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Tutto quello che occorre sapere sulla legislazione europea sul diritto d’autore

Agenda Digitale riassume in un ottimo articolo tutte le implicazioni relative alla Legislazione europea sul diritto d’autore.

In Spagna era stata adottata una legge nazionale già prima della direttiva, nel 2014, ma Google preferì chiudere direttamente il servizio News piuttosto che pagare il compenso agli editori. Pur con queste premesse, il governo spagnolo ancora non ha implementato l’art. 15 della direttiva.

Anche in Germania una legge nazionale aveva provato ad anticipare la direttiva europea, ma l’iniziativa si è risolta con un pagamento di soli 700.000 euro da parte dei piccoli operatori Internet, mentre Google si è rifiutata di pagare, ottenendo invece una licenza gratuita dagli editori dopo averli avvisati che li avrebbe altrimenti deindicizzati, cioè fatti sparire dalla ricerche. Il caso è finito in contenzioso e nel frattempo la Corte europea ha invalidato la normativa tedesca. La Germania ha desistito ed è quindi passata alla trasposizione della direttiva europea, che però è tutt’ora in alto mare.

L’unico paese europeo che ha trasposto l’art. 15 della direttiva è, per ora, la Francia. Anche qui Google si è rifiutata di pagare, ritenendo che la disponibilità degli articoli online nelle sue ricerche debba essere oggetto di una licenza gratuita, avendo gli editori francesi applicato le direttive HTML (con cui si richiede l’indicizzazione in Google) ai propri siti. Come in Germania, anche in Francia il caso è finito in contenzioso poiché gli editori si sono dichiarati costretti a rilasciare la licenza gratuita per non perdere l’indicizzazione in Google. Gli editori francesi sono riusciti a ottenere una decisione favorevole dall’antitrust, ma solo fino ad un certo punto, poiché l’autorità ha disposto che Google sia obbligato a negoziare e debba offrire una qualche utilità economica maggiore di zero, ma si è ben guardata dell’indicare tariffe o criteri da applicare.

L’atteggiamento di Google può sembrare quello del bullo, ma in verità è basato su una semplice logica commerciale: il gigante californiano nega di arricchirsi con le pubblicazioni online, anzi ritiene di essere lui stesso a rendere un servizio agli editori portando loro del traffico Internet, vale a dire le visualizzazioni degli internauti che cliccando sulle pubblicazioni in Google News (o Search) sono poi indirizzati sul sito del quotidiano e leggono l’articolo originale per intero. Gli editori replicano che però non sempre gli internauti cliccano sulla notizia e spesso si limitano a leggere i titoli e gli estratti, facendo così venir meno il traffico Internet verso i loro siti. Inoltre ritengono che il potenziale arricchimento di Google debba essere comunque loro remunerato.

Il ragionamento di Google è tecnicamente condiviso dalla comunità Internet che, invece, normalmente critica il gigante californiano su altri temi, ad esempio privacy e concorrenza. Sul tema copyright c’è invece un certo allineamento: la comunità Internet, pur riconoscendo i problemi economici dell’editoria, si è normalmente schierata contro la direttiva sostenendo che le difficoltà degli editori deriverebbero soprattutto dal loro antiquato business model e dall’incapacità di adeguarsi alla digitalizzazione delle informazioni (analogamente a quanto accaduto nel settore musicale già da anni).

In effetti, numerose testate giornalistiche hanno ormai accettato che occorra cambiare business model per adeguarsi alla digitalizzazione del settore ed hanno cominciato a migrare verso le offerte a pagamento (paywall), in modo da ricostituire il reddito basato sulla vendita dei giornali cartacei. Tuttavia, tale migrazione è talvolta ancora in mezzo al guado oppure non perseguita con abbastanza convinzione: questo è il motivo per cui molti editori continuano a puntare ancora così tanto sulla direttiva copyright, e quindi sulla condivisione dei proventi della pubblicità online.

La posizione di Google e della comunità Internet non è stata premiata dalla direttiva europea approvata a Bruxelles nell’aprile 2019, che invece ha riconosciuto, con l’art. 15, il principio generale secondo cui qualsiasi utilizzo online delle pubblicazioni giornalistiche debba ricevere una remunerazione da parte di coloro che nel web fanno un tale uso. Su questo principio (in particolare sul “qualsiasi” uso) vi è stato un aspro dibattito in sede europea che ha coinvolto non solo i diretti interessati e, cioè, editori e grandi piattaforme online, ma anche attivisti civili, padri fondatori di Internet, la comunità tecnica di Internet, i giornali online (schierati contro la direttiva, anche perché non avevano un vecchio business da difendere, e cioè la tiratura cartacea). Alla fine del dibattito la distanza tra gli opposti schieramenti non è stata colmata, ma il legislatore europeo ha preso comunque la sua decisione. Quindi il principio della remunerazione per l’uso online delle pubblicazioni giornalistiche è passato e da qui l’Italia deve ripartire per la trasposizione in diritto nazionale, pur avendo peraltro votato contro la direttiva a Bruxelles: dura lex, sed lex.

