Massa Critica
Ucraina: Save the Children, 400.000 bambini in fuga dal paese in cerca di salvezza esposti al rischio fame, traffico e abusi
Almeno 400.000 bambini nell’area di crisi in Europa orientale sono stati costretti a cercare salvezza altrove e sono esposti al rischio di fame, malattie, traffico e abusi, dopo che il numero di persone costrette a fuggire dall’operazione militare russa in Ucraina ha raggiunto il milione. Secondo Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, almeno il 40% dei profughi che hanno raggiunto Romania, Polonia, Moldavia, Ungheria, Slovacchia e Lituania, per mettersi in salvo sono bambini, e c’è chi tra loro non ha altro che i pochi vestiti che indossa.
Secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite, un milione di persone ha già attraversato i confini per lasciare l’Ucraina, numero che non include gli sfollati interni che sono ancora nel Paese. Le proporzioni di questo esodo possono portare alla più grande crisi di rifugiati del secolo in Europa.
Il grande flusso di persone in fuga ha creato code di 24 ore ai posti di controllo alla frontiera, e, una volta usciti dall’Ucraina, i rifugiati vengono accolti in luoghi riadattati al momento, come scuole o centri per conferenze, case private o campi di fortuna, situazioni che rappresentano una preoccupazione per la condizione dei bambini.
Anna*, 29 anni, è fuggita in Romania con la figlia di quattro anni Daryna* e il figlio di due anni Danilo*. Sono fuggiti dalla loro casa in Ucraina, insieme alla sorella e alla madre di Anna, quando i combattimenti si sono avvicinati all’area di una centrale nucleare. “Siamo fuggiti perché avevamo paura. C’erano bombardamenti nella zona. L’aeroporto era stato bombardato e i combattimenti si stavano avvicinando a una centrale nucleare,” ha raccontato Anna. “Sulla strada abbiamo visto aerei sopra la testa e le strade erano molto trafficate. Abbiamo visto sparare razzi e distruggere edifici. C’erano sirene che suonavano costantemente. Mio marito è rimasto lì, ci ha accompagnato fino al confine prima di tornare indietro. Abbiamo potuto portare solo pochi vestiti e alcune medicine. I bambini non capiscono cosa sta succedendo, e noi ci sentiamo molto male”.
Anna ha raccontato a Save the Children la reazione di sua figlia Daryna: “A volte quando sentiva dei colpi diceva che aveva paura. Quando correvamo a nasconderci in cantina diceva che aveva paura e pensava ai carri armati in arrivo. Speriamo solo che i combattimenti finiscano e che possiamo tornare a casa”. Anna spera di poter proseguire verso la Repubblica Ceca dove hanno amici che possono aiutarli. Per ora è stata con i suoi figli sono stati in un campo temporaneo prima di trasferirsi in un Centro di Accoglienza dove si trovano ora e dove Save the Children gestisce spazi a misura di bambino, dove i bambini possono giocare e riprendersi dalle esperienze traumatiche che hanno vissuto, e fornisce anche alle famiglie come quella di Anna cibo e altri generi di prima necessità, oltre al supporto e alle informazioni necessarie per affrontare la situazione in cui si trovano.
“Sappiamo che quando i bambini sono costretti ad abbandonare le proprie case e si spostano per cercare salvezza, sono esposti ad un rischio elevato di traffico, di abusi, compresa la violenza sessuale, e di gravi disagi psicologici,” ha dichiarato Irina Saghoyan, Direttrice di Save the Children per l’Europa Orientale. “È anche inaccettabile che alcuni bambini e le famiglie siano costretti a stare all’aperto senza alcun riparo a temperature così rigide come in questo momento. Siamo fortemente preoccupati per i rischi di malattie come l’ipotermia,” ha aggiunto la direttrice. “E tutto questo prima ancora di pensare anche all’enorme impatto degli eventi della scorsa settimana sul benessere mentale di questi bambini. Le loro case, scuole e comunità sono state distrutte, sono stati separati da familiari e amici, in una sola settimana la guerra ha strappato loro l’intera vita e tutto ciò che hanno di più caro.”
