Ambiente
15.000 mq di nuovo verde per Villa Ada a Roma: nuova vita alla pista ciclopedonale di Monte Antenne con bonifica dell’area e nuove piante grazie al progetto ‘Le città che respirano’

Riqualificare il verde urbano e tutelare la biodiversità, contribuendo allo stesso tempo al recupero di un grande polmone verde da restituire alla comunità di Roma Capitale e d’Italia.
Con questi obiettivi arriva a Roma il progetto “Le città che respirano” di Nespresso per sostenere e valorizzare il patrimonio ambientale e paesaggistico italiano. A Monte Antenne all’interno di Villa Ada è stata inaugurata oggi l’area protagonista dell’intervento di rigenerazione ambientale conclusosi nei giorni scorsi e che ha consentito la riqualificazione dell’intero percorso ciclopedonale che circoscrive il Forte Antenne, che si estende su un’area di 15.000mq, rendendolo nuovamente accessibile alla collettività. Un progetto che assume una valenza ancora più significativa, nel giorno in cui entra in vigore la riforma che modifica l’articolo 9 della Costituzione, e grazie alla quale la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi viene inserita tra i principi fondamentali della Carta costituzionale.
Monte Antenne è un colle di Roma situato nell’area nord della città, sul lato sinistro del fiume Tevere: si tratta di uno dei rilievi più importanti della Capitale nonché una delle aree verdi più estese del territorio facente parte del Parco di Villa Ada. L’intervento di tutela ambientale realizzato con il sostegno di Nespresso, grazie al progetto Le Città che Respirano, ha interessato nello specifico l’area che circoscrive il Forte Antenne, una struttura storica risalente a fine ‘800, costruita allora in difesa della città e ubicata al centro dell’altura.
Il recupero dell’area ha previsto una prima fase volta alla messa in sicurezza della zona con la rimozione degli alberi pericolanti, la pulizia dalle piante infestanti e dai rovi presenti sul percorso pedonale e la bonifica dello stesso con la rimozione di manufatti abbandonati e dei rifiuti. Dopodiché, si è proceduto alla messa a dimora di 170 nuove piante, scelte tra le specie arboree e arbustive autoctone ritenute adatte all’attuale clima mediterraneo e al Parco, tra le quali il Corbezzolo, l’Alloro, la Fillirea, il Viburno Tino e il Leccio.
Il progetto “Le città che respirano”, lanciato nel 2020 da Nespresso, rientra nell’iniziativa “Mosaico Verde”, la grande campagna nazionale di forestazione di aree urbane ed extraurbane e tutela di boschi ideata e promossa da AzzeroCO2 e Legambiente per coinvolgere aziende ed enti pubblici con l’obiettivo di restituire valore al territorio e contrastare i cambiamenti climatici.
Alla cerimonia di inaugurazione sono intervenuti Sabrina Alfonsi, Assessora all’agricoltura, ambiente e ciclo dei rifiuti del Comune di Roma, Francesca del Bello, Presidente del Municipio II, Rosario Fabiano, Assessore all’Ambiente del Municipio II, Chiara Murano, Sustainability Manager di Nespresso Italiana, Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente Onlus, Sandro Scollato, Amministratore Delegato di AzzeroCO2.
“Dobbiamo riforestare le nostre città per restituire il futuro alle generazioni che verranno. Piantiamo alberi per contrastare le emissioni di CO2 e migliorare una qualità ambientale ad oggi fortemente a rischio. L’obiettivo collettivo deve essere salvare il pianeta e possiamo farlo solo rendendo sostenibili le nostre città e i nostri comportamenti, per attenuare il nostro impatto sul Pianeta. Ringrazio Nespresso, AzzeroCO2 e Legambiente per questo intervento di riforestazione con 170 piante su Monte Antenne, che insieme al percorso di riforestazione frutto del progetto partecipativo del Municipio II e al forte investimento di Roma Capitale su Monte Antenne e Villa Ada contribuisce a restituire a questo quadrante nuovi alberi, boschi e piante, aria pulita e spazio verde. Cura delle alberature e riforestazione vanno di pari passo, per rendere la città verde e sostenibile”. Così Sabrina Alfonsi, Assessora all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti di Roma Capitale.
