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Ambiente

Campagna Mosaico Verde: superato l’obiettivo di mettere a dimora in Italia 300.000 alberi per dare ossigeno ai territori e contrastare i cambiamenti climatici

Creare nuove aree verdi, ripristinare gli ecosistemi a rischio, restituire alla collettività parchi e boschi riqualificati: questi sono solo alcuni degli obiettivi perseguiti attraverso Mosaico Verde, la campagna nazionale per la forestazione di aree urbane ed extraurbane e la tutela dei boschi esistenti – promossa da AzzeroCO2 e Legambiente – grazie alla quale sono stati messi a dimora oltre 311.000 alberi in Italia, per i quali si stima l’assorbimento di oltre 217.000 tonnellate di CO2*.

I dati sono stati presentati nel corso dell’evento “Nuovi boschi urbani e tutela delle foreste: la ricetta di Mosaico Verde per rendere più verde l’Italia” tenutosi a Roma il 9 giugno, durante il quale AzzeroCO2 ha illustrato i risultati raggiunti tra il 2018 e il 2022 grazie al lavoro sinergico tra pubblico e privato: 286 gli ettari riqualificati in 130 aree gestite da Comuni e Enti Parco di 16 regioni italiane.

Gli interventi realizzati – da nord a sud d’Italia – hanno l’obiettivo di rispondere alle esigenze specifiche dei territori: sono perciò progettati ad hoc e includono, nella prima fase di attecchimento delle piante, sempre un piano di manutenzione integrativo rispetto a quello programmato dagli Enti che gestiscono le aree.

In generale, nelle aree urbane si privilegia la creazione di boschetti antismog, di barriere fonoassorbenti per mitigare il rumore causato dal traffico veicolare, l’aumento delle zone d’ombra per consentirne la fruizione da parte dei residenti e il miglioramento dell’aspetto paesaggistico attraverso l’utilizzo di specie arbustive con fioriture gradevoli.

Nelle aree periferiche e nelle zone parco si va solitamente a progettare interventi dall’aspetto naturaliforme, per aumentare o ricostituire la copertura arborea e ridurre l’effetto isola di calore nelle stagioni più calde, ripristinare la biodiversità attraverso l’impiego di specie autoctone, privilegiando quelle che forniscono cibo e riparo all’avifauna e rimuovendo quelle straniere e infestanti che spesso sono state impiegate in passato perché di facile attecchimento. La cosa più importante è che ogni intervento è un progetto a sé stante e risponde a specifiche necessità, ma soprattutto è immaginato per crescere nel tempo e raggiungere la maturità necessaria per sopravvivere in autonomia.

Lo sanno bene le aziende, ad oggi 36, che hanno scelto di integrare Mosaico Verde nelle loro strategie di Responsabilità Sociale d’Impresa, e che hanno scelto di restituire al territorio in cui operano o in cui risiedono i loro stakeholder un po’ del valore generato delle proprie attività.

Durante l’evento alcune di queste sono intervenute per raccontare i progetti realizzati nell’ultimo anno e come l’inserimento di Mosaico Verde nei loro piani strategici abbia contribuito a promuovere una reale cultura della sostenibilità a tutti i livelli e verso tutti gli stakeholder.

127 i Comuni e gli Enti parco che hanno aderito e oltre 30 quelli in corso di adesione: nella maggior parte dei casi si tratta di realtà pubbliche che, non avendo risorse sufficienti per incrementare le aree verdi o gestire in modo sostenibile quelle esistenti, le hanno rese disponibili all’interno della campagna, dando loro una seconda opportunità.

