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Clean Cities un viaggio in 14 tappe attraverso l’Italia per una mobilità più sicura, più elettrica, più condivisa

Legambiente presenta un viaggio in 14 tappe per una mobilità più sicura, più elettrica, più condivisa. Dall’8 marzo al 10 aprile la campagna di Legambiente per accelerare le politiche locali verso la transizione ecologica: “Le città possono diventare il motore del rilancio del Paese. Le risorse del Recovery Plan possono riqualificare gli spazi urbani e rendere le città a emissioni zero, ai Sindaci chiediamo progetti ambiziosi e concreti di cambiamento”.

La ripartenza inizia dalle città. I nostri capoluoghi hanno di fronte grandi sfide, rese ancora più impegnative dalla crisi sanitaria: l’adozione di nuovi modelli di mobilità, la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico. Per questo, nasce Clean Cities, nuova campagna di Legambiente che dall’8 marzo al 10 aprile intende accendere i riflettori sul ruolo che le città italiane possono giocare per una ripartenza più ecologica e sostenibile. Un viaggio in 14 capoluoghi italiani, da Nord a Sud, per promuovere con forza una nuova mobilità urbana: più elettrica, più sicura e più condivisa, cercando di spingere i processi politici locali verso misure di mobilità sostenibile e rendendo permanenti quelle eventualmente adottate in fase di emergenza.

La campagna Clean Cities, nata in sostituzione alla storica campagna Treno Verde, che quest’anno si è fermata a causa dell’emergenza sanitaria, ne assorbe gli obiettivi e i contenuti, e come questa si articolerà in tappe: quattordici quelle della prima edizione, ognuna delle quali vedrà protagonista un capoluogo italiano. Clean cities partirà da Padova (8 e 9 marzo) e farà tappa a Milano (10 e 11 marzo), Torino (12 e 13 marzo), Genova (14 e 15 marzo), Bologna (16 e 17 marzo), Firenze (18 e 19 marzo), Ancona (20 e 21 marzo), Perugia (22 e 23 marzo), Roma (24 e 25 marzo), Cagliari (26 e 27 marzo), Pescara (28 e 29 marzo), Napoli (30 e 31 marzo) Bari (1 e 2 aprile), Catania (8 e 9 aprile).

Ogni tappa si svolgerà in due giornate: la prima giornata sarà dedicata ad azioni outdoor, come mobilitazioni, flash mob e blitz. Iniziative finalizzate a sostenere o avviare vertenze territoriali legate alla mobilità, alla sicurezza stradale, al miglioramento della qualità dell’aria, con l’intento di ottenere un preciso impegno dalle amministrazioni locali affinché vengano soddisfatte. Nella seconda giornata ogni capoluogo organizzerà un evento per presentare la “Pagella della Città”, una sintesi delle performance locali sui principali indicatori urbani relativi a ciclabilità, mobilità elettrica, sicurezza e inquinamento atmosferico. Sarà anche l’occasione per presentare buone pratiche locali e regionali in merito ai temi trattati, per favorire un momento di confronto con l’amministrazione locale e con i cittadini e per fare il punto sui programmi d’investimento del Recovery Fund in ambito urbano.

Mobilità sostenibile e trasporto pubblico in Italia, lo stato dell’arte. Un anno fa, dopo il primo lockdown, le politiche nazionali nell’ambito della mobilità hanno registrato un’improvvisa accelerazione, complice l’interesse nei confronti di azioni che, in qualche modo, potessero contenere il rischio di contagio, soprattutto durante gli spostamenti quotidiani. Ad oggi, però, risulta evidente come la direzione verso la quale il Paese procede sia cambiata nuovamente. Abbiamo assistito al varo di una serie di misure, quali ad esempio gli incentivi per l’acquisto di nuove auto diesel e benzina e le due deroghe per il blocco degli euro 4, che vanno nella direzione opposta. E neanche il PNRR sembra avere l’adeguata attenzione per la mobilità nelle città e nelle aree metropolitane, teatro di oltre i tre quarti di tutti gli spostamenti.

