quello di Patreon che ha scelto la strada del donationware, riuscendo solo a svelare la scarsa disponibilità dei navigatori a “donare” per degli articoli. C’è poi da considerare l’appiattimento intellettuale favorito dal mordi e fuggi superficiale dei googlatori da smartphone — popolazione in rapido incremento, che spesso ignora del tutto fonte, creatore e più che mai i pagamenti che non siano a funzioni o fornitori di moda.

Infine un’altro ambiente di competizione è quello delle piattaforme da conferenze e webinar, oppure quelle di podcasting, i venditori di e-book o di audiolibri, e così via.

Per Telegram questa scelta potrebbe fare da driver per la diffusione della piattaforma, oltre ai proventi che potrebbero derivare dalla partecipazione agli introiti, mentre per i fornitori di contenuti potrebbe essere una boccata di ossigeno in un mondo in cui alla fine, piuttosto che compilare dichiarazioni dei redditi a Stripe per intascare alcuni centesimi all’anno, si trova preferibile fornirli gratis i pezzi contando almeno su una certa fama in più.

Vedremo come proseguirà l’esperimento. Un dubbio ci assale: al momento il sistema prevede un rimborso sul singolo post che verrà caricato sulla carta di credito, in una modalità simile a quella del fee per articolo di alcuni giornali on line che però sembra essere molto meno produttiva che non le offerte in abbonamento. Occorrerebbe, insomma, che da Dubai, dove Telegram ha al momento la sede operativa, pensassero anche ad una formula di abbonamento al canale, cosa che favorirebbe l’affiliazione e una gestione più razionale del servizio e degli acquisti e renderebbe il creatore autore, redattore ed editore senza altre intermediazioni — basta saperlo fare.

Di certo ci vorrà del tempo, ma sembra essere un buon passo in un mondo dove tutti cercano di essere generosi con gli sforzi degli altri [la frase originale viene censurata dall’autore stesso perché prevede la citazione degli sfinteri che darebbe luogo a polemiche discriminatorie indesiderate 😉 ]


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Creatività

Come l’autorevolezza del brand può aiutare ad aumentare il fatturato delle aziende

Nel panorama competitivo odierno, dove i consumatori sono costantemente bombardati da messaggi pubblicitari e offerte, distinguersi dalla massa è diventato più che mai fondamentale. In questo contesto, l’autorevolezza del brand si rivela un asset strategico per le aziende che mirano non solo a consolidare la propria reputazione, ma anche ad aumentare il fatturato. Ma cosa si intende esattamente per “autorevolezza del brand” e come può tradursi in un vantaggio economico concreto?

Autorevolezza del brand: cos’è e perché conta

L’autorevolezza di un brand va oltre la semplice notorietà. Un marchio autorevole è riconosciuto come affidabile, competente e credibile nel proprio settore. È un brand che non solo vende prodotti o servizi, ma che incarna valori, risolve problemi e costruisce relazioni solide con i propri clienti. Questa autorevolezza si costruisce nel tempo attraverso una comunicazione coerente, un’esperienza cliente di qualità e un impegno costante nel mantenere le promesse fatte.
Quando un’azienda riesce a posizionarsi come un punto di riferimento nel suo mercato, i benefici sono tangibili: i clienti sono più propensi a scegliere i suoi prodotti, a pagare un premium price e a rimanere fedeli nel tempo. In altre parole, l’autorevolezza del brand genera fiducia, e la fiducia si traduce in vendite.

Dall’autorevolezza al fatturato: il meccanismo virtuoso

1. Fidelizzazione dei clienti: Un brand autorevole crea un legame emotivo con i propri clienti. Le persone tendono a preferire marchi che percepiscono come affidabili e che condividono i loro valori. Questo si traduce in un tasso di fidelizzazione più alto, riducendo i costi di acquisizione dei clienti e aumentando il valore del ciclo di vita del cliente.
2. Premium pricing: Quando un brand è percepito come leader nel suo settore, i clienti sono disposti a pagare di più per i suoi prodotti o servizi. Pensiamo a marchi come Apple o Tesla: la loro autorevolezza permette loro di applicare prezzi superiori rispetto ai concorrenti, senza perdere appeal.
3. Espansione del mercato: Un brand autorevole può più facilmente lanciare nuovi prodotti o entrare in nuovi mercati. I clienti, infatti, sono più propensi a provare novità da un marchio di cui si fidano, riducendo il rischio percepito e accelerando l’adozione.
4. Partnership e collaborazioni: Le aziende con un brand forte attirano più facilmente partnership strategiche e collaborazioni di alto profilo, che possono aprire nuove opportunità di business e aumentare il fatturato.
5. Resilienza alle crisi: In momenti di difficoltà o di crisi del mercato, i brand autorevoli sono quelli che resistono meglio. La fiducia accumulata nel tempo funziona come un “paracadute”, proteggendo l’azienda da flessioni significative delle vendite.

Come costruire l’autorevolezza del brand

Costruire l’autorevolezza di un brand non è un processo immediato, ma richiede una strategia chiara e un impegno costante. Ecco alcuni passaggi chiave:
Definire una mission e valori chiari: Il brand deve comunicare in modo trasparente ciò in cui crede e ciò che lo distingue dalla concorrenza.
Investire nella qualità: Prodotti e servizi devono essere all’altezza delle aspettative, se non superiori. La qualità è la base della fiducia.
Comunicare in modo coerente: Ogni touchpoint con il cliente deve riflettere i valori del brand, dal sito web ai social media, dal packaging al servizio clienti. Per i rapporti con le testate giornalistiche potrebbe essere utile affidarsi ad un’agenzia specializzata in Digital pr come TiLinko.
Creare contenuti di valore: Condividere conoscenze e insights attraverso blog, webinar o white paper posiziona il brand come un esperto nel suo settore.
Ascoltare i clienti: L’autorevolezza si costruisce anche ascoltando e rispondendo ai bisogni dei clienti, dimostrando di metterli al centro della propria strategia.

In un’epoca in cui la scelta dei consumatori è sempre più influenzata da fattori emotivi e reputazionali, l’autorevolezza del brand rappresenta un vero e proprio moltiplicatore di valore. Non si tratta solo di vendere, ma di costruire un rapporto duraturo con i clienti, che si traduce in un aumento del fatturato e in una crescita sostenibile nel tempo. Per le aziende che investono nella costruzione di un brand forte e affidabile, il ritorno sull’investimento non è solo economico, ma anche strategico: è la garanzia di un futuro solido in un mercato in continua evoluzione.


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Creatività

Prorogata al 16 luglio 2023 la scadenza del bando per giovani creativi Faber

La scadenza del bando per giovani creativi Faber è stata prorogata al 16 luglio 2023.

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Creatività

Università di Torino presenta Spoke 2 per Nodes, Green technologies e industria sostenibile

Domani, giovedì 13 aprile alle ore 17, nell’Auditorium Aldo Moro (via Verdi angolo Via S. Ottavio, Torino), l’Università di Torino presenterà le opportunità e i temi dello Spoke 2 “Green technologies e industria sostenibile” del progetto “NODES-Nord Ovest Digitale e Sostenibile”, selezionato dal Ministero dell’Università nell’ambito degli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). (altro…)


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