I benefici dell’intervento sul territorio saranno molteplici a partire proprio dal miglioramento dell’aspetto naturalistico e della recuperata disponibilità dell’area. La riqualificazione della superficie a verde favorirà nel tempo, infatti, la mitigazione delle alte temperature estive e degli effetti delle isole di calore, grazie alle aree ombreggiate lungo il percorso ciclopedonale, fornendo così la possibilità ai cittadini di tornare a vivere al meglio questi luoghi beneficiando di attività di svago, sport e socializzazione.
La messa a dimora delle nuove piante vuole essere inoltre un contributo concreto al contrasto dell’inquinamento che tiene in “ostaggio” la Capitale. Secondo i dati dell’ultimo report “Mal’aria di città 2022” di Legambiente, Roma continua a sforare alcuni limiti suggeriti dall’OMS relativi alla concentrazione delle sostanze inquinanti nell’aria: è tra le 13 città che registrano più alti livelli di biossido di azoto, i cui valori sono stati nel 2021 tre volte superiori ai limiti suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma non solo. Superati anche i valori per il particolato atmosferico per il quale si è registrata una media annuale di PM10 pari a 25 µg/mc rispetto al valore indicato dell’OMS di 15 µg/mc e di PM2.5 pari a 12 µg/mc contro un valore OMS di 5 µg/mc.
“Le città che respirano” – attraverso cui è stato reso possibile l’intervento di Roma – è l’iniziativa con la quale Nespresso si impegna a tutelare il patrimonio naturalistico del Paese con l’obiettivo di rendere l’Italia sempre più verde, aumentarne la biodiversità e dare a tutti la possibilità di vivere attivamente il proprio territorio riscoprendone la sua bellezza. Un progetto che rientra nel più ampio programma “Nespresso per l’Italia” che vede l’azienda impegnata in prima linea in diverse iniziative a sostegno del territorio italiano, tra cui il progetto di economia circolare “Da Chicco a Chicco” e la collaborazione con il FAI – Fondo Ambiente Italiano in favore del patrimonio naturale, umano e artistico che rende unico il nostro territorio.
«Questo per noi è un momento speciale, perché il nostro progetto “Le città che respirano” ha raggiunto un nuovo traguardo in un giorno importante per il nostro Paese, nel quale entra in vigore la riforma della Carta Costituzionale che integra la sostenibilità tra i principi fondamentali, nell’interesse delle future generazioni. Abbiamo intrapreso questo percorso al fianco di Legambiente e AzzeroC02 nel 2020 con l’obiettivo di proteggere una delle risorse più preziose che abbiamo: le aree verdi che rendono unico il nostro Paese. Da allora, siamo riusciti a intervenire su oltre 20.000 mq, da Monza ad Assago, a Bitonto fino a Roma. Oggi, con questa iniziativa a supporto di Monte Antenne e del Parco di Villa Ada abbiamo permesso al nostro progetto “Le città che respirano” di crescere ancora di più e di restituire alla cittadinanza un’area così importante per Roma, un risultato di cui siamo profondamente orgogliosi e che ci spinge a lavorare ancora di più per creare valore presso le comunità di cui siamo parte anche in Italia» dichiara Chiara Murano, Sustainability Manager di Nespresso Italiana.
Grazie al progetto “Le città che respirano”, dal 2020 Nespresso si impegna al fianco di Legambiente e AzzeroCO2 per tutelare le ricchezze ambientali italiane. Un’iniziativa che finora ha permesso di riqualificare e riforestare oltre 35.000 metri quadri, raggiungendo importanti risultati in Lombardia, dove sono stati già riforestati oltre 10.500 mq ad Assago (MI) e Monza, in Puglia a Bitonto (BA), con altri 10.000 mq di nuovo verde per sostenere e compensare l’equilibrio forestale del Parco Nazionale dell’Alta Murgia e mitigare i danni causati dagli incendi dell’estate 2021 all’interno del Parco, per arrivare oggi a Roma, con l’intervento che ha interessato l’area Monte Antenne all’interno di Villa Ada.
