Digital Divide
Le regole per creare e gestire bene password sicure
Le password che usiamo ogni giorno sono le chiavi della nostra Casa Digitale in cui custodiamo dati importanti.
Occorre quindi evitare di usare password e metodologie di accesso ai nostri account online poco sicure. Nessuno lascerebbe la chiave nella porta, uscendo di casa, ma con le password molti fanno proprio questo.
Partiamo da un presupposto: le 10 password più utilizzate nel mondo nel 2019 sono state :
123456 (al primo posto dal 2013)
123456789
qwerty
password
1234567
12345678
12345
iloveyou
111111
123123
Il fatto dimostra che purtroppo non è difficile ipotizzare come accedere a molti account. Non solo ma spesso oltre a usare password deboli commettiamo anche l’errore di usare la stessa password per molti account e siti diversi. E’ il cosiddetto “password reuse” che rappresenta un errore molto grave. Un hacker che viola i server di un servizio può poi usare la stessa password in altri siti per accedere ai nostri dati.
Una password è caratterizzata da una lunghezza: è consigliabile usare almeno da 8 a 12 caratteri che è meglio che siano di diversi tipi come
Numeri (0-9) per un totale di 10 tipi
Lettere = per un totale di 52 tipi (26 minuscole + 26 maiuscole)
Caratteri speciali da tastiera per esempio # &%?^ = per un totale di 33 tipi
In totale facendo le cose per bene abbiamo a disposizione 95 tipi di caratteri ed è consigliabile usarli tutti, perché aumentando i tipi dei caratteri, cresce esponenzialmente il numero delle combinazioni e quindi la sicurezza dell’account.
8 consigli per una password sicura
- Usare password sempre diverse: non utilizzare la stessa password in account diversi in modo tale che se un account viene violati tutti gli altri vengono hackerati facilmente.
- Usare una password lunghe: se possibile almeno dodici caratteri.
- Usare una password con caratteri misti: utilizzare tutti i tipi disponibili: lettere maiuscole e minuscole, numeri e caratteri speciali.
- Usare una password senza senso compiuto: evitare nomi, parole o parti di parole che possono essere ritrovati automaticamente in un dizionario in qualsiasi lingua.
- Evitare sequenze o caratteri ripetuti come per esempio: 12345678, 7777777, abcdefg, o lettere adiacenti sulla tastiera (qwertyuiop).
- Evitare parole scritte al contrario, errori comuni di ortografia e abbreviazioni.
- Evitare di usare informazioni personali o di familiari: nome, compleanno, numero di patente e di passaporto in qualche modo legati alla nostra persona.
- Evitare di segnarsi le password in luoghi non sicuri
- Usare password sempre diverse e molto complesse.
Per riuscire ad immagazzinare le password in maniera sicura conviene utilizzare un password manager, un programma o una app che permettono di gestire tutte le password dei vari siti e applicazioni attraverso un’unica password, quella del password manager stesso, che una volta inserita permette di accedere a tutte le altre.
Per esempio Keepass è un password manager gratuito e open source che è disponibile per tutte le piattaforme computer e smartphone che permette di creare un database cifrato che poi è possibile trasferire da un device all’altro. Qualche altro consiglio sulle password
Le tecniche per scoprire le password sono più d’una: qualche esempio
- Ingegneria sociale come ad esempio il phishing o il password sniffing per esempio con messaggi, email, siti fake che dissimulano realtà esistenti
- Indovinando le password: utilizzando informazioni personali come nome, data di nascita o nomi di animali domestici.
- Installando un keylogger per intercettare le password quando vengono digitate in un dispositivo. I keylogger sono programmi che registrano tutto ciò che viene digitato sulla tastiera, trasmettono poi questi dati all’hacker che ha installato il keylogger.
- Password memorizzate in modo non sicuro, come scritte a mano su un foglietto o nell’agenda o in un file non criptato.
- Compromettendo un database contenente un gran numero di password utente.
