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Acqua

Ogni settimana mangiamo senza saperlo 5 grammi di plastica: quanto vale la plastica nel piatto

In una settimana ingeriamo, in media, cinque grammi di plastica, l’equivalente di una carta di credito.   Se ne ingeriscono fino a 2 mila minuscoli frammenti per settimana.

In uno studio dell’Università di Newcastle in Australia realizzato per il Wwf, prendendo in considerazione 50 studi provenienti da vari Paesi del mondo si scopre che facendo una media globale, ogni settimana assorbiamo 1.769 particelle di plastica dall’acqua, 182 dai frutti di mare, 10 dalla birra e 11 dal sale.

In Germania, è stato misurato il contenuto di microplastiche di 38 acque minerali: 26 con bottiglie in Pet (, di cui 15 a rendere e 11 monouso, 9 in bottiglie di vetro e 3 in contenitori di cartone rivestito. Sono state trovate in media 118 particelle per litro nelle bottiglie in Pet multiuso e 14 per litro nelle bottiglie monouso.

Il biologo marino Silvio Greco, dirigente di ricerca alla Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli e docente di Produzioni agroalimentari e sostenibilità ambientale all’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo ha pubblicato un libro dal titolo La plastica nel piatto edito da Giunti Slow Food.

La plastica ha invaso la nostra vita: nel bene, a supporto di ogni nostra attività, e nel male, quando diventa rifiuto altamente inquinante. Ma soprattutto quando si frammenta in micro e nanoplastiche che entrano nella catena alimentare. Questi materiali trovano oggi applicazioni in ogni settore: quasi tutti gli oggetti di uso domestico sono costituiti da polimeri sintetici, e sono prodotti plastici sofisticati le anche protesiche, le articolazioni del ginocchio, gli stent cardiaci…

Il risvolto della medaglia è che con i milioni di tonnellate di plastiche che scarichiamo ogni anno nei mari non solo abbiamo distrutto gli habitat marini trasformandoli in discariche, ma ci stiamo esponendo all’assunzione attraverso il pesce di elementi nocivi per la salute. Tuttavia le strade della sostenibilità ci sono e sono percorribili.
Nel 2018, in Germania, è stato misurato il contenuto di microplastiche di 38 acque minerali: 26 con bottiglie in Pet (polietilene tereftalato), di cui 15 a rendere e 11 monouso, 9 in bottiglie di vetro e 3 in contenitori di cartone rivestito. Sono state trovate in media 118 particelle per litro (per l’84 per cento di Pet e per lo più con dimensioni tra 5 e 20 micrometri) nelle bottiglie in Pet multiuso e 14 per litro nelle bottiglie monouso.

 


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Acqua

Giornata mondiale dell’acqua 2025: il tema è la Conservazione dei Ghiacciai

l 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua – World Water Day, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 prevista all’interno delle direttive dell’Agenda 21, risultato della conferenza di Rio.

Il tema della Giornata Mondiale dell’Acqua 2025 è la Conservazione dei Ghiacciai. I ghiacciai sono fondamentali per la vita: la loro acqua di fusione è essenziale per l’acqua potabile, l’agricoltura, l’industria, la produzione di energia pulita e per ecosistemi sani. I ghiacciai che si sciolgono rapidamente stanno causando incertezza nei flussi idrici, con impatti profondi sulle persone e sul pianeta. Riduzioni globali delle emissioni di carbonio e strategie locali per adattarsi ai ghiacciai in ritirata sono essenziali.

I ghiacciai si stanno sciogliendo più velocemente che mai. Man mano che il pianeta si riscalda, il nostro mondo ghiacciato si riduce, rendendo il ciclo dell’acqua più imprevedibile. Per miliardi di persone, i flussi di acqua di fusione stanno cambiando, causando inondazioni, siccità, frane e innalzamento del livello del mare.

Innumerevoli comunità ed ecosistemi sono a rischio di devastazione. Mentre lavoriamo insieme per mitigare e adattarci ai cambiamenti climatici, la conservazione dei ghiacciai è una priorità assoluta. Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra per rallentare il ritiro dei ghiacciai. E dobbiamo gestire l’acqua di fusione in modo più sostenibile. Salvare i nostri ghiacciai è una strategia di sopravvivenza per le persone e per il pianeta.


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Acqua

Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici

A Torino, Palazzo Madama ospiterà una nuova edizione del River Café sul Po, un evento che, a trent’anni dalla drammatica alluvione del Tanaro, riunirà cittadini ed esperti per un confronto sui temi della pianificazione territoriale e della gestione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. L’incontro è organizzato nell’ambito del progetto europeo LIFE CLIMAX PO, dedicato all’adattamento del distretto del fiume Po al clima che cambia.

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Acqua

A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna

L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.

In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.

Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione​

La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.

Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.

D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.

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