Innovazione
Crescono ma a ritmo rallentato incubatori e acceleratori di startup in Italia

Il Report del team di ricerca Social Innovation Monitor che ha base al Politecnico di Torino sostiene che continua ma rallenta la crescita degli incubatori e degli acceleratori in Italia attraverso le analisi relative all’ecosistema degli incubatori e acceleratori in Italia. Il Report Completo è disponibile a questo link.
Dal Report emerge che gli acceleratori e gli incubatori nel nostro Paese sono circa 230 e occupano un totale di circa 1600 dipendenti; la maggior parte opera nel Nord Italia, con prevalenza in Lombardia, dove ne sono presenti 58. Nel resto del Paese si distinguono per il loro impegno Lazio, Toscana e Campania, rispettivamente con 19, 16 e 14 incubatori.
Gli incubatori e acceleratori sono un importante elemento del sistema imprenditoriale evidenzia Davide Moro, vicedirettore della ricerca. Secondo il report SIM, infatti, gli incubatori e acceleratori sul territorio hanno incubato circa 3600 startup e fatturato circa 350 M€.
Attenzione all’ecosistema arriva anche dal governo: all’evento di presentazione del Report è infatti intervenuto Marco Leonardi, Capo Dipartimento alla Programmazione Economica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha citato alcune iniziative che fanno ben sperare. Leonardi in particolare ha citato i fondi in arrivo dall’European Tech Champions Initiative a cui partecipa anche l’Italia e due fondi gestiti da CDP per le startup rispettivamente da 300 milioni per il digitale e 250 milioni per la transizione ecologica.
Per quanto riguarda i principali servizi offerti dagli incubatori il primo risulta l’“accompagnamento manageriale”, seguito da “supporto allo sviluppo di relazioni” e dal “supporto alla ricerca di finanziamenti”. Altri servizi rilevanti sono la fruizione di spazi fisici e la formazione imprenditoriale.
Il valore aggiunto apportato da incubatori e acceleratori nel nostro ecosistema non si limita al supporto alla nascita di nuove organizzazioni. Il 75% degli incubatori e acceleratori hanno infatti dichiarato di svolgere anche attività non direttamente riconducibili alle attività di incubazione e accelerazione. Tra le attività più frequenti troviamo servizi di coworking, formazione e consulenza a titolo oneroso per soggetti terzi, attività di scouting e open innovation, partecipazione a progetti e bandi, ricerca, organizzazione di eventi, investimenti e internazionalizzazione.
Come per gli anni precedenti, anche questo Report ha posto un focus speciale sull’impatto sociale e ambientale degli incubatori e delle startup incubate.
La metà degli incubatori e acceleratori in Italia rientra nella categoria “Business Incubator”, mentre l’altra metà rientra nella categoria “Mixed” o “Social Incubator”. Dalle analisi del report risulta che un incubatore su due supporta organizzazioni a significativo impatto sociale o ambientale.
La principale tipologia di organizzazioni incubate dagli incubatori che supportano team imprenditoriali o organizzazioni a significativo impatto sociale o ambientale, è quella delle imprese for-profit senza qualifica di impatto (57% in aggregato).
I settori più rappresentati, per le organizzazioni incubate a significativo impatto sociale o ambientale, sono quelli relativi alla protezione dell’ambiente e degli animali, della salute e benessere, della cultura, arti e artigianato.
La nascita di incubatori e acceleratori è ancora un fenomeno recente in Italia: il 72% degli incubatori sono stati costituiti negli ultimi dieci anni.
Il Report però evidenzia che la crescita degli incubatori e acceleratori in Italia sta rallentando. Come dichiarato dal Direttore della Ricerca, professor Paolo Landoni “questo rallentamento della crescita potrebbe essere legato anche al fatto che stanno nascendo altre realtà a supporto di startup, come gli Startup Studio o Venture Builder. Cioè organizzazioni che creano startup agendo come fondatore o co-fondatore principale della nuova impresa creata e sviluppata. In alcuni casi realizzano startup in serie in altri casi procedono parallelamente allo sviluppo di un piccolo numero di startup.”
In Italia, nel nuovo report annuale sugli incubatori e acceleratori realizzato dal team di ricerca Social Innovation Monitor (SIM) del Politecnico di Torino, si stima siano attivi più di una decina di Startup Studio e Venture Builder (SS&VB), in crescita rispetto agli anni precedenti.