«Il progetto di recupero del patrimonio forestale dell’area Monte Antenne, nel cuore di Roma, – ha dichiarato, Stefano Ciafani Presidente di Legambiente Onlus – rappresenta un’azione importante per contrastare gli effetti della crisi climatica e al tempo stesso per valorizzare una preziosa area verde della Capitale. La vegetazione in città, tra i tanti effetti benefici, fa da climatizzatore naturale stemperando quelli che sono gli eccessi termici che caratterizzano l’ambiente urbano e riducendo l’effetto “isola di calore”, dovuto alle superfici cementificate che riflettono i raggi del sole, e la temperatura nei mesi estivi anche di 8°C. Per questo più che mai abbiamo bisogno di città con sempre più aree verdi, e ricche di spazi di condivisione. La campagna “Le città che respirano” va proprio in questa direzione con la riqualificazione di un importante polmone verde della capitale, quale è Monte Antenne per Roma, e interventi per favorire la fruizione».
«Contribuire a contrastare la crisi climatica, rigenerando al contempo i territori e restituendo alle comunità spazi di condivisione, è ciò che noi di AzzeroCO2 ci prefiggiamo attraverso gli interventi di forestazione come quello che ci vede coinvolti insieme a Nespresso presso l’area di Monte Antenne-Villa Ada a Roma – ha dichiarato Sandro Scollato Amministratore Delegato di AzzeroCO2 -. L’iniziativa rientra nel progetto europeo ‘LIFE Terra’ che vede Legambiente come unico partner italiano e del quale noi siamo sostenitori. Un esempio concreto di come dal lavoro sinergico tra diverse realtà si possano ottenere benefici dall’alto valore ambientale e sociale consentendo di rendere fruibili gli spazi verdi, contribuendo al contempo a rendere i centri urbani più sostenibili e resilienti rispetto alle minacce legate al riscaldamento globale».
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Ambiente
Dossier Nevediversa 2025 di Legambiente: 265 gli impianti dismessiin Italia. Milano Cortina 2026 la sostenibilità è un obiettivo lontano

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Bisogna ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile replicando le buone pratiche di turismo dolce.
Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.
Dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per “fabbricare” la neve. Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente. Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.
Sono 112 le strutture temporaneamente chiuse, mentre sono 128 quelle un “po’ aperte, un po’ chiuse”. Salgono a 218 gli impianti sottoposti ad “accanimenti terapeutici”, distribuiti in 36 comprensori, e più che raddoppiati rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 103. Il numero più alto in Lombardia (59), Abruzzo (47), Emilia-Romagna (34). Resta invariato, invece, il numero degli impianti smantellati e riusati, rispetto all’anno precedente, attestandosi a 31; salgano a 80 gli edifici fatiscenti censiti e sono 15 le storie di brutti progetti segnalati nel report. Il dossier di Legambiente allarga poi lo sguardo anche sulle Alpi francesi e svizzere attraverso l’analisi dei dati di Mountain Wilderness Francia. Ad aprile 2024 sono stati censiti 101 impianti abbandonati in 56 siti distribuiti sulle catene montuose francesi, mentre in Svizzera risultano dismessi da anni oltre 55 skilift e funivie. Segno che il turismo invernale è in crisi anche oltralpe.
A pesare sulla fotografia scattata da Nevediversa 2025 è la crisi climatica che impone un ripensamento del rapporto con la montagna, in quota e a valle. Per Legambiente servono in primis più azioni di mitigazione e adattamento e più finanziamenti per il turismo dolce, accompagnati da una migliore gestione del territorio replicando le buone pratiche. Le previsioni per i prossimi anni indicano inverni significativamente più caldi rispetto a oggi, con un conseguente calo delle nevicate. I dati della Fondazione CIMA illustrano chiaramente il grave deficit nevoso registrato al 13 febbraio 2025 rispetto alle medie storiche. Sulle Alpi nella fascia tra i 1000 e i 2000 metri, la riduzione dell’innevamento è del 71% e addirittura del 94% sugli Appennini. A quote più elevate, tra i 2000 ei 3000 metri, il deficit si attesta al 43% sulle Alpi e al 78% sugli Appennini, evidenziando una situazione critica soprattutto lungo la dorsale appenninica. Dati che evidenziano le difficoltà a cui vanno incontro gli impianti sciistici che, a causa della crisi climatica, hanno prospettive di sviluppo sempre più incerte. Sul sito del Ministero del Turismo, dall’inizio del governo Meloni, sono stati pubblicati avvisi riguardanti l’assegnazione e l’erogazione di contributi pari a ben 430 milioni di euro, destinati a compensare le perdite subite dai comprensori sciistici. Inoltre, fino al 2028, il Ministero continuerà a finanziare a fondo perduto le imprese che gestiscono impianti di risalita a fune.