Tuttavia, come si vedrà nel prosieguo, il diritto alla remunerazione si applica solo sulla base di circostanze qualificanti, e cioè la rilevanza, in termini quantitativi o qualitativi, dei testi delle notizie effettivamente pubblicati online (si tratta del tema degli snippet, che verrà analizzato in seguito). In altre parole, il legislatore europeo ha sancito il diritto alla remunerazione degli editori, ma non in modo assoluto, prevedendo invece che gli operatori Internet possano decidere di pubblicare estratti talmente ridotti e tali che per essi la remunerazione non sia più dovuta. Infatti, secondo il considerando 58 della direttiva, l’utilizzo online di estratti ridotti delle pubblicazioni online non mette a rischio gli investimenti degli editori. Si tratta di una scelta legislativa di buon senso e obbligata, perché una soglia per la remunerazione doveva per forza essere fissata, ma che si porta dietro una conseguenza deflagrante: gli operatori Internet, Google compresa, possono scegliere di posizionarsi al di sotto della soglia di remunerazione in modo che, legittimamente, niente sia più dovuto agli editori. Purtroppo, questi ultimi sembrano aver dimenticato questo aspetto fondamentale della direttiva copyright e quando invocano l’implementazione frettolosa dell’art. 15 evocano un diritto assoluto ed incondizionato alla remunerazione che, invece, la direttiva non contiene in detti termini. Si tratta, peraltro, di un diritto di esclusiva, e non di remunerazione.

A differenza dei regolamenti, le direttive europee non si applicano direttamente negli Stati membri e devono essere “riprodotte” in una legge nazionale, che ne riporta le norme fondamentali e stabilisce i dettagli che sono necessari per l’applicazione pratica. Per quanto riguarda la direttiva copyright, il termine di trasposizione è di due anni, e scadrà il 7 giugno 2021. Prima di quella data l’Italia non è obbligata ad attuare la trasposizione, ma l’appello di FIEG e editori è quello di anticipare i tempi. Curiosamente, la relazione al DDL 1721 del Senato che contiene la delega per la trasposizione della direttiva copyright, sostiene che la direttiva stessa sia “self-executing”, cioè già sufficientemente dettagliata, ma poi si contraddice indicando alcune aree dove invece il legislatore nazionale deve provvedere ai dettagli (anche per l’art. 15).

Le difficoltà che si stanno avendo in paesi ben attrezzati come Francia e Germania, e il fatto che nel resto d’Europa nessun altro paese abbia ancora trasposto la direttiva europea, suggeriscono cautela piuttosto che fretta. Trasporre velocemente la direttiva non vorrebbe dire tutelare efficacemente editori e giornalisti, se non si ha contezza delle difficoltà applicative della direttiva stessa. Il rischio è quello di adottare un testo di legge che semplicemente faccia chiudere un servizio (Spagna), oppure dia luogo a inutili contenziosi e benefici irrilevanti (Germania), o che richieda un successivo passaggio in antitrust dagli esiti velleitari (Francia).
La vaghezza dell’art. 15 della direttiva copyright e, in particolare, la definizione di “estratto molto breve

Il problema fondamentale della direttiva copyright è che il dispositivo dell’art. 15 è estremamente generico: riconosce agli editori i diritti circa la pubblicazione online dei loro articoli, da cui deriva la facoltà di eventualmente negoziare un compenso o una licenza, ma senza ulteriori specificazioni. Di tale genericità erano peraltro consapevoli le istituzioni europee, che l’hanno però mantenuta per facilitare il raggiungimento di un accordo in Parlamento e Consiglio. Gli stessi editori hanno supportato, in sede legislativa, l’estrema genericità della norma, probabilmente perché ritenevano che tale genericità potesse costituire un vantaggio nelle negoziazioni con le piattaforme: essendo essi titolari di un diritto di esclusiva ai sensi dell’art. 15, avrebbero avuto buon gioco nel negoziare, soprattutto se organizzati collettivamente, tutte le ulteriori condizioni.