“Il coinvolgimento di numerosi enti pubblici ed aziende che hanno creduto nella Campagna Mosaico Verde e hanno fatto propria la nostra mission di restituire valore ai territori attraverso interventi di forestazione e tutela del patrimonio boschivo, ci ha permesso di raggiungere questi ottimi risultati – ha dichiarato Sandro Scollato Amministratore delegato di AzzeroCO2 – Per noi si tratta di un punto di partenza e non di arrivo che ci sprona a fare ancora di più nei territori nei quali c’è bisogno di azioni puntuali al fine di tutelare il patrimonio naturale e migliorare il benessere delle comunità locali. Per noi Mosaico Verde è diventato un vero e proprio incubatore di biodiversità: ce lo confermano i numerosi interventi in cui sono presenti diverse specie di alberi e arbusti, in cui privilegiamo l’introduzione di piante mellifere che attirano gli impollinatori, o specie pioniere che attecchiscono nelle condizioni più difficili e creano le condizioni ideali affinché tutte le altre piante e gli animali possano crescere e riprodursi”.

Come recentemente sottolineato dalla FAO nel report “Lo stato delle foreste nel Mondo 2022” l’arresto della deforestazione e il mantenimento del patrimonio forestale, permetterebbero da soli di evitare circa 3,6 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica equivalente ogni anno da qui al 2050, mentre il ripristino di 1,5 miliardi di ettari di terreni degradati e l’aumento della copertura arborea eviterebbero di rilasciare in atmosfera circa 1,5 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 all’anno.

I dati del rapporto, ancora una volta, rendono evidente quanto sia importante il lavoro portato avanti dalla Campagna Mosaico Verde che non si limita a piantare alberi, – primo passo per ridare ossigeno ai territori e contrastare la crisi climatica – ma realizza interventi di gestione forestale responsabile e sostenibile per far sì che i boschi possano continuare a generare quei servizi ecosistemici ormai riconosciuti come fondamentali per l’equilibrio della natura e di tutti gli esseri viventi.

“I numeri e i risultati raggiunti dalla campagna Mosaico Verde, in questi primi quattro anni di attività, parlano chiaro: ci dicono che stiamo andando nella direzione giusta e che l’asse tra associazioni, enti pubblici e privati funziona bene – ha commentato Antonio Nicoletti, responsabile Aree Protette e Biodiversità di Legambiente – Piantare alberi, tenendo sempre conto delle esigenze dei diversi territori, dei contesti e della biodiversità locale, per rendere migliori le nostre città, è un’azione semplice, poco costosa e alla portata di tutti ma che gioca un grande ruolo nella lotta globale al cambiamento climatico. È quello che sino ad oggi abbiamo fatto, in collaborazione con AzzeroCO2, con la campagna Mosaico Verde e che portiamo avanti ora anche con il progetto Life Terra, cofinanziato dalla Commissione Europea attraverso il programma LIFE, di cui Legambiente è l’unico partner italiano. Life Terra coinvolge 15 organizzazioni in 8 diversi paesi europei ed ha l’ambizioso obiettivo di piantare 500 milioni di alberi in tutta Europa entro la fine del 2025, di cui più di 9 milioni in Italia. La missione è migliorare la qualità del capitale naturale del nostro Paese, aumentando la biodiversità e gli spazi verdi per rendere più belle e più resilienti le nostre città, il tutto coinvolgendo tantissimi cittadini insieme a enti pubblici e privati e con il supporto della campagna Mosaico Verde”.

Tra i progetti sviluppati nell’ultimo anno volti alla tutela e alla riqualificazione di aree in condizioni di fragilità, particolarmente significative sono state le iniziative realizzate nel Parco Nazionale del Vesuvio, che hanno consentito l’installazione di Bee House per gli insetti impollinatori e di telecamere per il monitoraggio delle specie animali, le attività di messa in sicurezza e di ripristino del percorso ciclo – pedonale realizzate a Roma in un’area di Villa Ada-Monte Antenne e gli interventi di ingegneria naturalistica sul Colle del Gianicolo. Si tratta in tutti i casi di iniziative che coniugano due azioni strategiche promosse dalla campagna: il ripristino degli ecosistemi e la messa in sicurezza dei territori.

