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Dentro la Torino Mini Maker Faire: Una rete per il futuro dell’innovazione

Si è conclusa ieri da ToolBox coworking la mini maker faire di Torino. Una due giorni che di mini ha davvero poco: Tanti espositori, eventi collaterali, workshop e conferenze sui più svariati temi legati alle nuove tecnologie e alla sostenibilità. Inoltre tutto un pezzo della manifestazione destinata ai bambini, con corsi sul coding e sul volo dei droni nel “dronodromo”.

Il progetto Maker Faire è nato nel 2006 a San Francisco da un’idea degli editor di Make: magazine. Da allora è cresciuto trasformandosi in un network internazionale di eventi, sia ufficiali che indipendenti dove tutti coloro che si occupano d’innovazione possano incontrarsi, tessere relazioni e farsi conoscere.

La mini maker faire di Torino, insieme alla più grande fiera romana, unisce innovatori, ingegneri, informatici e chiunque si occupi di open source in Italia.

Tra i relatori della due giorni c’è stato Massimo Banzi, fondatore di Arduino, il quale con grande spirito imprenditoriale sostiene che palpando il mercato si può affermare che il mondo delle tecnologie open source e dei makers è ad un punto di svolta. 

Essendosi allargato il mercato, fare dell’open source significa arrivare, prima o poi, ad un punto in cui si rende obbligatorio cambiare modello di business e quindi commercializzarsi; Anche perché spesso aziende come Amazon mettono software open source su server a pagamento guadagnandoci sul lavoro di chi quel software l’ha sviluppato. 

Il mondo dei makers, che lavorano utilizzando software open source, è quindi ad un punto di svolta esso stesso.

Come dice lo stesso Banzi: “Le maker faire molto grandi che ci sono negli Stati Uniti sono arrivate ad un punto di stallo, nel senso che il numero di visitatori più o meno è quello li, il numero dei makers più o meno è quello li e molte aziende grosse che hanno sponsorizzato l’attività dei makers per un guadagno, che alla fine non arriva, ad un certo punto hanno poi smesso di sostenere questo mondo”.

Il modello, secondo Banzi, è quello di tagliare tutto a metà. Ridurre il numero dei makers affinché essi possano parlarsi e fare rete insieme, come agli albori dell’open source.

L’obiettivo è avere una visione sistemica che consenta di partecipare attivamente in un mondo oramai globalizzato. E conclude con l’esempio dei microprocessori che sono ormai quasi esclusivamente cinesi e americani: “Se né i cinesi né gli americani ci danno i processori noi con cosa le fabbrichiamo le cose?”

Ma il concetto di rete ricompare in tutta la manifestazione. Lo spirito collaborativo che può far crescere è fondamentale nel mondo open source.

Ernesto Bertolino ci parla di Ri-Generation. Un’azienda che mira a dare una seconda vita ai nostri elettrodomestici smontando l’idea per la quale comprare sia meglio che riparare.

Ugo Vallauri e Rosario Antoci nel loro talk spiegano le motivazioni che li portano a sostenere il diritto alla riparazione e l’importanza di combattere contro grandi aziende che premono per far restare le cose così come sono.

Il danno ambientale è grandissimo. I rifiuti elettronici sono circa 50 milioni di tonnellate ogni anno e sono composti spesso da materiale altamente tossico. Per questa ragione a Londra sono nate le FixFest dove i riparatori incontrano i cittadini per insegnare ad aggiustare qualsiasi cosa così da limitare, per quanto possibile, lo spreco di prodotti riparabili con una piccola spesa.

Presenti anche i fondatori di Hakability, una no-profit che rende open source moltissimi progetti per migliorare la vita di persone diversamente abili. In questi giorni la società sta sviluppando una piattaforma online dove poter caricare progetti da rendere pubblici con le istruzioni affinché chiunque possa realizzarli. Anche questo un grande esempio di sviluppo cooperativo e di rete open source.

Infine il lato della manifestazione dedicata ai piccoli makers che si sono cimentati in workshop sul design, animazioni in stop motion, programmazione di un videogioco e introduzione alla robotica grazie ad Arduino e Otto DIY. 