La norma sancisce quindi un principio importante, ma senza dettagli. Tuttavia, proprio i dettagli che mancano sono in verità presupposti normativi fondamentali, senza i quali la norma è inapplicabile. Per intendersi, non sono definiti gli “estratti molto brevi” (c.d. “snippet”) che fissano la soglia al di sotto della quale l’esclusiva (e quindi la remunerazione) degli editori non opera. Commissione, Parlamento e Consiglio si sono scervellati per trovare un punto d’incontro, alternando soluzioni “quantitative” (ad esempio: numero delle parole) e qualitative, ma invano. Così la norma è arrivata agli Stati membri “in bianco”, il che vuol dire che essi la devono redigere per intero, senza potersi basare su alcun criterio europeo di riferimento. Quindi, come viene definito lo snippet, oltre il quale l’estratto online della pubblicazione deve essere remunerato agli editori? Potrebbe trattarsi di un certo numero di parole, ma quante?

Gli editori tedeschi propongono un tetto di 3 parole, mentre il governo di Berlino intende porre la soglia ad 8 parole. Anche il governo finlandese sembrerebbe voler difendere un siffatto limite di 8 parole. Si tratta di soglie quantitative che possono avere impatto diverso a seconda dell’idioma con cui è scritta la pubblicazione. Le lingue germaniche e ugro-finniche tendono ad accorpare espressioni in singole parole composte, quindi un tetto di 8 parole potrebbe già incorporare una parte significativa di una pubblicazione. Lo stesso non può dirsi invece per gli idiomi latini, dove le parole composte sono meno utilizzate e per i quali sarebbe perciò necessaria una soglia quantitativa più alta.


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Agricoltura

Una guida allo sviluppo rurale in Piemonte 2023-2027

Dal 1° gennaio 2023 è partita la nuova programmazione della Politica Agricola Comune (PAC). Il piano strategico nazionale dell’Italia, dal valore di 37 miliardi di euro, è stato approvato dalla Commissione Europea e grandi somme di tale piano saranno dedicate agli obiettivi climatici e ambientali, agli ecoschemi e ai giovani agricoltori.

La Rrgione Piemonte ha pubbllicato una guida a disposizione degli agricoltori piemontesi.

La programmazione 2023-2027 avrà una durata di cinque anni. La PAC ha tradizionalmente tre obiettivi generali, uno economico relativo alla competitività delle aziende e alla creazione di filiere agroalimentari, uno ambientale dedicato alla sostenibilità e alla conservazione delle risorse naturali e uno sociale riguardante l’ingresso dei giovani in agricoltura e lo sviluppo delle comunità nelle zone rurali.

Nella PAC 2023-2027 ogni obiettivo generale è suddiviso in 3 obiettivi specifici, come indicato nella figura sottostante. É inoltre presente un decimo obiettivo, trasversale, dedicato alla costruzione di sistemi di conoscenza e innovazione tra mondo della ricerca, attori privati e pubblici.

Nella programmazione precedente la Commissione Europea aveva previsto due strumenti per l’attuazione della PAC: il “Primo Pilastro” (aiuti diretti e interventi settoriali) e il “Secondo Pilastro” (misure di sviluppo rurale) gestito prevalentemente dalle singole Regioni attraverso i PSR (Programmi di sviluppo rurale).

Nel nuovo ciclo, è invece previsto un unico strumento di attuazione di livello nazionale, il Piano strategico della PAC (PSP), che comprende sia il Primo, sia il Secondo pilastro e che include tutti gli interventi sui territori. Anche se non esisteranno più i PSR regionali, ogni Regione ha definito un Complemento regionale per lo sviluppo rurale 2023-2027 (CSR), che rappresenta lo strumento attuativo a livello locale della strategia nazionale. Il CSR del Piemonte avrà una dotazione finanziaria di 750 milioni di euro e attiverà 49 interventi all’interno di otto ambiti indicati dai diversi colori in questa guida.

Altre informazioni utili sono reperibili alla apgina dello Sviluppo Rurale in Piemonte, e alla rivista Quaderni dell Agricoltura online.


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STLA AutoDrive il primo sistema di guida autonoma sviluppato da Stellantis

Stellantis ha presentato STLA AutoDrive 1.0, il primo sistema di guida autonoma sviluppato internamente che offre funzionalità mani libere e occhi chiusi Livello 3 SAE disponibile fino a 60 km/h, anche al buio e in condizioni atmosferiche difficili.
STLA AutoDrive abilita anche le funzionalità di Livello 2 a mani sul volante e di Livello 2+ con mani libere, occhi sulla strada a velocità più elevate, tra cui il Cruise Control adattivo e le funzioni di mantenimento della corsia.

