Massa Critica
Ambiente: ENEA con Carabinieri forestali per misurare la qualità dell’aria nei parchi
Misurare l’inquinamento dell’aria e la visibilità dei paesaggi nei parchi naturali italiani. È questo l’obiettivo del progetto “Visibility”, coordinato dal Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari (CUFA) dell’Arma dei Carabinieri, in collaborazione con il Laboratorio ENEA di Inquinamento atmosferico. Il progetto applicherà, per la prima volta in Italia, la procedura adottata dall’EPA, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, per la misurazione del parametro della visibilità nei parchi naturali americani.
Per l’azione pilota, il team del progetto ha selezionato come prima area campione italiana il Parco nazionale del Circeo (Latina), con il posizionamento degli strumenti di misura presso il Lago dei Monaci. “Attualmente questo è l’unico sito di monitoraggio della visibilità così intesa in Europa, ma presto il progetto si doterà di una seconda stazione di misura posizionata in montagna”, sottolinea il Ten. Col. Giancarlo Papitto, Capo Ufficio Progetti, Convenzioni, Educazione Ambientale del CUFA e project leader del progetto.
“La visibilità diventa, dunque, un parametro fisico utile alla valutazione della qualità dell’aria in aree naturali con una significativa vocazione turistica, come i parchi nazionali italiani. In questi luoghi, la possibilità di godere di un nitido panorama, immersi in un paesaggio naturale, rappresenta un prezioso valore ricreativo ma anche un vero e proprio servizio ecosistemico, nonché un bene tutelato dalla Costituzione e dalle leggi italiane a protezione delle bellezze paesaggistiche”, sottolinea Ettore Petralia, ricercatore del Laboratorio di Inquinamento Atmosferico e responsabile per ENEA del progetto.
“La campagna di misura durerà due anni e ci permetterà di testare nei parchi italiani il protocollo americano IMPROVE[1]; in questo modo riusciremo a quantificare la visibilità del paesaggio naturalistico, associando eventuali riduzioni di questo parametro all’inquinamento da particolato atmosferico di origine sia antropica sia naturale”, spiega il ricercatore.
Compito dei ricercatori ENEA sarà quello di eseguire in laboratorio le analisi chimico-fisiche dei campioni raccolti e di elaborare l’indice di visibilità atmosferica; in particolare, le variazioni della visibilità dell’orizzonte nelle foto saranno analizzate in correlazione con i dati di composizione degli inquinanti atmosferici, seguendo il metodo IMPROVE.
I Carabinieri forestali si occuperanno del coordinamento generale dell’iniziativa, inclusi i rapporti con gli enti statunitensi, della raccolta dei dati meteo, della gestione della telecamera fotografica e dell’invio al team ENEA dei filtri campionati; inoltre, sarà loro compito la sorveglianza del sito di misura, classificato come ‘obiettivo sensibile’ per le potenziali e significative ricadute sulla salute umana dell’inquinamento atmosferico, che potrebbe derivare da attività antropiche presenti nell’area, come agricoltura e allevamento.
