Massa Critica
Robert Kahn e Vinton Cerf i padri dei protocolli internet nati contro la guerra fredda, indispensabili ai tempi del coronavirus
Oggi 12 aprile 2020 stiamo facendo gli auguri ai nostri parenti e ai nostri amici via internet, i credenti stanno seguendo riti pasquali attraverso Internet, stiamo lavorando utilizzando Internet, i nostri giovani stanno imparando con Internet e stiamo colloquiando con il mondo con i social.
Tutto questo però non era negli anni ’60 nei pensieri della Defense Advanced Research Project Agency (DARPA) che finanziò l’Università di Stanford e la BBN (Bolt, Beranek and Newman) per lo sviluppo di un insieme di protocolli di comunicazione da utilizzarsi per lo sviluppo di reti a commutazione di pacchetto, per l’interconnessione di calcolatori eterogenei in caso di un conflitto nucleare.
La struttura doveva essere in grado di resistere anche se degli attacchi avessero intaccato parte della rete. Non doveva essere quindi un progetto accentrato, ma costruito in modo che ciascun calcolatore fosse autonomo nella sua comunicazione con gli altri nodi. Tutti i nodi della rete sarebbero dovuti essere sullo stesso piano degli altri, ogni nodo con la propria autorità di comunicare con gli altri.
I creatori di questi protocolli di trasmissione, ancora oggi utilizzati nel web, sono stati Robert Kahn e Vinton Cerf che all’inizio del 2005 hanno ricevuto il Turing Award, equivalente del Premio Nobel nel settore dell’Information Technology.
L’Internet Protocol Suite si basava in origine su due protocolli più noti: il TCP (Transmission Control Protocol) e l’IP (Internet Protocol). Il protocollo IP provvede a fornire il sistema di indirizzamento dei nodi terminali della rete, assegnando a ciascuno un nome univoco, formato da quattro gruppi di cifre.
I protocolli di rete di Internet fanno parte della famiglia dei protocolli a commutazione di pacchetto o packet switching. Nei protocolli a commutazione a pacchetto le singole informazioni vengono confezionate in piccoli pacchetti, o blocchi, che ovviamente comprendono anche una intestazione contenente la loro destinazione. I computer attraversati dal pacchetto leggono l’intestazione e decidono dove dirottarlo per condurlo alla destinazione dove verrà riassemblato con gli altri per ricomporre l’informazione originaria.
Il protocollo standard di comunicazione di ARPA si chiamava NCP che con il passare del tempo è stato soppiantato da un altro standard più sofisticato chiamato TCP-IP.
Il protocollo TCP-IP è costituito a sua volta da due protocolli che si occupano di diverse funzioni. Il protocollo TCP (Transmission Control Protocol) converte le informazioni in pacchetti di dati che poi saranno riassemblati alla destinazione per ricreare il messaggio originale. Il protocollo IP (Internet Protocol) è invece il responsabile dell’indirizzamento dei pacchetti sulla rete e del riconoscimento dei nodi collegati.
Era il 1969. A Parigi iniziavano i negoziati di pace sulla guerra del Vietnam. Gheddafi prendeva il potere in Libia, mentre De Gaulle si dimetteva in Francia. L’evento dell’anno si svolse pero’ il 21 luglio quando Neil Armstrong scese dall’Apollo 11 sulla Luna, primo uomo a mettere piede sul nostro satellite.
Nel 1969 fu realizzato il primo embrione della rete che venne chiamata Arpanet. Infatti Il 2 settembre 1969 vennero collegati i primi quattro nodi della rete situati in quattro famose università: University California Santa Barbara, Stanford University, University California Los Angeles, e Utah University.
Era cominciato un mondo diverso.
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Donne
Se io non voglio, tu non puoi – Se tu non vuoi io non posso – Contro la violenza sulle donne per il 25 novembre
In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne, la Fondazione Una Nessuna Centomila lancia una campagna per ribadire se necessario che il consenso non è una concessione, è un diritto.
Ogni giorno troppe donne si sentono giudicate, colpevolizzate o abbandonate di fronte alla violenza subita.
Quante volte si è cercato di giustificare uno stupro con frasi come “Perché non ha reagito?” o “Ma come eri vestita?”
Un “NO” deve essere ascoltato.
Il silenzio NON è un assenso
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Arte
Giorgio de Chirico precursore del Surrealismo: una mostra a cent’anni dalla nascita del movimento
In occasione del centenario del Surrealismo (1924-2024), segnato, nell’ottobre del 1924, dalla pubblicazione del Manifeste du surréalisme del critico francese André Breton, la Fondazione Accorsi-Ometto di Torino dedica una mostra a Giorgio de Chirico, ritenuto dallo stesso Breton precursore del Surrealismo.
Prendendo in esame uno specifico arco temporale che va dal 1921 al 1928, la mostra, curata da Victoria Noel-Johnson, è la prima esposizione a porre l’attenzione sugli eventi intorno al 1924, anno cruciale per la fondazione del movimento francese, per cui il pittore italiano assunse un ruolo fondamentale. In quanto tale, l’esposizione intende evidenziare l’importanza del ruolo di de Chirico nella nascita e nello sviluppo del Surrealismo, nonché analizzare il suo complicato rapporto con André Breton, il fondatore del movimento, con il poeta francese Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposò Salvador Dalì).
