Massa Critica
Come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potrebbe spingere l’Italia verso il futuro a partire da digitalizzazione, innovazione e transizione ecologica

Lo scorso 12 gennaio è stato approvato dal Consiglio dei Ministri dell’allora Governo Conte il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con l’obiettivo di rilanciare il Paese verso un’innovazione collegata al programma Next Generation EU (volgarmente conosciuto come Recovery Fund) varato dall’Unione Europea nel luglio 2020 per regolamentare lo sviluppo continentale 2021-27.
In linea di principio il programma del PNRR si basa di fatto su sei macro-punti che costituiscono altrettante missioni che l’Italia deve affrontare per rialzarsi in seguito alla grave crisi economica in cui è caduta in conseguenza della pandemia globale: 1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; 2. Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica; 3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4. Istruzione e Ricerca; 5. Inclusione e Coesione; 6. Salute.
Analizziamo punto per punto le risorse messe a disposizione dal Governo per realizzare il Piano.
Per quanto riguarda il tema della Digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica, il Governo ha stanziato in totale 46,3 miliardi di euro, divisi tra Digitalizzazione nella Pubblica Amministrazione (11,75 miliardi), Digitalizzazione nei settori produttivi (26,55 miliardi), Turismo e Cultura 4.0 (8 miliardi). Al centro del programma di innovazione, dunque, si colloca certamente la Pubblica Amministrazione, soggetta forse più di qualsiasi altro settore a un vasto programma di novità. I miglioramenti riguardano sia le dotazioni tecnologiche degli enti, sia una maggiore attenzione nella selezione, nella formazione e nella tutela del capitale umano in essi impiegato, con particolare attenzione allo sviluppo dello smart working, che nell’ultimo anno i dipendenti pubblici (e non solo) hanno imparato a conoscere molto bene. Ma le innovazioni riguardano anche i fruitori dei servizi offerti dalla PA, ovvero la cittadinanza. Si è deciso di investire sempre di più sulla cyber security per tutelare al meglio i dati personali degli utenti, e sul discorso riguardante la cosiddetta Cittadinanza Digitale (5,5 miliardi su 11), che consentirà agli utenti (privati o imprese) abilitati ai servizi digitali (ad esempio lo SPID), di accedere con maggiore facilità a tutte le operazioni concernenti la PA. In ultimo si investirà fortemente anche sul Turismo e sulla Cultura, asset strategici e vitali per un paese come l’Italia. In modo particolare si interverrà capillarmente per valorizzare i siti culturali e storici delle principali città metropolitane ma anche delle periferie e delle aree rurali, troppo spesso dimenticate dagli interventi precedenti. Protagonisti degli interventi anche i settori della cultura e dell’arte, con un sempre maggiore sviluppo in termini di digitalizzazione e virtualità in settori quali il cinema, i musei e le eccellenze artistiche italiane.
Il secondo punto riguarda la Rivoluzione Verde e la Transizione Ecologica, diventate delle vere e proprie prerogative continentali nell’ultimo decennio. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede un investimento di 69,8 miliardi su questo punto, concentrandosi principalmente sullo sviluppo di una filiera agroalimentare e industriale sostenibile (7 miliardi), sull’incremento degli interventi di economia circolare e valorizzazione dei rifiuti (con risorse maggioritarie destinate al Mezzogiorno), sulla riduzione delle missioni gassose inquinanti nel pieno rispetto del Green Deal europeo del 2030, e sulla tutela del territorio e della risorsa idrica nazionale. Gli interventi del PNRR puntano a favorire il ricorso alle fonti di energia rinnovabili (grandi investimenti, ad esempio, riguardano l’idrogeno) e un sempre maggiore utilizzo dell’elettrico, specialmente nel settore automotive. Parallelamente, verrà rinforzato il monitoraggio dell’inquinamento dell’aria, riformando la normativa nazionale attualmente in vigore.
Grande sostegno, verrà dato, infine, a tutti i progetti di mobilità green, quali la costruzione di ciclovie ed aree verdi nei grandi centri, investimenti per l’acquisto di mezzi pubblici elettrici, incentivi ancora maggiori sui veicoli a batteria. Inoltre proprio sull’ultimo tema della transizione ecologica si ricollega il terzo ambito di intervento del Piano, ovvero quello concernente le Infrastrutture per una Mobilità sostenibile (in totale 31,9 miliardi investiti). La stragrande maggioranza degli interventi di questo punto (28,3 miliardi) hanno come obiettivo l’implemento dell’alta velocità ferroviaria, soprattutto al Sud (nuova linea Napoli-Bari), l’upgrading delle ferrovie regionali e l’ammodernamento di strade e autostrade sia in termini di allungamento delle linee, sia sotto l’aspetto della manutenzione delle infrastrutture e del monitoraggio digitale del traffico. Meno risorse, ma comunque più di tre miliardi di euro, saranno investite nel potenziamento della competitività e della sostenibilità di porti e aeroporti e nella gestione del traffico delle merci.