In dettaglio, la metodologia IMPROVE si basa sulla quantificazione di un coefficiente che descrive l’estinzione della luce in funzione di diversi parametri chimico-fisici associati a molecole e particelle disperse nell’aria, in questo caso legate all’inquinamento atmosferico. Il progetto prevede campionamenti della durata di 24h per un intero anno solare (con una frequenza di uno ogni tre giorni), per la misura della concentrazione del particolato (PM2.5 e PM10) e del biossido di azoto (NO2). Il rilevamento visivo del grado di trasparenza dell’aria sarà assicurato, invece, da una telecamera panoramica, fissata all’esterno della cabina, che punta in direzione di un landmark (nel caso dell’azione pilota è il Monte Circeo) preso a riferimento per la definizione della visibilità a lunga distanza. La fotocamera è programmata per attivarsi in modo autonomo ogni 3 giorni in concomitanza con il campionamento del particolato atmosferico effettuato dagli altri strumenti. Tale programmazione prevede uno scatto ogni 5 minuti nel corso del giorno (durante le ore di luce, in relazione all’altezza del sole sull’orizzonte); si spegne automaticamente quando il pirometro della centralina meteo rileva il raggiungimento di una soglia minima di radiazione solare e quindi di luce naturale e viene riattivata il mattino seguente all’alba, sempre grazie al segnale inviato dal sensore della radiazione solare. La stazione di misura è provvista, inoltre, di una centralina meteo comprendente un anemometro (per la misurazione della velocità e direzione del vento), un pirometro (per la misurazione della radiazione solare), un termoigrometro (per la misurazione della temperatura e dell’umidità dell’aria), un pluviometro (per la misurazione della quantità di pioggia), un barometro (per la misurazione della pressione atmosferica). I dati meteo vengono raccolti in continuo ogni 5 secondi ed aggregati in medie orarie e minimi / massimi giornalieri.
“La compromissione della visibilità è probabilmente l’effetto più facilmente riconoscibile dell’inquinamento nell’atmosfera. Attraverso il progetto Visibility daremo il nostro contributo per tutelare e preservare questa risorsa anche per le generazioni future”, conclude Petralia.
Tutte le attività Visibility Italia rientrano nel progetto LIFE MODERn (NEC), coordinato dal CUFA in collaborazione con Legambiente, a cui partecipano ENEA, Cnr, CREA, Università di Firenze, Università di Camerino e TerraData Environmetrics Srl. “Questo programma ha lo scopo di rispondere alle richieste della Direttiva europea NEC[2], che impegna gli Stati membri a ridurre le emissioni in atmosfera di alcuni inquinanti mediante l’attuazione di programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico e a monitorare gli effetti degli inquinanti atmosferici sugli ecosistemi, naturali e semi naturali, forestali e di acqua dolce, poiché tali inquinanti sono pericolosi non solo per la salute umana, ma anche per quella degli ambienti naturali”, conclude Papitto.
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Arte
Giorgio de Chirico precursore del Surrealismo: una mostra a cent’anni dalla nascita del movimento
In occasione del centenario del Surrealismo (1924-2024), segnato, nell’ottobre del 1924, dalla pubblicazione del Manifeste du surréalisme del critico francese André Breton, la Fondazione Accorsi-Ometto di Torino dedica una mostra a Giorgio de Chirico, ritenuto dallo stesso Breton precursore del Surrealismo.
Prendendo in esame uno specifico arco temporale che va dal 1921 al 1928, la mostra, curata da Victoria Noel-Johnson, è la prima esposizione a porre l’attenzione sugli eventi intorno al 1924, anno cruciale per la fondazione del movimento francese, per cui il pittore italiano assunse un ruolo fondamentale. In quanto tale, l’esposizione intende evidenziare l’importanza del ruolo di de Chirico nella nascita e nello sviluppo del Surrealismo, nonché analizzare il suo complicato rapporto con André Breton, il fondatore del movimento, con il poeta francese Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposò Salvador Dalì).
Grazie al prestigioso prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi, nella mostra viene esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924, finora poco conosciuta, in cui l’artista propose di realizzare per Breton la prima replica di un’opera del periodo metafisico, quella de Le muse inquietanti del 1918.
Breton, che scoprì la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi tramite il poeta-critico Guillaume Apollinaire, iniziò a corrispondere con l’artista alla fine del 1921, coinvolgendo poi il braccio destro del Surrealismo, Éluard, e sua moglie Gala. Tra il 1921 e il 1925, de Chirico scrisse loro oltre venticinque lettere e cartoline. Mentre de Chirico e gli Éluard si conobbero a Roma durante l’inverno del 1923-1924, Breton e de Chirico si incontrarono per la prima volta soltanto verso la fine dell’ottobre del 1924 a Parigi. In quell’anno, si avviò un’intensa frequentazione, documentata dalla celebre foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de recherches surréalistes (ottobre 1924), scattata pochi giorni dopo la pubblicazione del manifesto di Breton.