Anche se non torneremo presto a muoverci come prima, complice l’impoverimento degli italiani e lo smart working, riprenderemo comunque a spostarci. Il modo in cui questo avverrà è strettamente connesso alle nuove politiche urbane, al ridisegno delle strade, alla presenza di nuovi servizi di mobilità e agli investimenti nel trasporto pubblico. L’azione territoriale diventa quindi fondamentale per ribadire l’importanza che gli interventi locali sulla mobilità rivestono nel Recovery Fund. Come sottolineato nel recente rapporto Pendolaria, negli ultimi due anni in Italia non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di linea metropolitana. È cresciuto il distacco tra le città italiane e quelle europee, in merito alla dotazione di metro, di tram e di ferrovie urbane per i pendolari. Dal 2002 al 2018, i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade, e tra il 2010 e il 2018 sono stati realizzati 298 km di autostrade e 2.479 km di strade nazionali, a fronte di appena 91,1 km di metropolitane e di 58,4 km di linee del tram. Al mancato rafforzamento del trasporto pubblico va aggiunto l’enorme ritardo sui bus elettrici: nel nostro Paese solo il 5,4% degli autobus in circolazione è a zero emissioni. Inoltre, bisogna consolidare l’impegno nella realizzazione di piste ciclabili, come richiesto dai PUMS, Piani Urbani di Mobilità Sostenibile, che prevedono 2.626 km di nuove piste ciclabili, da sommare ai 2.341 km già esistenti in 22 città italiane. Ritardi e rallentamenti che si riflettono sul tasso di motorizzazione e sulla qualità dell’aria nelle città italiane: nel 2020, si registravano 63,5 auto per ogni 100 abitanti, il doppio rispetto a capitali come Londra, Parigi e Berlino, e l’anno scorso 60 città italiane hanno registrato una media annuale superiore ai 20 microgrammi/metrocubo (µg/mc) di polveri sottili rispetto a quanto indicato dall’OMS.

Le città italiane sono pronte a puntare su una prospettiva green che permetta di rigenerare gli spazi pubblici, di rendere pedonali e ciclabili piazze e strade, di creare giardini e di accogliere una mobilità green, sempre più integrata e capace di creare nuove opportunità. È cruciale, dati alla mano, creare un network tra i capoluoghi italiani per far fronte alla scadenza del phase out dei motori a combustione interna, previsto entro il 2030, e per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’Unione Europea al 2030 e al 2050.

Per questi motivi in tema di mobilità urbana, per Legambiente da qui ai prossimi anni per accelerare la transizione ecologica sarà centrale: 1) Ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo e rispettoso dell’ambiente con quartieri car free, “città dei 15 minuti” (in cui tutto ciò che serve sta a pochi minuti a piedi da dove si abita), strade a 30 km all’ora, strade scolastiche, smart city, moderazione della velocità, sicurezza. 2) Aumentare la dotazione del trasporto pubblico elettrico: 15.000 nuovi autobus elettrici per il TPL (rifinanziare il Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile a favore di soli autobus a zero emissioni); nuove reti tranviarie per 150 km (o filobus rapid transit); cura del ferro (500 nuovi treni e adeguamento della rete regionale con completamento dell’elettrificazione). 3) Sharing mobility: incentivare la Mobilità elettrica condivisa (micro, bici, auto, van e cargo bike) anche nelle periferie e nei centri minori, realizzare 5000 km di ciclovie e corsie ciclabili, rendere l’80% delle strade condivise tra cicli e veicoli a motore. 4) Piani Clima in ogni comune: in accordo con il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima, stop alla commercializzazione dei veicoli a combustione interna al 2030 (al 2035 per camion e autobus interurbani) e introduzione nei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile degli obiettivi vincolanti di decarbonizzazione al 2030, almeno del 50%, e la limitazione della circolazione delle auto inquinanti con più di 10 anni. 5) Rifinanziare il Piano nazionale della sicurezza stradale (legge 144/1999) per progetti di mobilità dolce vincolando le risorse agli obiettivi dei PUMS.

Il racconto della campagna e la petizione. È possibile seguire tutte le tappe di Clean Cities sulla pagina Facebook Legambiente Lab e sull’account twitter GreenMobilityIt. La campagna Clean Cities viaggia in parallelo alla petizione Mal’aria, che sintetizza le richieste di Legambiente per città più pulite, sicure e vivibili invitando tutti a firmarla. Hashtag ufficiali della campagna: #CleanCities #Ripartiamodallecittà


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Arte

Giorgio de Chirico precursore del Surrealismo: una mostra a cent’anni dalla nascita del movimento

In occasione del centenario del Surrealismo (1924-2024), segnato, nell’ottobre del 1924, dalla pubblicazione del Manifeste du surréalisme del critico francese André Breton, la Fondazione Accorsi-Ometto di Torino dedica una mostra a Giorgio de Chirico, ritenuto dallo stesso Breton precursore del Surrealismo.

Prendendo in esame uno specifico arco temporale che va dal 1921 al 1928, la mostra, curata da Victoria Noel-Johnson, è la prima esposizione a porre l’attenzione sugli eventi intorno al 1924, anno cruciale per la fondazione del movimento francese, per cui il pittore italiano assunse un ruolo fondamentale. In quanto tale, l’esposizione intende evidenziare l’importanza del ruolo di de Chirico nella nascita e nello sviluppo del Surrealismo, nonché analizzare il suo complicato rapporto con André Breton, il fondatore del movimento, con il poeta francese Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposò Salvador Dalì).

Grazie al prestigioso prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi, nella mostra viene esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924, finora poco conosciuta, in cui l’artista propose di realizzare per Breton la prima replica di un’opera del periodo metafisico, quella de Le muse inquietanti del 1918.