La quarta zona di intervento del PNRR riguarda invece l’Istruzione e la Ricerca e prevede lo stanziamento di 28,5 miliardi complessivi. Nella fattispecie l’intervento del Governo si divide in due componenti: da un lato il potenziamento delle competenze e del diritto allo studio, dall’altro l’integrazione tra attività di ricerca e attività d’impresa. Prerogative del primo punto (16 miliardi) sono il contrasto all’abbandono scolastico e alla povertà educativa, il miglioramento nel reclutamento del corpo docenti, il potenziamento della didattica soprattutto nello studio delle lingue e delle materie scientifiche, considerato che l’Italia ha dati molto bassi in tal senso, l’aumento del diritto allo studio universitario (più alloggi, più borse di studio, Free-tax Area allargata sotto all’ISEE inferiore a 23,500 euro), il maggiore ricorso ad apprendistati professionalizzanti, la riduzione dello squilibrio tra domanda e offerte di lavoro, l’aumento del “tempo-scuola” con sempre maggiori attività extra-curricolari all’interno degli istituti. Si investirà poi molto sulla ricerca e sull’innovazione, con un significativo aumento della spesa (sia pubblica sia privata) in attività di questo tipo, per favorire l’integrazione tra attività di ricerca e attività d’impresa professionali, e dunque l’ingresso dei laureati nel mondo del lavoro.
Per quanto riguarda, invece il capitolo Inclusione e Coesione, sono stati stanziati 27,6 miliardi di euro volti specialmente a favorire l’occupazione giovanile e a contrastare la discriminazione di genere sul lavoro (favorendo, ad esempio, l’imprenditoria femminile). Saranno inoltre introdotte politiche attive di lavoro per accrescere la professionalizzazione di occupati e disoccupati, verrà dato molto più risalto alle iniziative di introduzione nel mondo del lavoro soprattutto per i giovani, con grandi investimenti sul Servizio Civile Universale e l’apprendistato duale, e si investirà molto anche sul recupero e la rigenerazione di edifici e territori urbani e periferici per ammodernarli e favorire la coesione sociale per le categorie più deboli (minori, disabili e anziani). Tre sono dunque le direttrici con cui si possono raggiungere questi risultati: politiche per il lavoro (12,6 miliardi), infrastrutture sociali (famiglie, comunità e terzo settore, per un totale di quasi 11 miliardi) e interventi speciali per la coesione territoriale (4 miliardi).
Molto attuale è poi l’intervento sull’ultimo punto del PNRR, ovvero quello concernente la Salute, per cui sono stati stanziati complessivamente 19,7 miliardi di euro. Un settore, a dire il vero, già piuttosto in forma, come dimostra il confronto con i dati europei sia in termini sanitari, sia sotto l’aspetto della spesa pubblica (6,5% PIL contro il 7,8% della media europea). Gli interventi riguarderanno in modo particolare il rafforzamento del sistema ospedaliero, l’aumento dell’equità nell’accesso alle cure, il rafforzamento nella tempestività di risposta a emergenze sanitarie come quella che stiamo vivendo, maggiori fondi alla ricerca scientifica, la realizzazione di ospedali sicuri, tecnologici, digitali e sostenibili e l’aumento della competenza e del numero del personale sanitario qualificato.
Insomma, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si configura come un provvedimento quasi all’insegna delle politiche di welfare susseguenti le crisi del passato e di un rilancio concreto per il nostro paese, a seguito di uno dei periodi più difficili di sempre. Se le premesse e tutte le risorse verranno rispettate, l’Italia potrà guardare al futuro con ragionevole maggiore ottimismo.
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Massa Critica
Come è fatta una stazione di rifornimento a idrogeno

Una stazione di rifornimento idrogeno è in tutto e per tutto simile a quello che siamo abituati a vedere nella nostra quotidianità con le stazioni di fornimento di benzina e gasolio. La differenza è che una stazione di rifornimento a idrogeno è asservita a una mobilità idrogeno a zero emissioni. S
i compone di diverse parti, la prima tra tutte è ovviamente l’idrogeno, che può essere prodotto in loco tramite elettrolisi da fonti rinnovabili, oppure può essere trasportato dall’esterno, prodotto esternamente e portato all’interno della nostra stazione di rifornimento, in contenitori gassosi.
Una volta che abbiamo il nostro idrogeno all’interno della stazione di rifornimento, questo deve essere compresso ad altissime pressioni, 900-950 bar circa per poter permettere poi il rifornimento a vetture leggere o pesanti che siano.
Prima di poter però permettere il rifornimento bisogna raffreddare l’idrogeno a temperature intorno ai -40°, questo ci permette di operare in sicurezza un rifornimento in tempi che sono paragonabili a quelli della mobilità tradizionale, nell’ordine dei 5 minuti per fare un piano.
Completa il quadro della situazione della stazione di rifornimento, il dispenser, vale a dire, il bocchettone, che ci permette di fare il pieno, molto simile a quello ad oggi utilizzato per il GPL.