La ricerca è stata condotta dal team di ricerca Social Innovation Monitor (SIM) grazie al supporto di InnovUp, PNICube, Lifegate, Coopfond, Iren, Fondazione Giacomo Brodolini, Molten Rock e Social Innovation Teams (SIT).
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Energia
Come è fatta una stazione di rifornimento a idrogeno

Una stazione di rifornimento idrogeno è in tutto e per tutto simile a quello che siamo abituati a vedere nella nostra quotidianità con le stazioni di fornimento di benzina e gasolio. La differenza è che una stazione di rifornimento a idrogeno è asservita a una mobilità idrogeno a zero emissioni. S
i compone di diverse parti, la prima tra tutte è ovviamente l’idrogeno, che può essere prodotto in loco tramite elettrolisi da fonti rinnovabili, oppure può essere trasportato dall’esterno, prodotto esternamente e portato all’interno della nostra stazione di rifornimento, in contenitori gassosi.
Una volta che abbiamo il nostro idrogeno all’interno della stazione di rifornimento, questo deve essere compresso ad altissime pressioni, 900-950 bar circa per poter permettere poi il rifornimento a vetture leggere o pesanti che siano.
Prima di poter però permettere il rifornimento bisogna raffreddare l’idrogeno a temperature intorno ai -40°, questo ci permette di operare in sicurezza un rifornimento in tempi che sono paragonabili a quelli della mobilità tradizionale, nell’ordine dei 5 minuti per fare un piano.
Completa il quadro della situazione della stazione di rifornimento, il dispenser, vale a dire, il bocchettone, che ci permette di fare il pieno, molto simile a quello ad oggi utilizzato per il GPL.
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Idrogeno
La fine di Nikola Corporation la startup che voleva realizzare i camion a idrogeno

Nikola Corporation, che era stata presentata come la Tesla dei camion elettrici a idrogeno ha presentato istanza volontaria di fallimento ai sensi del Chapter 11 delle legge americana.
Nikola Corporation, era stata fondata nel 2014 con l’ambizioso obiettivo di rivoluzionare il settore dell’autotrasporto attraverso l’introduzione di camion elettrici e a idrogeno a zero emissioni.
Nel 2016, viene presentato il primo veicolo, il camion a idrogeno Nikola One, che raccoglie pre-ordini per un valore dichiarato di 14 miliardi di dollari. Nonostante le promesse, il Nikola One rimane un prototipo e viene successivamente rimpiazzato dai modelli Nikola Two e Nikola Tre.
Il 4 giugno 2020, Nikola si quota in borsa, beneficiando dell’ondata di speculazione finanziaria che ha caratterizzato l’anno della pandemia di COVID-19. Il valore delle azioni dell’azienda sale rapidamente, raggiungendo una capitalizzazione di mercato di 29 miliardi di dollari, nonostante l’assenza di un prodotto commercializzato.
Pochi mesi dopo la quotazione, l’agenzia Hindenburg Research pubblica un’analisi che mette in discussione la validità delle tecnologie e delle affermazioni di Nikola. Il report accusa Nikola di aver simulato il funzionamento del suo camion a idrogeno in un video di presentazione, facendolo scorrere in discesa anziché utilizzare un propulsore funzionante. Le accuse di Hindenburg Research provocano un crollo del titolo Nikola in borsa e un grave danno all’immagine dell’azienda.
In seguito alle indagini della Corte di Giustizia statunitense, il fondatore di Nikola viene accusato di frode e finisce in carcere nel 2021. L’azienda dichiara di voler rispettare la tabella di marcia e di concentrarsi sulla consegna di veicoli elettrici Nikola Tre entro la fine dell’anno.
Nel 2022, Nikola avvia la commercializzazione del Nikola Tre in versione elettrica, prodotto nello stabilimento di Coolidge, Arizona. Un anno dopo, due esemplari del Nikola Tre prendono fuoco a causa di problemi al pacco batterie. L’azienda è costretta a richiamare tutti gli esemplari in commercio e a sospendere la produzione di camion elettrici.
Con una liquidità di soli 47 milioni di dollari e un titolo azionario crollato del 98% in 12 mesi, Nikola è stata ostretta ad avviare la procedura di Chapter 11, mettendo all’asta i propri beni per rimborsare i creditori.