Dissesto idrogeologico, consumo di suolo, incendi boschivi, perdita di biodiversità, sono alcuni dei nemici da combattere e AzzeroCO2, attraverso la campagna Mosaico Verde, lo fa piantando alberi e recuperando e gestendo in maniera sostenibile le aree boschive esistenti, in collaborazione con i gestori delle aree e le ditte specializzate. Una risposta concreta per ridare nuova linfa vitale al patrimonio naturale del Paese, attraverso la creazione di luoghi di condivisione e di ristoro, dove è possibile socializzare, fare passeggiate, vivere nuove esperienze a contatto con la natura e crescere consapevoli dell’immensa ricchezza di cui disponiamo: gli alberi.

*Il calcolo è realizzato tenendo conto del ciclo di vita medio degli alberi


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Ambiente

Dossier Nevediversa 2025 di Legambiente: 265 gli impianti dismessiin Italia. Milano Cortina 2026 la sostenibilità è un obiettivo lontano

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Bisogna ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile replicando le buone pratiche di turismo dolce.

Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.

 

Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.

Sono 112 le strutture temporaneamente chiuse, mentre sono 128 quelle un “po’ aperte, un po’ chiuse”. Salgono a 218 gli impianti sottoposti ad “accanimenti terapeutici”, distribuiti in 36 comprensori, e più che raddoppiati rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 103. Il numero più alto in Lombardia (59), Abruzzo (47), Emilia-Romagna (34). Resta invariato, invece, il numero degli impianti smantellati e riusati, rispetto all’anno precedente, attestandosi a 31; salgano a 80 gli edifici fatiscenti censiti e sono 15 le storie di brutti progetti segnalati nel report. Il dossier di Legambiente allarga poi lo sguardo anche sulle Alpi francesi e svizzere attraverso l’analisi dei dati di Mountain Wilderness Francia. Ad aprile 2024 sono stati censiti 101 impianti abbandonati in 56 siti distribuiti sulle catene montuose francesi, mentre in Svizzera risultano dismessi da anni oltre 55 skilift e funivie. Segno che il turismo invernale è in crisi anche oltralpe.

A pesare sulla fotografia scattata da Nevediversa 2025 è la crisi climatica che impone un ripensamento del rapporto con la montagna, in quota e a valle. Per Legambiente servono in primis più azioni di mitigazione e adattamento e più finanziamenti per il turismo dolce, accompagnati da una migliore gestione del territorio replicando le buone pratiche. Le previsioni per i prossimi anni indicano inverni significativamente più caldi rispetto a oggi, con un conseguente calo delle nevicate. I dati della Fondazione CIMA illustrano chiaramente il grave deficit nevoso registrato al 13 febbraio 2025 rispetto alle medie storiche. Sulle Alpi nella fascia tra i 1000 e i 2000 metri, la riduzione dell’innevamento è del 71% e addirittura del 94% sugli Appennini. A quote più elevate, tra i 2000 ei 3000 metri, il deficit si attesta al 43% sulle Alpi e al 78% sugli Appennini, evidenziando una situazione critica soprattutto lungo la dorsale appenninica. Dati che evidenziano le difficoltà a cui vanno incontro gli impianti sciistici che, a causa della crisi climatica, hanno prospettive di sviluppo sempre più incerte. Sul sito del Ministero del Turismo, dall’inizio del governo Meloni, sono stati pubblicati avvisi riguardanti l’assegnazione e l’erogazione di contributi pari a ben 430 milioni di euro, destinati a compensare le perdite subite dai comprensori sciistici. Inoltre, fino al 2028, il Ministero continuerà a finanziare a fondo perduto le imprese che gestiscono impianti di risalita a fune.