Il rapporto tra de Chirico e il gruppo dei Surrealisti, segnato da una serie di collaborazioni professionali e di amicizia, si inasprì rapidamente nel corso del 1925, con una rottura definitiva nel 1926. Il culmine fu raggiunto con la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico era ‘morto’ artisticamente nel 1918. Per i Surrealisti, il suo improvviso cambiamento avvenuto dal 1919 a favore del Classicismo e dei grandi maestri, era inspiegabile e inferiore rispetto al geniale splendore della sua prima pittura metafisica degli anni Dieci, una critica parzialmente spiegata da un vero e proprio conflitto di interessi: i Surrealisti erano proprietari della maggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918).
In realtà la sofisticazione intellettuale, l’eccellenza tecnica e l’innovazione creativa delle opere di de Chirico realizzate durante tale periodo (1921-1928), dimostrano l’esatto contrario da quanto articolato da Breton. In tale ottica, il visitatore troverà in mostra una ricca selezione di
opere compiute durante la permanenza del pittore in Italia tra Roma e Firenze (databili 1921-1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (databile fine 1925 – 1928). Nonostante lo sfondo di crescenti polemiche e critiche da parte dei Surrealisti, il pubblico avrà la possibilità di scoprire come de Chirico continuò a realizzare nuove serie dai soggetti innovativi, come Mobili in una stanza, Cavalli in riva al mare, Gladiatori, Archeologhi e Trofei. Esempi presenti in mostra includono i magnifici Combattimento di gladiatori (Fin de combat), 1927 e Chevaux devant la mer (1927-1928).
Come accertato, il pittore si accostò al Classicismo in maniera evidente dal 1919 al 1925: lo si evince dalla formidabile Lucrezia, 1921 circa, dall’Autoritratto con la madre, 1922, e dall’Autoritratto, 1925 – la prima opera dechirichiana acquistata dallo Stato Italiano – dai quali traspare evidente la sua conoscenza e il rispetto profondo per la pittura italiana del Quattrocento. L’elemento della sua continuità dell’opera metafisica degli anni Dieci, da lungo denominata come una “metafisica continua”, è illustrata, ad esempio, da Natura morta con cocomero e corazza, 1922, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco), 1922, o La mia camera nell’Olimpo, 1927, dove, in un’atmosfera fantastica ed enigmatica, compaiono, uno accanto all’altro, oggetti accostati apparentemente in maniera casuale. Oppure i Facitori di Trofei (1926-1928), una chiara evoluzione del primo periodo metafisico di de Chirico, in cui convivono elementi del passato e del presente: figure antiche, frammenti di colonne, fiamme stilizzate, profili di cavalli, il timpano di un edificio classico, fusi insieme da tre personaggi-manichino intenti nella costruzione dell’iconico “totem-trofeo”. Inoltre, opere come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambi del 1926, o Thèbes, 1928, illustrano lo sviluppo innovativo di certi temi e soggetti degli anni Dieci come gli ‘Interni ferraresi’ e i ‘Manichini’.
Nonostante le polemiche dei Surrealisti, in primis quelle di Breton, questo avvicinamento al Classicismo non impedì al critico francese di commissionare a de Chirico delle repliche di opere del primo periodo metafisico, oppure a Paul e Gala Éluard di acquistarne altre con soggetto e stile più tradizionali, come Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino), 1923, e Ulisse (Autoritratto), 1924, entrambi esposti in mostra. La presenza di questi dipinti (già collezione Éluard) evidenzia la conflittualità tra la critica surrealista verso le opere degli anni Venti di de Chirico e tale realtà poco conosciuta.
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Difesa Ambiente
Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino | Convegno il 13 novembre all’Unione Culturale
Il 13 novembre 2024 alle ore 18, presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli Torino (via Cesare Battisti 4/a), è in programma il convegno dal titolo “Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino”. (altro…)
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Acqua
Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici
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