Nel maggio 2023, Iveco aveva messo fine alla joint venture con Nikola per lo sviluppo di camion elettrici e a idrogeno, rilevando la partecipazione europea e ottenendo la licenza per l’uso del software sviluppato in comune. La separazione era costata a Iveco un impatto negativo di 44 milioni di euro, ma si rivelò una mossa strategica per evitare ulteriori perdite.
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Idrogeno
Parte la sperimentazione in Lombardia dei treni a Idrogeno e della loro logistica

Entreranno in servizio nel giro di un anno i 14 treni a idrogeno sulla linea ferroviaria lombarda non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo, progettati da Alstom, che andranno a sostituire gli attuali treni a gasolio e potranno percorrere fino a 600 chilometri con un pieno, rilasciando nell’aria solo vapore acqueo.
È stato inaugurato a Rovato, in provincia di Brescia, l’impianto per la manutenzione e il rifornimento dei convogli che verranno gestiti da Trenord, mentre altri tre siti sono in fase di costruzione e serviranno a produrre e stoccare l’idrogeno.
I treni verranno alimentati da veicoli provvisti di grandi bombole con pressione a 500 bar. I tempi di rifornimento variano tra 30 e 60 minuti, grazie a un sistema mobile che non necessita di compressione e stoccaggi fissi ad alta pressione.
Sul primo dei 14 treni acquistati attraverso i finanziamenti di Regione Lombardia, arrivato lo scorso 23 gennaio, sono in corso i test e le attività di collaudo necessari per l’avvio del servizio commerciale, previsto entro il primo semestre del 2026. L’impianto di Rovato, realizzato da Ferrovienord, sarà, in Italia, il primo deposito specificatamente progettato e realizzato per la manutenzione dei treni a idrogeno nonché il primo impianto per il rifornimento di idrogeno per i treni.
L’entrata in servizio commerciale dei treni a idrogeno in Valcamonica, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di Ferrovienord su cui il servizio è gestito da Trenord, fa parte del progetto H2iseO, che mira a realizzare la prima Hydrogen Valley italiana nel territorio bresciano. Promosso da FNM, Ferrovienord e Trenord, il progetto H2iseO ha l’obiettivo di sviluppare in Valcamonica una filiera economica e industriale dell’idrogeno, a partire dal settore della mobilità, avviare la conversione energetica del territorio, contribuire alla decarbonizzazione di una parte significativa del trasporto pubblico locale. Si tratta di un progetto altamente innovativo, che prevede:
- messa in servizio di 14 nuovi treni ad idrogeno in sostituzione dell’intera flotta diesel oggi circolante;
- realizzazione di 3 impianti di produzione di idrogeno rinnovabile senza emissioni di CO2 a Iseo (mediante tecnologia Steam Reforming del biometano, con energia elettrica rinnovabile e cattura della CO2), ad Edolo e a Brescia (mediante tecnologia a elettrolisi partendo da energia elettrica da fonte rinnovabile);
- realizzazione di 4 impianti di rifornimento di idrogeno a Rovato (destinato principalmente alle attività di messa in servizio e successivamente alle fasi di manutenzione dei treni) e a Iseo, Edolo e Brescia (dotati di stoccaggio e destinati a rifornire i treni nel corso del servizio commerciale);
- realizzazione di un impianto di deposito e manutenzione dei treni a Rovato, specificatamente progettato e realizzato per treni a idrogeno;
- adeguamento tecnico e infrastrutturale delle stazioni interessate dal servizio dei nuovi treni.
Nell’impianto di Rovato sono presenti:
- cinque binari di sosta dei treni all’aperto;
- un impianto di manutenzione treni dotato di due binari al chiuso per la manutenzione (attrezzati per l’accesso al treno tramite fossa di visita e tramite passerelle aeree), un binario coperto all’aperto per il lavaggio dei treni, carroponte, calacarrelli, magazzini, armadi per lo stoccaggio delle batterie di ricambio dei treni, colonnine per la connessione dei treni alla rete elettrica e zona uffici e servizi per il personale;
- un impianto di rifornimento dei treni a idrogeno, attrezzato con dispenser per erogare idrogeno alla pressione di 350 bar e baia per ricovero del carro bombolaio, nonché di impianto di flussaggio e inertizzazione (utile per lo svuotamento dei serbatoi dell’idrogeno del treno quando previsto ai fini manutentivi).
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