Negli ultimi anni, gli impianti di neve artificiale sono diventati una spesa costante e cruciale per la sopravvivenza dei comprensori e per garantire la settimana bianca. Tra gli esempi simbolo citati da Legambiente nel report ci sono Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. A metà febbraio si è registrata una spesa di 2 milioni di euro per l’innevamento artificiale nelle aree montane del Bellunese dall’inizio della stagione. Nel caso del Sestriere, in Piemonte, in quattro anni la cifra spesa ha superato i 10 milioni di €. Per innevare i 125 chilometri di piste del Friuli-Venezia Giulia, il costo stagionale si aggira intorno ai 5.300.000 euro. Oltre alla spesa in conto capitale. Dall’altro lato salgono in Italia i costi della settimana bianca. Una famiglia di tre persone, stando alle ultime stime, quest’anno spenderà in media 186 euro al giorno solo per accedere agli impianti di risalita e alle piste. In aumento, secondo Federturismo, anche il costo di hotel (+5,1%), delle scuole di sci (+6,9%), i servizi di ristorazione (+8,1%). In sintesi, per una settimana bianca, un adulto spende in media 1.453 euro, mentre un nucleo familiare composto da due genitori e un figlio affronta una spesa di circa 3.720 euro.

Il report dedica poi un focus aggiornato sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. A un anno dall’evento sportivo, dove la sostenibilità resta un obiettivo lontano, continuano le difficoltà legate a opere faraoniche, ritardi e costi alle stelle. Partite con un budget di 1,5 miliardi di euro, ad oggi i costi sono saliti a 5,7 miliardi di euro. Riguardo le opere previste molte rischiano di non essere completate tra queste anche le varianti della Val Boite. Continua il monitoraggio sulle opere da parte delle associazioni della Rete Open Olympics. Intanto resta alta l’incognita neve 2026.

Da Cortina alle Cime di Lavaredo, per arrivare a Roccaraso, l’overtourism colpisce Alpi e Appennini a cui il report dedica un approfondimento corredato da interviste ad esperti. Le mete alpine, in particolare, stanno vivendo anche l’espansione del turismo del lusso come sta accadendo a Cortina. Sempre più riservata a un’elitè di ricchi, Cortina sta diventando una “scuola di gentrificazione, dove ci si trova estranei nella propria terra”. Come spiega il professore Alberto Lanzavecchia dell’Università di Padova, “le proprietà non vengono acquistate dagli italiani, ci sono investitori stranieri, oggi solo un terzo degli alberghi è gestito da famiglie di residenti. L’offerta turistica diventa più costosa ed espelle le famiglie italiane, che non possono godere più di quella valle”.


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Ambiente

Prosegue il Progetto Bee Friends – Pollinator Garden nei territori limitrofi al Bioparco ZOOM Torino

Anche nel 2025, la Fondazione ZOOM, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, continua il suo impegno a favore dei comuni piemontesi limitrofi al Bioparco ZOOM, con il progetto Bee Friends – Pollinator Garden. (altro…)


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Ambiente

E’ morto a 90 anni Fulco Pratesi , fondatore del WWF Italia di cui è stato a lungo presidente

E’ morto a Roma a 90 anni Fulco Pratesi : architetto, giornalista, autore, disegnatore, fondatore del Wwf Italia di cui è stato a lungo presidente.

Il WWF Italia piange la scomparsa del suo padre fondatore e si stringe con commozione alla famiglia Pratesi. La moglie Fabrizia  si era spenta meno di 5 mesi fa, il 4 ottobre 2024 Fulco Pratesi lascia 4 figli, 6 nipoti e una pronipote.  Grazie a Fulco Pratesi l’ecologia è entrata nelle case degli italiani, il suo amore smisurato per la natura ha avviato una vera e propria rivoluzione culturale da cui è nato il movimento ambientalista italiano.