Breton, che scoprì la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi tramite il poeta-critico Guillaume Apollinaire, iniziò a corrispondere con l’artista alla fine del 1921, coinvolgendo poi il braccio destro del Surrealismo, Éluard, e sua moglie Gala. Tra il 1921 e il 1925, de Chirico scrisse loro oltre venticinque lettere e cartoline. Mentre de Chirico e gli Éluard si conobbero a Roma durante l’inverno del 1923-1924, Breton e de Chirico si incontrarono per la prima volta soltanto verso la fine dell’ottobre del 1924 a Parigi. In quell’anno, si avviò un’intensa frequentazione, documentata dalla celebre foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de recherches surréalistes (ottobre 1924), scattata pochi giorni dopo la pubblicazione del manifesto di Breton.

Il rapporto tra de Chirico e il gruppo dei Surrealisti, segnato da una serie di collaborazioni professionali e di amicizia, si inasprì rapidamente nel corso del 1925, con una rottura definitiva nel 1926. Il culmine fu raggiunto con la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico era ‘morto’ artisticamente nel 1918. Per i Surrealisti, il suo improvviso cambiamento avvenuto dal 1919 a favore del Classicismo e dei grandi maestri, era inspiegabile e inferiore rispetto al geniale splendore della sua prima pittura metafisica degli anni Dieci, una critica parzialmente spiegata da un vero e proprio conflitto di interessi: i Surrealisti erano proprietari della maggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918).

In realtà la sofisticazione intellettuale, l’eccellenza tecnica e l’innovazione creativa delle opere di de Chirico realizzate durante tale periodo (1921-1928), dimostrano l’esatto contrario da quanto articolato da Breton. In tale ottica, il visitatore troverà in mostra una ricca selezione di
opere compiute durante la permanenza del pittore in Italia tra Roma e Firenze (databili 1921-1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (databile fine 1925 – 1928). Nonostante lo sfondo di crescenti polemiche e critiche da parte dei Surrealisti, il pubblico avrà la possibilità di scoprire come de Chirico continuò a realizzare nuove serie dai soggetti innovativi, come Mobili in una stanza, Cavalli in riva al mare, Gladiatori, Archeologhi e Trofei. Esempi presenti in mostra includono i magnifici Combattimento di gladiatori (Fin de combat), 1927 e Chevaux devant la mer (1927-1928).

Come accertato, il pittore si accostò al Classicismo in maniera evidente dal 1919 al 1925: lo si evince dalla formidabile Lucrezia, 1921 circa, dall’Autoritratto con la madre, 1922, e dall’Autoritratto, 1925 – la prima opera dechirichiana acquistata dallo Stato Italiano – dai quali traspare evidente la sua conoscenza e il rispetto profondo per la pittura italiana del Quattrocento. L’elemento della sua continuità dell’opera metafisica degli anni Dieci, da lungo denominata come una “metafisica continua”, è illustrata, ad esempio, da Natura morta con cocomero e corazza, 1922, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco), 1922, o La mia camera nell’Olimpo, 1927, dove, in un’atmosfera fantastica ed enigmatica, compaiono, uno accanto all’altro, oggetti accostati apparentemente in maniera casuale. Oppure i Facitori di Trofei (1926-1928), una chiara evoluzione del primo periodo metafisico di de Chirico, in cui convivono elementi del passato e del presente: figure antiche, frammenti di colonne, fiamme stilizzate, profili di cavalli, il timpano di un edificio classico, fusi insieme da tre personaggi-manichino intenti nella costruzione dell’iconico “totem-trofeo”. Inoltre, opere come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambi del 1926, o Thèbes, 1928, illustrano lo sviluppo innovativo di certi temi e soggetti degli anni Dieci come gli ‘Interni ferraresi’ e i ‘Manichini’.

Nonostante le polemiche dei Surrealisti, in primis quelle di Breton, questo avvicinamento al Classicismo non impedì al critico francese di commissionare a de Chirico delle repliche di opere del primo periodo metafisico, oppure a Paul e Gala Éluard di acquistarne altre con soggetto e stile più tradizionali, come Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino), 1923, e Ulisse (Autoritratto), 1924, entrambi esposti in mostra. La presenza di questi dipinti (già collezione Éluard) evidenzia la conflittualità tra la critica surrealista verso le opere degli anni Venti di de Chirico e tale realtà poco conosciuta.


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Difesa Ambiente

Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino | Convegno il 13 novembre all’Unione Culturale

Il 13 novembre 2024 alle ore 18, presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli Torino (via Cesare Battisti 4/a), è in programma il convegno dal titolo “Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino”. (altro…)


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Acqua

Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici

A Torino, Palazzo Madama ospiterà una nuova edizione del River Café sul Po, un evento che, a trent’anni dalla drammatica alluvione del Tanaro, riunirà cittadini ed esperti per un confronto sui temi della pianificazione territoriale e della gestione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. L’incontro è organizzato nell’ambito del progetto europeo LIFE CLIMAX PO, dedicato all’adattamento del distretto del fiume Po al clima che cambia.

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