Negli ultimi anni, gli impianti di neve artificiale sono diventati una spesa costante e cruciale per la sopravvivenza dei comprensori e per garantire la settimana bianca. Tra gli esempi simbolo citati da Legambiente nel report ci sono Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. A metà febbraio si è registrata una spesa di 2 milioni di euro per l’innevamento artificiale nelle aree montane del Bellunese dall’inizio della stagione. Nel caso del Sestriere, in Piemonte, in quattro anni la cifra spesa ha superato i 10 milioni di €. Per innevare i 125 chilometri di piste del Friuli-Venezia Giulia, il costo stagionale si aggira intorno ai 5.300.000 euro. Oltre alla spesa in conto capitale. Dall’altro lato salgono in Italia i costi della settimana bianca. Una famiglia di tre persone, stando alle ultime stime, quest’anno spenderà in media 186 euro al giorno solo per accedere agli impianti di risalita e alle piste. In aumento, secondo Federturismo, anche il costo di hotel (+5,1%), delle scuole di sci (+6,9%), i servizi di ristorazione (+8,1%). In sintesi, per una settimana bianca, un adulto spende in media 1.453 euro, mentre un nucleo familiare composto da due genitori e un figlio affronta una spesa di circa 3.720 euro.
Il report dedica poi un focus aggiornato sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. A un anno dall’evento sportivo, dove la sostenibilità resta un obiettivo lontano, continuano le difficoltà legate a opere faraoniche, ritardi e costi alle stelle. Partite con un budget di 1,5 miliardi di euro, ad oggi i costi sono saliti a 5,7 miliardi di euro. Riguardo le opere previste molte rischiano di non essere completate tra queste anche le varianti della Val Boite. Continua il monitoraggio sulle opere da parte delle associazioni della Rete Open Olympics. Intanto resta alta l’incognita neve 2026.
Da Cortina alle Cime di Lavaredo, per arrivare a Roccaraso, l’overtourism colpisce Alpi e Appennini a cui il report dedica un approfondimento corredato da interviste ad esperti. Le mete alpine, in particolare, stanno vivendo anche l’espansione del turismo del lusso come sta accadendo a Cortina. Sempre più riservata a un’elitè di ricchi, Cortina sta diventando una “scuola di gentrificazione, dove ci si trova estranei nella propria terra”. Come spiega il professore Alberto Lanzavecchia dell’Università di Padova, “le proprietà non vengono acquistate dagli italiani, ci sono investitori stranieri, oggi solo un terzo degli alberghi è gestito da famiglie di residenti. L’offerta turistica diventa più costosa ed espelle le famiglie italiane, che non possono godere più di quella valle”.
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Ambiente
Prosegue il Progetto Bee Friends – Pollinator Garden nei territori limitrofi al Bioparco ZOOM Torino

Anche nel 2025, la Fondazione ZOOM, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, continua il suo impegno a favore dei comuni piemontesi limitrofi al Bioparco ZOOM, con il progetto Bee Friends – Pollinator Garden. (altro…)
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Ambiente
E’ morto a 90 anni Fulco Pratesi , fondatore del WWF Italia di cui è stato a lungo presidente

E’ morto a Roma a 90 anni Fulco Pratesi : architetto, giornalista, autore, disegnatore, fondatore del Wwf Italia di cui è stato a lungo presidente.
Il WWF Italia piange la scomparsa del suo padre fondatore e si stringe con commozione alla famiglia Pratesi. La moglie Fabrizia si era spenta meno di 5 mesi fa, il 4 ottobre 2024 Fulco Pratesi lascia 4 figli, 6 nipoti e una pronipote. Grazie a Fulco Pratesi l’ecologia è entrata nelle case degli italiani, il suo amore smisurato per la natura ha avviato una vera e propria rivoluzione culturale da cui è nato il movimento ambientalista italiano.