Grazie al prestigioso prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi, nella mostra viene esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924, finora poco conosciuta, in cui l’artista propose di realizzare per Breton la prima replica di un’opera del periodo metafisico, quella de Le muse inquietanti del 1918.
Breton, che scoprì la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi tramite il poeta-critico Guillaume Apollinaire, iniziò a corrispondere con l’artista alla fine del 1921, coinvolgendo poi il braccio destro del Surrealismo, Éluard, e sua moglie Gala. Tra il 1921 e il 1925, de Chirico scrisse loro oltre venticinque lettere e cartoline. Mentre de Chirico e gli Éluard si conobbero a Roma durante l’inverno del 1923-1924, Breton e de Chirico si incontrarono per la prima volta soltanto verso la fine dell’ottobre del 1924 a Parigi. In quell’anno, si avviò un’intensa frequentazione, documentata dalla celebre foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de recherches surréalistes (ottobre 1924), scattata pochi giorni dopo la pubblicazione del manifesto di Breton.
Il rapporto tra de Chirico e il gruppo dei Surrealisti, segnato da una serie di collaborazioni professionali e di amicizia, si inasprì rapidamente nel corso del 1925, con una rottura definitiva nel 1926. Il culmine fu raggiunto con la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico era ‘morto’ artisticamente nel 1918. Per i Surrealisti, il suo improvviso cambiamento avvenuto dal 1919 a favore del Classicismo e dei grandi maestri, era inspiegabile e inferiore rispetto al geniale splendore della sua prima pittura metafisica degli anni Dieci, una critica parzialmente spiegata da un vero e proprio conflitto di interessi: i Surrealisti erano proprietari della maggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918).
In realtà la sofisticazione intellettuale, l’eccellenza tecnica e l’innovazione creativa delle opere di de Chirico realizzate durante tale periodo (1921-1928), dimostrano l’esatto contrario da quanto articolato da Breton. In tale ottica, il visitatore troverà in mostra una ricca selezione di
opere compiute durante la permanenza del pittore in Italia tra Roma e Firenze (databili 1921-1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (databile fine 1925 – 1928). Nonostante lo sfondo di crescenti polemiche e critiche da parte dei Surrealisti, il pubblico avrà la possibilità di scoprire come de Chirico continuò a realizzare nuove serie dai soggetti innovativi, come Mobili in una stanza, Cavalli in riva al mare, Gladiatori, Archeologhi e Trofei. Esempi presenti in mostra includono i magnifici Combattimento di gladiatori (Fin de combat), 1927 e Chevaux devant la mer (1927-1928).
Come accertato, il pittore si accostò al Classicismo in maniera evidente dal 1919 al 1925: lo si evince dalla formidabile Lucrezia, 1921 circa, dall’Autoritratto con la madre, 1922, e dall’Autoritratto, 1925 – la prima opera dechirichiana acquistata dallo Stato Italiano – dai quali traspare evidente la sua conoscenza e il rispetto profondo per la pittura italiana del Quattrocento. L’elemento della sua continuità dell’opera metafisica degli anni Dieci, da lungo denominata come una “metafisica continua”, è illustrata, ad esempio, da Natura morta con cocomero e corazza, 1922, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco), 1922, o La mia camera nell’Olimpo, 1927, dove, in un’atmosfera fantastica ed enigmatica, compaiono, uno accanto all’altro, oggetti accostati apparentemente in maniera casuale. Oppure i Facitori di Trofei (1926-1928), una chiara evoluzione del primo periodo metafisico di de Chirico, in cui convivono elementi del passato e del presente: figure antiche, frammenti di colonne, fiamme stilizzate, profili di cavalli, il timpano di un edificio classico, fusi insieme da tre personaggi-manichino intenti nella costruzione dell’iconico “totem-trofeo”. Inoltre, opere come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambi del 1926, o Thèbes, 1928, illustrano lo sviluppo innovativo di certi temi e soggetti degli anni Dieci come gli ‘Interni ferraresi’ e i ‘Manichini’.
Nonostante le polemiche dei Surrealisti, in primis quelle di Breton, questo avvicinamento al Classicismo non impedì al critico francese di commissionare a de Chirico delle repliche di opere del primo periodo metafisico, oppure a Paul e Gala Éluard di acquistarne altre con soggetto e stile più tradizionali, come Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino), 1923, e Ulisse (Autoritratto), 1924, entrambi esposti in mostra. La presenza di questi dipinti (già collezione Éluard) evidenzia la conflittualità tra la critica surrealista verso le opere degli anni Venti di de Chirico e tale realtà poco conosciuta.
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Difesa Ambiente
Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino | Convegno il 13 novembre all’Unione Culturale
Il 13 novembre 2024 alle ore 18, presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli Torino (via Cesare Battisti 4/a), è in programma il convegno dal titolo “Ricordando Giorgio Faraggiana. Attualità della tutela del paesaggio a Torino”. (altro…)
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