- Attacco “brute force”: attraverso la prova automatica di un gran numero di password fino a quando viene trovata quella giusta.
- Intercettazione di una password mentre viene trasmessa su una rete non utilizzando protocolli cifrati
- “Shoulder surfing” osservando dal vivo qualcuno alle spalle mentre digita la password.
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Il Metaverso è un bluff
Trattandosi di un’accolita di accrocchi e invenzioni, mi guardo bene dal fare di tutta l’erba un fascio, ma voglio scrivere questa breve nota a vantaggio di quanti mi chiedono di cosa si tratti e ancor più di quelli che si manifestano entusiasti come gli indigeni per gli specchietti portati dai conquistadores. La sintesi di quanto segue è che si tratta di un’operazione commerciale per recuperare il successo dei videogiochi nella fantasia fortunatamente per ora ancora patetica di sostituirvi la vita reale con strumenti noti da più di 40 anni e naturalmente da allora molto evoluti e soprattutto compresi che potrebbero avere grande utilità in campi specifici come la medicina, la microtecnica, la sicurezza, l’apprendimento… se il loro costo e le dimensioni dell’apparato che comportano non fossero in molti casi di gran lunga superiori ai servizi di base tradizionali che il più delle volte vengono a meno e con sempre peggiore competenza. Ma adesso andiamo per gradi.
La parola “metaverso” — trovate ovviamente tutto su Wikipedia, specie quello in inglese — deriva dalla fantascienza in quanto contrazione per prefisso greco “meta”, tipico della “metafisica” e del suffisso “verso”, tratto da “universo” in quanto dimensione nella quale hanno luogo tutti i fenomeni. Quando nel ’92 lo scrittore cyberpunk Neal Stephenson lo utilizzò l’idea sottendeva a piani diversi di realtà: non di simulazioni ma proprio di esperienze dimensionali.
In fondo un “metaverso” non è che una categoria più astratta di quella di “multiverso” per la quale non si può dimenticare che era il 1895 quando lo psicologo americano William James la introdusse per rendere d’idea di universi paralleli, idea che venne ripresa poi dallo scrittore di fantascienza statunitense Murray Leinster nel 1934 e in seguito da molti altri, come Jorge Luis Borges, divenendo infine un classico del genere fantastico fino a che negli anni ’80 entrò nel gergo scientifico della fisica teorica in quanto “insieme di universi coesistenti previsto da varie teorie, come quella dell’inflazione eterna di Linde o come quella secondo cui da ogni buco nero esistente nascerebbe un nuovo universo, ideata da Smolin. Le dimensioni parallele sono contemplate anche in tutti i modelli correlati alla teoria delle stringhe” (Wikipedia) che qualsiasi fan della serie TV “Big Bang Theory” dovrebbe conoscere bene.
Molti oggi spacciano il metaverso come una specie di terra utopica alla Tommaso Moro, ma è ben lontana da questo. Intanto è un modo per fare soldi in un territorio ormai troppo sfruttato come quello dell’elettronica e dell’informatica che molto hanno dato e stanno ancora dando ma non come una volta.
I signori del digitale hanno una vera e propria fame di una nuova bolla come quella di Internet degli anni ’90–2000.
È nel 2021 che la premiata ditta di quisquilie nota come Facebook promuove la Meta Platforms Inc. per la quale assume diecimila persone in Europa con la volontà di sviluppare idea e tecnologie di metaverso ribattezzando il vecchio nome della società in “Meta”.
Facebook era già un metaverso a modo suo, anche se la gente reale lo ha sempre usato come una mappa che facilita la comunicazione e le relazioni fra soggetti reali in scenari reali. L’idea dei nostri gambler sarà invece quella di invertire i poli e far sì che il mondo reale finisca per diventare la simulazione di quello che fino ad oggi consideravamo virtuale. Come farlo? Riscoprendo un vecchio accrocco patetico e sfortunato che ha fatto perdere soldi reali a babbioni disposti a fare investimenti fasulli come abitazioni fatte di figurine nel “videogioco” Second Life che ebbe fra i suoi principali promotori IBM stessa.