Conoscere, amare e difendere la natura. Queste tre semplici regole ci aiuteranno a vivere in armonia

https://www.youtube.com/watch?v=9hg41_d9Z8A&feature=youtu.be

Il ricordo di Fulco Pratesi dal WWF Italia

Fulco Pratesi, nato a Roma nel 1934 e presto sfollato nella prima infanzia con la famiglia nella proprietà di campagna nel viterbese, è entrato presto a contatto con la natura. Fin da piccolissimo s’innamorò degli animali e del disegno. Dopo un’infatuazione giovanile per la caccia, convertì il suo interesse per la natura e gli animali nella conservazione. La sua seconda vita iniziò nel 1963, nelle foreste dell’Anatolia, in Turchia, dove si era recato a caccia. Gli si parò di fronte un’orsa con tre piccoli. Fu un incontro “folgorante” come lui stesso lo ha definito tante volte. Un incontro che gli fece cambiare totalmente prospettiva. Tornato in Italia, vendette il fucile e acquistò una macchina fotografica. Presto, si convertì all’amore incondizionato per tutte le forme viventi e decise di impegnarsi per la conservazione, tanto da abbandonare la professione di architetto. Saputo della nascita del World Wildlife fund in Svizzera, li contattò per far nascere la sezione italiana. “Ma dovrà trovare lei i soldi necessari al progetto” fu la risposta. Con famiglia e già 4 figli, non era facile. Riuniti alcuni amici illuminati nel suo studio di architetto, nacque nel 1966 il WWF Italia, con pochi soldi e tanto entusiasmo. Entusiasmo che è rimasto sempre stato il suo tratto distintivo fino agli ultimi giorni della sua vita.

Fondamentale il suo contributo alla definizione e approvazione di leggi fondamentali per la tutela della natura italiana, dalla della legge 157 sulla fauna a quella sui parchi del 1991. Ma il suo orgoglio più grande erano le oltre 100 Oasi del WWF che amava e conosceva una per una. Fulco Pratesi ha reso migliore il nostro Paese per tutti questi motivi e tanti altri, a cominciare dalla grande vocazione alla divulgazione: storico collaboratore del Corriere della Sera, ha pubblicato una dozzina di libri e curato decine di pubblicazioni anche per ragazzi, trasmettendo la sua grande passione per piante e animali a milioni di italiani attraverso testi accattivanti e disegni dal tratto unico. Ha viaggiato in tutto il mondo, dall’India all’America latina, e tutti i suoi incontri con la natura sono documentati nei suoi inseparabili taccuini.

Seppe fare quello che solo i grandi sanno fare: trasformare un sogno per pochi (la protezione della natura in Italia, la tutela di animali allora braccati come lupi e orsi) in una realtà consolidata. Con un vero e proprio atto di coraggio, con pochi soldi in cassa (i primi soci si erano autotassati), la prima azione del neonato WWF Italia fu quella di acquisire i diritti di caccia della laguna di Burano, dando il via alla nascita dell’Oasi di protezione e del “modello Oasi”, che contraddistingue il WWF Italia dagli altri WWF nel mondo. Oggi le aree gestite o di proprietà sono oltre 100 e proteggono circa 27.000 ettari di natura. Fondamentale è stato anche il suo contributo alla nascita del sistema dei Parchi nazionali, attraverso studi, piani e la spinta all’approvazione della legge quadro sulle aree protette del 1991. Sempre, gettando il cuore oltre l’ostacolo: come quando, nel 1985, l’Associazione raccolse oltre 600 milioni di lire – con un vero e proprio crowdfunding ante litteram – per l’acquisto dell’area di Monte Arcosu, con l’obiettivo di salvare il cervo sardo dal bracconaggio e dall’estinzione.

La sua vita racconta la storia della nostra Associazione. Proverbiali le sue battaglie contro la caccia (per impedire ai cacciatori di entrare nei fondi privati), che lo portarono a ricevere insulti e minacce. Ma anche per la salvaguardia delle creature marine, dai cetacei alla foca monaca, dalle reti spadare. Aveva una grande passione per i piccoli uccelli e per gli ambienti di palude, considerati malsani dai più e invece visti da Fulco, giustamente, come ecosistemi ricchissimi di biodiversità. Da tutelare. In natura passava ore a osservare gli uccelli e a comporre i primi schizzi per i suoi acquerelli. “Se considereremo la natura e il nostro Pianeta come un posto da conquistare e dominare, allora sarà la nostra fine” ha ripetuto nell’ultima intervista.


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