Sono stati due giorni nei quali bambini di ogni età hanno mosso un primo passo in quel futuro digitale che è il loro presente, dove l’ambientalismo si salda alla visione sistemica di cui parlava Massimo Banzi, una visione che ci rende parte di un mondo più grande di noi.


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Revolut apre una filiale italiana e offre un conto corrente con un Iban italiano

Revolut apre una succursale in Italia che offre ai nuovi clienti un conto corrente con un Iban italiano. I clienti vecchi potranno fare il passaggio dall IBAN estero a quello italiano a partire dal 2025.  Si tratta di una novità che consentirà di utilizzare il conto Revolut come conto principale evitando così i problemi riscontrati con l’Iban straniero dato che fino ad oggi, i clienti italiani di Revolut disponevano di un Iban lituano.

Revolut ha deciso di lanciare il conto corrente con iban italiano per i nuovi clienti evitando così l’iban discrimination  condannata dall’Unione europea come pratica scorretta.

Con questo cambiamento, il conto Revolut potrà essere utilizzato come un vero e proprio conto principale.  Un altro vantaggio offerto dall’Iban italiano consiste nella possibilità che Revolut svolga in futuro il ruolo di sostituto d’imposta.

I tre milioni di clienti attuali di Revolut  potranno scegliere da gennaio 2025 la migrazione del cont verso un Iban italiano o mantenere l’attuale Iban. Non sarà necessario sostituire le carte di pagamento già emesse, che resteranno valide.

Revolut è una piattaforma finanziaria digitale che offre una serie di servizi bancari e finanziari attraverso un’app mobile. Fondata nel 2015, la società si è rapidamente affermata come uno degli strumenti più popolari per gestire il denaro in modo flessibile e conveniente, soprattutto per chi viaggia o ha esigenze bancarie internazionali.  Revolut si distingue anche per la sua interfaccia facile da usare e per il fatto che non è legata a una banca tradizionale, permettendo quindi costi inferiori per i suoi servizi.


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Digitale

Stefano Giordano è il nuovo Presidente di Internet Society Italia

Stefano Giordano è il nuovo Presidente di Internet Society Italia che ha preso ufficialmente il posto di Alessandro Berni, che nella funzione di Presidente onorario assicura all’Associazione continuità di impegno.

L’Assemblea dei soci ha nominato il nuovo Consiglio composto dal Presidente e 8 da Consiglieri.

Tra i Consiglieri, accanto a Laura Abba, Angelo Alù, Michele Amodeo, Vittorio Bertola, Federica Giaquinta e Ermann Ripepi, che conservano le rispettive cariche, le novità rispetto al precedente triennio sono Valeria Cantarella e Anna Pisterzi.


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TikTok rischia di essere espulso dagli USA se ByteDance non cederà la sua proprietà

tiktok

TikTok ha perso il ricorso presso la Corte d’Appello di Washington contro la legge firmata ad aprile dal presidente Joe Biden, che impone il divieto della piattaforma negli Stati Uniti a meno che la società cinese ByteDance, che la controlla, non venda la sua partecipazione entro il 19 gennaio.

La Corte d’Appello ha dato ragione al Dipartimento di Giustizia, dichiarando costituzionale la misura che conferisce al governo statunitense il potere di vietare TikTok per motivi di sicurezza nazionale. Il timore è che la piattaforma possa essere utilizzata dal governo cinese per raccogliere dati sugli utenti americani o influenzare l’opinione pubblica.

La scadenza del 19 gennaio coincide con la vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, che durante il suo primo mandato aveva sostenuto il divieto, ma durante la sua campagna elettorale ha promesso di “salvare TikTok”. La piattaforma aveva argomentato davanti alla Corte d’Appello che il divieto violava il diritto di espressione dei suoi utenti statunitensi – circa 150 milioni – tutelato dal Primo Emendamento.

Nella loro sentenza, i giudici hanno stabilito che la legge firmata da Biden “non viola il Primo Emendamento” e che il governo sta agendo per proteggere gli Stati Uniti da una “minaccia straniera”, respingendo così il ricorso presentato a maggio da TikTok e dai suoi creatori di contenuti.


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