Sempre Wikipedia corre in aiuto a chi non ci sta capendo più niente sintetizzando nella parola metaverso qualcosa che:
– Si tratta di spazi tridimensionali dove gli utenti si muovono liberamente utilizzando degli avatar; qui si può giocare, creare, lavorare e anche concludere accordi commerciali.
– Il metaverso non è di proprietà delle aziende, ma si tratta di una struttura tecnica condivisa.
– Gli spazi virtuali possono essere creati dagli utenti stessi che li mettono a disposizione di altri utenti.
– Per rendere possibile il collegamento tra lo spazio reale e quello digitale si usano la realtà aumentata e tecnologie di realtà ibride.
– Si possono utilizzare valute virtuali e reali.
– Alla base degli spazi virtuali ci sono degli standard tecnici compatibili, protocolli, l’interoperabilità, la proprietà digitale, la tecnologia blockchain e legislazioni che ne regolano l’uso.
Tutto per i videogiochi
I soldi che Zuckerberg ha messo in Meta li ha già persi, tuttavia è dal mondo delle già discutibili blockchain e di Microsoft stessa che si cerca di forzare la mano per spingere soprattutto le aziende a credere nel metaverso che in questo momento è forte esclusivamente:
1) del potere di calcolo disponibile in rete
2) dello sviluppo importante dei dispositivi di realtà virtuale, primi fra tutti i visori.
Sono pochi tuttavia a ricordare che questi sviluppi non partono né dai media, né dai social, né dalle aziende tradizionali, ma da qualcosa del quale i signori come Zuckerberg si sono accorti quando ormai era diventato un fenomeno di proporzioni mostruosamente galattiche: i videogiochi! Ma non dei videogiochi qualsiasi, ma del cosiddetto netgaming, le comunità che letteralmente vivono simultaneamente in rete immersi in ambienti ludici virtuali per allontanarsi dai quali soffrono più che se dovessero cavar loro un molare. Fra i primi a rendersene conto fu la compagnia di Bezos che ebbe la geniale idea di convertire parte dei propri investimenti in potenza di calcolo e di memoria dalla clientela aziendale a quella del gioco in rete acquisendo la piattaforma Twitch nata nel 2011 e acchiappata solo 3 anni dopo per meno di un miliardo di dollari (altro che i 43 di Musk per Twitter!).
Ora ci stanno provando tutti, da Facebook-Meta, ovviamente, fino a Google, Apple e Netflix, ma gli unici a competere con Twitch, seppure in un’altra cultura, sono i cinesi con le loro Huya Live , DouYu, Bilibili e altre ancora.
Queste piattaforme di streaming hanno generato, assieme ad un epocale successo, tanti effetti devastanti, dalla dipendenza all’assuefazione, dalla violazione dei copyright, alla pornografia, la propaganda nazista e quella di odio razziale, sia anti islamico, che antiebraico, ai giochi d’azzardo online favoriti dall’utilizzo delle criptovalute, fino alla vera e propria mafia e malavita in genere.
Conclusione
Se pensate che il multiverso sia un mondo ideale non dimenticate che gli scopi dell’umanità sono sempre gli stessi e che questa logica è idealizzata anche dai sostenitori della singularity, come i transumanisti del Word Economic Forum. E, se è già quasi impossibile contenere la malavita e le guerre agendo nel mondo reale, sarà definitivamente impossibile farlo quando l’essere umano non sarà altro che una larva dentro un qualche metaverso fatto dei suoi videogiochi e videomondi. Questo probabilmente solo per chi può, in quanto non è da sottovalutare che non tutti — anzi, ben pochi — potranno permettersi gli astronomici costi dei dispositivi e degli abbonamenti necessari per farlo, ovvero per evitare di guardare il disastro che si è creato intorno a loro in quel metaverso che chiamavamo “mondo reale”.
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