STLA AutoDrive è parte integrante della strategia tecnologica di Stellantis insieme a STLA Brain e STLA Smart Cockpit e permette di migliorare l’intelligenza del veicolo, l’automazione e l’esperienza a bordo. STLA AutoDrive consente la guida autonoma a velocità fino a 60 km/h riducendo il ruolo attivo del conducente nel traffico stop-and-go e offrendo tempo prezioso a bordo vettura.  Ideale per chi guida nelle aree urbane ad alta densità, STLA AutoDrive consentirà ai conducenti di dedicare una parte del proprio tempo a bordo ad attività diverse dalla guida, come ad esempio guardare un film, leggere e-mail, sfogliare un libro o semplicemente guardare il panorama.

Il sistema è progettato per essere semplice: quando le condizioni del traffico e dell’ambiente attorno alla vettura lo consentono, il conducente viene avvisato che STLA AutoDrive è pronta ad entrare in funzione. Una volta attivato attraverso un pulsante, il sistema prende il controllo del veicolo mantenendo le distanze di sicurezza, regolando la velocità e gestendo la sterzata e la frenata senza soluzione di continuità in base al flusso del traffico.

STLA AutoDrive monitora continuamente l’ambiente circostante attraverso una serie di sensori per garantire uno stile di guida preciso e sicuro ed un funzionamento affidabile anche in caso di guida al buio o in condizioni atmosferiche difficili, ad esempio in caso di pioggia leggera. Per mantenere le prestazioni costanti, un sistema automatico di pulizia dei sensori pulisce i componenti critici in modo da garantire affidabilità e funzionalità ottimali.

Progettato su un’architettura scalabile, STLA AutoDrive è pronto per l’implementazione e può essere adattato sulle vetture dei brand di Stellantis nei mercati globali, garantendo un’implementazione continua a seconda delle strategie commerciali e della domanda del mercato. Il sistema è inoltre collegato al cloud, che consente miglioramenti continui grazie agli aggiornamenti over-the-air e all’integrazione dei dati in tempo reale per ottimizzare le prestazioni.


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In Evidenza

Anthroday 2025 a Milano e Torino dal 20 al 22 febbraio. Tra gli eventi anche un laboratorio partecipato tra giornalismo e antropologia

Il World Anthropology Day è un’iniziativa promossa dall’American Anthropological Association e lanciata a Milano, a partire dal 2019, e a Torino, dal 2023, dal corso di Laurea Magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche, dal Dottorato in Antropologia Culturale e Sociale, dal Dottorato Patrimonio Immateriale nell’Innovazione Socio-Culturale e dal Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. È organizzato in collaborazione con SIAA (Società Italiana di Antropologia Applicata), il dipartimento di Lingue, Letterature, Culture e Mediazioni dell’Università di Milano Statale, il dipartimento di Studi Umanistici dell’Università IULM e i dipartimenti di Culture, Politica e Società e Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino. HomoLogos, dal 2023, e Radio Popolare, dal 2024, sono media partner, mentre dal 2024 l’Anthroday si avvale del contributo organizzativo di Presso.

Quest’anno gli eventi si svolgeranno dal 20 al 22 febbraio a Milano e Torino. Di seguito il programma suddiviso per città:

Convegno di apertura 2025 – Milano

Programma Milano 2025

Programma Torino 2025

Festa dell’Antropologia 2025 – Torino

Tra gli eventi in programma segnaliamo:

Lo sguardo da vicino
Laboratorio partecipato tra giornalismo e antropologia

L’iniziativa fa parte del festival 𝗔𝗻𝘁𝗵𝗿𝗼𝗱𝗮𝘆 𝟮𝟬𝟮𝟱 – 𝗙𝘂𝘁𝘂𝗿𝗶 𝗘𝗺𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗡𝗲𝗴𝗮𝘁𝗶 𝗔𝗹𝘁𝗲𝗿𝗻𝗮𝘁𝗶𝘃𝗶.
Si tratta di un’iniziativa creata per celebrare e far conoscere l’antropologia in modo diffuso e traversale.

✨ Cosa faremo:
Progetteremo insieme la creazione della puntata di un podcast che racconti il lavoro di Eco dalle Città, l’associazione che ci ospita, e le tematiche di cui si occupa con uno sguardo antropologico.

Chi sarà presente?
Ginestra Odevaine (antropologa)
Chiara Pedrocchi (giornalista)
Il team del podcast Lo Sguardo da Vicino
Lo staff di Eco dalle Città

📅 Quando: sabato 22 febbraio ore 16.30-19.00
📍 Dove: Librezia Biblioteca di Recupero di libri usati 📚♻, Via Bellezia 19, Torino
👉 Iscriviti ora: [email protected]


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