Acqua
Presa Diretta affronta i legami tra la guerra in Ucraina e la transizione energetica e i grandi problemi dei cambiamenti climatici

Nella puntata di lunedì 21 marzo di Presa Diretta sono stati affrontati vari problemi legati alla guerra e alla questione climatica. Il programma condotto dal giornalista Riccardo Iacona su Rai 3 ha prima di tutto esaminato la situazione in Ucraina e il legame tra la dipendenza energetica dell’Europa dal gas russo e la guerra stessa. Infatti, come dimostrato da un contatore attivo sugli schermi all’interno dello studio, la Russia ha già guadagnato più di 17 miliari di euro in forniture energetiche dall’inizio dell’invasione.
Il focus si è poi spostato direttamente sulla questione climatica, con approfondimenti da diverse zone del mondo, introdotti dagli interventi delle scienziate Svetlana Krakovska – in collegamento dall’Ucraina – e Elisa Palazzi – climatologa del Cnr e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Torino – che hanno evidenziato la necessità di azioni immediate e urgenti.
I diversi approfondimenti hanno messo in luce come ogni parte del globo sia influenzata da questi cambiamenti, a partire dagli Stati Uniti, per arrivare in Madagascar. Negli USA infatti varie zone sono già interessate dagli effetti del climate change in modo significativo. In California ad esempio è ormai evidente che la cosiddetta stagione degli incendi non dura più soltanto alcuni mesi, i più caldi dell’anno, ma è ininterrotta, a causa dell’aumento delle temperature. La Louisiana, colpita nel 2004 dall’uragano Katrina, negli ultimi tre anni ha registrato un numero di uragani superiore alla media, che portano danni e distruzione. Inoltre alcune comunità sono già sfollate a causa dell’innalzamento del mare, problema molto grande anche in Florida e a Miami in particolare. La città infatti si allaga sempre più frequentemente e negli ultimi 25 anni ha visto un innalzamento del livello delle acque marine di 15 cm. A preoccupare sono le temperature sempre più alte, che fanno dilatare i mari, e lo scioglimento delle calotte polari. Il distacco del ghiacciaio Thwaites in Antartide ad esempio – previsto tra 5 o 10 anni – provocherebbe un innalzamento di tutti i mari di 60 cm. Una catastrofe, considerando che i ricercatori della Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science di Virginia Key Island fanno notare come 1 cm di innalzamento corrisponda a 10 km di terre sommerse.
Spostandosi invece in un altro continente, la puntata si è concentrata sul Madagascar e su quella che viene considerata come la prima carestia causata dal cambiamento climatico. Le popolazioni del Madagascar del Sud vivono infatti negli ultimi anni quasi senza acqua e cibo a causa dell’aumento delle tempeste di sabbia che hanno coperto le riserve idriche e le terre coltivabili. La zona sta inoltre attraversando anni di forte siccità. Si stima che 1,5 milioni di persone non abbiano cibo a disposizione. Per questo si sono già attivati il Programma Alimentare Mondiale e Medici Senza Frontiere ma non è sufficiente. Ciò che colpisce inoltre è che questa sia considerata la prima carestia climatica al mondo, nonostante la quasi totalità dei cambiamenti climatici sia causata da altri Paesi e quindi non responsabilità delle popolazioni che sono maggiormente colpite.
Venendo infine all’Italia, il problema maggiore messo in luce in relazione ai cambiamenti climatici e alla transizione energetica è la lentezza burocratica che condiziona il nostro Paese. Infatti, se soltanto la metà dei progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili che sono bloccati in questo momento fossero autorizzati, avremmo già raggiunto gli obiettivi che abbiamo con l’UE per il 2030. Bisognerebbe prendere a modello il Costa Rica, che ha deciso di convertire la sua intera produzione di energia e renderla dipendente unicamente dalle fonti rinnovabili, utilizzando la sovrapproduzione conseguente nella produzione di idrogeno da investire nel settore dei trasporti.
Nel nostro Paese sia Green Peace che Legambiente hanno già presentato delle proposte per la transizione ecologica e per puntare sulle rinnovabili. Enel ha già scommesso sulla sola energia pulita per la produzione elettrica dell’intera Sardegna. Ci sono poi numerosi esempi positivi sul nostro territorio nazionale, come Cohousing bolognese “Giardino del Folli” o la Comunità Energetica Rinnovabile di Ussaramanna, che produce con il fotovoltaico l’energia necessaria al proprio sostentamento, attraverso un’equa ripartizione decisa all’interno della comunità stessa.
Le singole realtà in cui vengono valorizzate le fonti di energia rinnovabili sono quindi già presenti ma serve una legislazione più agile che permetta una diffusione capillare di queste soluzioni. Una rete sarebbe infatti molto importante poiché permetterebbe uno sfruttamento efficiente delle risorse prodotte evitando sprechi. L’efficienza è infatti un tema molto importante, anche perché sono da tenere ancora in grande considerazione i limiti delle tecnologie per la produzione di energia pulita – problema in questo caso omesso dal programma di Rai 3 – come lo stoccaggio e la resa delle batterie necessarie.
Investire sulle fonti rinnovabili è però necessario: per superarne i limiti attuali, per avere un impatto sempre minore sul clima e infine anche per non dipendere da Paesi esteri come la Russia, che continuiamo a finanziare a causa di poca lungimiranza.
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Acqua
Giornata mondiale dell’acqua 2025: il tema è la Conservazione dei Ghiacciai

l 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua – World Water Day, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 prevista all’interno delle direttive dell’Agenda 21, risultato della conferenza di Rio.
Il tema della Giornata Mondiale dell’Acqua 2025 è la Conservazione dei Ghiacciai. I ghiacciai sono fondamentali per la vita: la loro acqua di fusione è essenziale per l’acqua potabile, l’agricoltura, l’industria, la produzione di energia pulita e per ecosistemi sani. I ghiacciai che si sciolgono rapidamente stanno causando incertezza nei flussi idrici, con impatti profondi sulle persone e sul pianeta. Riduzioni globali delle emissioni di carbonio e strategie locali per adattarsi ai ghiacciai in ritirata sono essenziali.
I ghiacciai si stanno sciogliendo più velocemente che mai. Man mano che il pianeta si riscalda, il nostro mondo ghiacciato si riduce, rendendo il ciclo dell’acqua più imprevedibile. Per miliardi di persone, i flussi di acqua di fusione stanno cambiando, causando inondazioni, siccità, frane e innalzamento del livello del mare.
Innumerevoli comunità ed ecosistemi sono a rischio di devastazione. Mentre lavoriamo insieme per mitigare e adattarci ai cambiamenti climatici, la conservazione dei ghiacciai è una priorità assoluta. Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra per rallentare il ritiro dei ghiacciai. E dobbiamo gestire l’acqua di fusione in modo più sostenibile. Salvare i nostri ghiacciai è una strategia di sopravvivenza per le persone e per il pianeta.
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Acqua
Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici

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Acqua
A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna

L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.
In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.
Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione
La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.
D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.
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