“Per ora, è vitale che tutti questi bambini che entrano nei paesi vicini siano protetti e abbiano accesso a cibo salvavita, acqua pulita, riparo e supporto per la loro salute mentale. Ma la catastrofe che stiamo vedendo svolgersi davanti ai nostri occhi non si fermerà finché la violenza non si fermerà, e i bambini e le loro famiglie non saranno al sicuro. In ogni conflitto sono i bambini a sopportare il peso maggiore e dobbiamo fermarlo ad ogni costo”.
In Romania, gli operatori e i volontari di Save the Children continuano ad aiutare i rifugiati che arrivano al confine con l’Ucraina e nei centri di accoglienza, con la distribuzione di generi di prima necessità e con altri servizi di supporto. In Polonia, l’Organizzazione si sta coordinando con i partner locali per valutare la situazione e rispondere ai bisogni il più rapidamente possibile.
In Ucraina, Save the Children è presente dal 2014, fornendo aiuti umanitari essenziali ai bambini e alle loro famiglie, sostenendo il loro accesso all’istruzione, supportandoli a livello psicosociale, distribuendo kit invernali e kit per l’igiene, e fornendo denaro alle famiglie in modo che possano soddisfare le esigenze di base come il cibo, l’affitto e le medicine, o in modo che possano investire in nuove attività.
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Donne
Se io non voglio, tu non puoi – Se tu non vuoi io non posso – Contro la violenza sulle donne per il 25 novembre
In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne, la Fondazione Una Nessuna Centomila lancia una campagna per ribadire se necessario che il consenso non è una concessione, è un diritto.
Ogni giorno troppe donne si sentono giudicate, colpevolizzate o abbandonate di fronte alla violenza subita.
Quante volte si è cercato di giustificare uno stupro con frasi come “Perché non ha reagito?” o “Ma come eri vestita?”
Un “NO” deve essere ascoltato.
Il silenzio NON è un assenso
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Arte
Giorgio de Chirico precursore del Surrealismo: una mostra a cent’anni dalla nascita del movimento
In occasione del centenario del Surrealismo (1924-2024), segnato, nell’ottobre del 1924, dalla pubblicazione del Manifeste du surréalisme del critico francese André Breton, la Fondazione Accorsi-Ometto di Torino dedica una mostra a Giorgio de Chirico, ritenuto dallo stesso Breton precursore del Surrealismo.
Prendendo in esame uno specifico arco temporale che va dal 1921 al 1928, la mostra, curata da Victoria Noel-Johnson, è la prima esposizione a porre l’attenzione sugli eventi intorno al 1924, anno cruciale per la fondazione del movimento francese, per cui il pittore italiano assunse un ruolo fondamentale. In quanto tale, l’esposizione intende evidenziare l’importanza del ruolo di de Chirico nella nascita e nello sviluppo del Surrealismo, nonché analizzare il suo complicato rapporto con André Breton, il fondatore del movimento, con il poeta francese Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposò Salvador Dalì).
Grazie al prestigioso prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi, nella mostra viene esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924, finora poco conosciuta, in cui l’artista propose di realizzare per Breton la prima replica di un’opera del periodo metafisico, quella de Le muse inquietanti del 1918.
Breton, che scoprì la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi tramite il poeta-critico Guillaume Apollinaire, iniziò a corrispondere con l’artista alla fine del 1921, coinvolgendo poi il braccio destro del Surrealismo, Éluard, e sua moglie Gala. Tra il 1921 e il 1925, de Chirico scrisse loro oltre venticinque lettere e cartoline. Mentre de Chirico e gli Éluard si conobbero a Roma durante l’inverno del 1923-1924, Breton e de Chirico si incontrarono per la prima volta soltanto verso la fine dell’ottobre del 1924 a Parigi. In quell’anno, si avviò un’intensa frequentazione, documentata dalla celebre foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de recherches surréalistes (ottobre 1924), scattata pochi giorni dopo la pubblicazione del manifesto di Breton.