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Agricoltura
Una guida allo sviluppo rurale in Piemonte 2023-2027

Dal 1° gennaio 2023 è partita la nuova programmazione della Politica Agricola Comune (PAC). Il piano strategico nazionale dell’Italia, dal valore di 37 miliardi di euro, è stato approvato dalla Commissione Europea e grandi somme di tale piano saranno dedicate agli obiettivi climatici e ambientali, agli ecoschemi e ai giovani agricoltori.
La Rrgione Piemonte ha pubbllicato una guida a disposizione degli agricoltori piemontesi.
La programmazione 2023-2027 avrà una durata di cinque anni. La PAC ha tradizionalmente tre obiettivi generali, uno economico relativo alla competitività delle aziende e alla creazione di filiere agroalimentari, uno ambientale dedicato alla sostenibilità e alla conservazione delle risorse naturali e uno sociale riguardante l’ingresso dei giovani in agricoltura e lo sviluppo delle comunità nelle zone rurali.
Nella PAC 2023-2027 ogni obiettivo generale è suddiviso in 3 obiettivi specifici, come indicato nella figura sottostante. É inoltre presente un decimo obiettivo, trasversale, dedicato alla costruzione di sistemi di conoscenza e innovazione tra mondo della ricerca, attori privati e pubblici.
Nella programmazione precedente la Commissione Europea aveva previsto due strumenti per l’attuazione della PAC: il “Primo Pilastro” (aiuti diretti e interventi settoriali) e il “Secondo Pilastro” (misure di sviluppo rurale) gestito prevalentemente dalle singole Regioni attraverso i PSR (Programmi di sviluppo rurale).
Nel nuovo ciclo, è invece previsto un unico strumento di attuazione di livello nazionale, il Piano strategico della PAC (PSP), che comprende sia il Primo, sia il Secondo pilastro e che include tutti gli interventi sui territori. Anche se non esisteranno più i PSR regionali, ogni Regione ha definito un Complemento regionale per lo sviluppo rurale 2023-2027 (CSR), che rappresenta lo strumento attuativo a livello locale della strategia nazionale. Il CSR del Piemonte avrà una dotazione finanziaria di 750 milioni di euro e attiverà 49 interventi all’interno di otto ambiti indicati dai diversi colori in questa guida.
Altre informazioni utili sono reperibili alla apgina dello Sviluppo Rurale in Piemonte, e alla rivista Quaderni dell Agricoltura online.
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Massa Critica
STLA AutoDrive il primo sistema di guida autonoma sviluppato da Stellantis

Stellantis ha presentato STLA AutoDrive 1.0, il primo sistema di guida autonoma sviluppato internamente che offre funzionalità mani libere e occhi chiusi Livello 3 SAE disponibile fino a 60 km/h, anche al buio e in condizioni atmosferiche difficili.
STLA AutoDrive abilita anche le funzionalità di Livello 2 a mani sul volante e di Livello 2+ con mani libere, occhi sulla strada a velocità più elevate, tra cui il Cruise Control adattivo e le funzioni di mantenimento della corsia.
STLA AutoDrive è parte integrante della strategia tecnologica di Stellantis insieme a STLA Brain e STLA Smart Cockpit e permette di migliorare l’intelligenza del veicolo, l’automazione e l’esperienza a bordo. STLA AutoDrive consente la guida autonoma a velocità fino a 60 km/h riducendo il ruolo attivo del conducente nel traffico stop-and-go e offrendo tempo prezioso a bordo vettura. Ideale per chi guida nelle aree urbane ad alta densità, STLA AutoDrive consentirà ai conducenti di dedicare una parte del proprio tempo a bordo ad attività diverse dalla guida, come ad esempio guardare un film, leggere e-mail, sfogliare un libro o semplicemente guardare il panorama.
Il sistema è progettato per essere semplice: quando le condizioni del traffico e dell’ambiente attorno alla vettura lo consentono, il conducente viene avvisato che STLA AutoDrive è pronta ad entrare in funzione. Una volta attivato attraverso un pulsante, il sistema prende il controllo del veicolo mantenendo le distanze di sicurezza, regolando la velocità e gestendo la sterzata e la frenata senza soluzione di continuità in base al flusso del traffico.
STLA AutoDrive monitora continuamente l’ambiente circostante attraverso una serie di sensori per garantire uno stile di guida preciso e sicuro ed un funzionamento affidabile anche in caso di guida al buio o in condizioni atmosferiche difficili, ad esempio in caso di pioggia leggera. Per mantenere le prestazioni costanti, un sistema automatico di pulizia dei sensori pulisce i componenti critici in modo da garantire affidabilità e funzionalità ottimali.
Progettato su un’architettura scalabile, STLA AutoDrive è pronto per l’implementazione e può essere adattato sulle vetture dei brand di Stellantis nei mercati globali, garantendo un’implementazione continua a seconda delle strategie commerciali e della domanda del mercato. Il sistema è inoltre collegato al cloud, che consente miglioramenti continui grazie agli aggiornamenti over-the-air e all’integrazione dei dati in tempo reale per ottimizzare le prestazioni.
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