Conoscere, amare e difendere la natura. Queste tre semplici regole ci aiuteranno a vivere in armonia
https://www.youtube.com/watch?v=9hg41_d9Z8A&feature=youtu.be
Il ricordo di Fulco Pratesi dal WWF Italia
Fulco Pratesi, nato a Roma nel 1934 e presto sfollato nella prima infanzia con la famiglia nella proprietà di campagna nel viterbese, è entrato presto a contatto con la natura. Fin da piccolissimo s’innamorò degli animali e del disegno. Dopo un’infatuazione giovanile per la caccia, convertì il suo interesse per la natura e gli animali nella conservazione. La sua seconda vita iniziò nel 1963, nelle foreste dell’Anatolia, in Turchia, dove si era recato a caccia. Gli si parò di fronte un’orsa con tre piccoli. Fu un incontro “folgorante” come lui stesso lo ha definito tante volte. Un incontro che gli fece cambiare totalmente prospettiva. Tornato in Italia, vendette il fucile e acquistò una macchina fotografica. Presto, si convertì all’amore incondizionato per tutte le forme viventi e decise di impegnarsi per la conservazione, tanto da abbandonare la professione di architetto. Saputo della nascita del World Wildlife fund in Svizzera, li contattò per far nascere la sezione italiana. “Ma dovrà trovare lei i soldi necessari al progetto” fu la risposta. Con famiglia e già 4 figli, non era facile. Riuniti alcuni amici illuminati nel suo studio di architetto, nacque nel 1966 il WWF Italia, con pochi soldi e tanto entusiasmo. Entusiasmo che è rimasto sempre stato il suo tratto distintivo fino agli ultimi giorni della sua vita.
Fondamentale il suo contributo alla definizione e approvazione di leggi fondamentali per la tutela della natura italiana, dalla della legge 157 sulla fauna a quella sui parchi del 1991. Ma il suo orgoglio più grande erano le oltre 100 Oasi del WWF che amava e conosceva una per una. Fulco Pratesi ha reso migliore il nostro Paese per tutti questi motivi e tanti altri, a cominciare dalla grande vocazione alla divulgazione: storico collaboratore del Corriere della Sera, ha pubblicato una dozzina di libri e curato decine di pubblicazioni anche per ragazzi, trasmettendo la sua grande passione per piante e animali a milioni di italiani attraverso testi accattivanti e disegni dal tratto unico. Ha viaggiato in tutto il mondo, dall’India all’America latina, e tutti i suoi incontri con la natura sono documentati nei suoi inseparabili taccuini.
Seppe fare quello che solo i grandi sanno fare: trasformare un sogno per pochi (la protezione della natura in Italia, la tutela di animali allora braccati come lupi e orsi) in una realtà consolidata. Con un vero e proprio atto di coraggio, con pochi soldi in cassa (i primi soci si erano autotassati), la prima azione del neonato WWF Italia fu quella di acquisire i diritti di caccia della laguna di Burano, dando il via alla nascita dell’Oasi di protezione e del “modello Oasi”, che contraddistingue il WWF Italia dagli altri WWF nel mondo. Oggi le aree gestite o di proprietà sono oltre 100 e proteggono circa 27.000 ettari di natura. Fondamentale è stato anche il suo contributo alla nascita del sistema dei Parchi nazionali, attraverso studi, piani e la spinta all’approvazione della legge quadro sulle aree protette del 1991. Sempre, gettando il cuore oltre l’ostacolo: come quando, nel 1985, l’Associazione raccolse oltre 600 milioni di lire – con un vero e proprio crowdfunding ante litteram – per l’acquisto dell’area di Monte Arcosu, con l’obiettivo di salvare il cervo sardo dal bracconaggio e dall’estinzione.
La sua vita racconta la storia della nostra Associazione. Proverbiali le sue battaglie contro la caccia (per impedire ai cacciatori di entrare nei fondi privati), che lo portarono a ricevere insulti e minacce. Ma anche per la salvaguardia delle creature marine, dai cetacei alla foca monaca, dalle reti spadare. Aveva una grande passione per i piccoli uccelli e per gli ambienti di palude, considerati malsani dai più e invece visti da Fulco, giustamente, come ecosistemi ricchissimi di biodiversità. Da tutelare. In natura passava ore a osservare gli uccelli e a comporre i primi schizzi per i suoi acquerelli. “Se considereremo la natura e il nostro Pianeta come un posto da conquistare e dominare, allora sarà la nostra fine” ha ripetuto nell’ultima intervista.
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