Il rapporto tra de Chirico e il gruppo dei Surrealisti, segnato da una serie di collaborazioni professionali e di amicizia, si inasprì rapidamente nel corso del 1925, con una rottura definitiva nel 1926. Il culmine fu raggiunto con la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico era ‘morto’ artisticamente nel 1918. Per i Surrealisti, il suo improvviso cambiamento avvenuto dal 1919 a favore del Classicismo e dei grandi maestri, era inspiegabile e inferiore rispetto al geniale splendore della sua prima pittura metafisica degli anni Dieci, una critica parzialmente spiegata da un vero e proprio conflitto di interessi: i Surrealisti erano proprietari della maggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918).
In realtà la sofisticazione intellettuale, l’eccellenza tecnica e l’innovazione creativa delle opere di de Chirico realizzate durante tale periodo (1921-1928), dimostrano l’esatto contrario da quanto articolato da Breton. In tale ottica, il visitatore troverà in mostra una ricca selezione di
opere compiute durante la permanenza del pittore in Italia tra Roma e Firenze (databili 1921-1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (databile fine 1925 – 1928). Nonostante lo sfondo di crescenti polemiche e critiche da parte dei Surrealisti, il pubblico avrà la possibilità di scoprire come de Chirico continuò a realizzare nuove serie dai soggetti innovativi, come Mobili in una stanza, Cavalli in riva al mare, Gladiatori, Archeologhi e Trofei. Esempi presenti in mostra includono i magnifici Combattimento di gladiatori (Fin de combat), 1927 e Chevaux devant la mer (1927-1928).
Come accertato, il pittore si accostò al Classicismo in maniera evidente dal 1919 al 1925: lo si evince dalla formidabile Lucrezia, 1921 circa, dall’Autoritratto con la madre, 1922, e dall’Autoritratto, 1925 – la prima opera dechirichiana acquistata dallo Stato Italiano – dai quali traspare evidente la sua conoscenza e il rispetto profondo per la pittura italiana del Quattrocento. L’elemento della sua continuità dell’opera metafisica degli anni Dieci, da lungo denominata come una “metafisica continua”, è illustrata, ad esempio, da Natura morta con cocomero e corazza, 1922, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco), 1922, o La mia camera nell’Olimpo, 1927, dove, in un’atmosfera fantastica ed enigmatica, compaiono, uno accanto all’altro, oggetti accostati apparentemente in maniera casuale. Oppure i Facitori di Trofei (1926-1928), una chiara evoluzione del primo periodo metafisico di de Chirico, in cui convivono elementi del passato e del presente: figure antiche, frammenti di colonne, fiamme stilizzate, profili di cavalli, il timpano di un edificio classico, fusi insieme da tre personaggi-manichino intenti nella costruzione dell’iconico “totem-trofeo”. Inoltre, opere come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambi del 1926, o Thèbes, 1928, illustrano lo sviluppo innovativo di certi temi e soggetti degli anni Dieci come gli ‘Interni ferraresi’ e i ‘Manichini’.
Nonostante le polemiche dei Surrealisti, in primis quelle di Breton, questo avvicinamento al Classicismo non impedì al critico francese di commissionare a de Chirico delle repliche di opere del primo periodo metafisico, oppure a Paul e Gala Éluard di acquistarne altre con soggetto e stile più tradizionali, come Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino), 1923, e Ulisse (Autoritratto), 1924, entrambi esposti in mostra. La presenza di questi dipinti (già collezione Éluard) evidenzia la conflittualità tra la critica surrealista verso le opere degli anni Venti di de Chirico e tale realtà poco conosciuta.
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Difesa Ambiente
Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino | Convegno il 13 novembre all’Unione Culturale
Il 13 novembre 2024 alle ore 18, presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli Torino (via Cesare Battisti 4/a), è in programma il convegno dal titolo “Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino”. (altro…)
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