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Acqua

Viaggio di Legambiente nell’Italia delle ‘buone e cattive acque’

Acque troppo spesso inquinate, sprecate, e poco tutelate. A raccontarlo sono le storie di diversi fiumi, laghi e falde della Penisola che non godono di buona salute e che sono minacciati dall’inquinamento chimico, da attività agricole non sostenibili e da quelle industriali, dalla maladepurazione che si ripercuote sui corpi idrici; ma anche dal sovrasfruttamento delle acque a scopo idroelettrico. Storie che Legambiente ha raccolto nel report “Buone e cattive acque” e che ben rendono l’idea. Si va ad esempio dall’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), nelle falde tra le provincie Verona, Vicenza e Padova (un territorio di circa 180 chilometri quadrati) e che mette a rischio 300mila cittadini. Un inquinamento che, da poco tempo, si è scoperto essere presente in Piemonte, nella provincia di Alessandria, e sui cui Legambiente chiede chiarezza- Per passare al lago d’Orta in Piemonte che negli ultimi tempi è stato al cento di nuovi episodi di inquinamento, nonostante sia stato avviato negli ultimi anni un faticoso iter di recupero per salvare il bacino lacustre, definito in passato batteriologicamente morto a causa della contaminazione da metalli pesanti e acidificazione delle acque. E poi c’è la Valle del fiume Sacco, nel Lazio, dove l’inquinamento diffuso ed i ritardi nelle operazioni di bonifica stanno mettendo in ginocchio diversi territori.

Anche l’agricoltura non sostenibile può creare criticità alle risorse idriche a causa, ad esempio, dell’uso indiscriminato di pesticidi, come accade in Emilia Romagna oppure a causa della concomitanza di insediamenti urbani e industriali come accade per le lagune costiere di Lesina e Varano in Puglia. E che dire dell’inquinamento del fiume Sarno in Campania dovuto ai reflui civici, alle attività agricole e industriali; o delle “acque che nessuno vuole” provenienti dal canale Scolmatore Nord ovest in provincia di Milano, un canale artificiale costruito per mitigare il rischio idrogeologico dell’area, che nel tempo sono diventate fogne a cielo aperto a causa della forte antropizzazione dei territori limitrofi. Non mancano storie di cattiva gestione dei corsi d’acqua per uso idroelettrico, come denunciato da anni dai territori dell’area alpina, dove il deflusso minimo vitale e gli aspetti ecosistemici vengono troppo spesso elusi per garantire piccole produzioni di energia, come nel caso del torrente St. Barthélemy in Valle d’Aosta, il fiume Spoel in Lombardia, e l’Isonzo in Friuli Venezia Giulia.

Storie che l’associazione ambientalista lancia oggi in vista della giornata mondiale dell’acqua, disegnando così una mappa dell’Italia che raccoglie non solo storie di “cattive acque”, ma anche buone pratiche e storie di “acque salvate” che mettono al centro la tutela di questa preziosa risorsa: come ad esempio i progetti che diventano strumenti di governance partecipata e riqualificazione ecologica come quello del sottobacino Lambro Settentrionale, come Volontari per Natura, il grande progetto nazionale di citizen scienze che coinvolge volontari di tutta Italia attraverso cinque campagne di monitoraggio , tra cui quella sulla qualità dell’acqua, con la mappatura del beach litter, la ricerca di scarichi sospetti in mare e nei laghi, il campionamento delle acque dei fiumi, piuttosto che il progetto VisPo, che coinvolge giovani volontari under 30 in attività di pulizia valorizzazione delle sponde del fiume Po e dei suoi affluenti nel territorio piemontese. E poi il progetto “BrianzaStream”, in fase di sperimentazione, che attraverso l’utilizzo di droni dà la “caccia” agli scarichi inquinanti che si riversano nel fiume Seveso e nel suo affluente Certesa.

Obiettivo del report di Legambiente è quello di richiamare l’attenzione sul problema dell’inquinamento dei corpi idrici e sull’importanza e l’urgenza di mettere in campo una efficace tutela e corretta gestione della risorsa idrica e dei corsi d’acqua che risentono, sempre più, dei cambiamenti climatici e dei fenomeni estremi di siccità come quella registrata nell’estate del 2017. Recentemente la stessa Commissione Europea ha ribadito all’Italia la necessità di tutelare le acque interne e costiere e di dare piena attuazione alla direttiva quadro sulle Acque 2000/60, che stabilisce parametri e criteri per classificare i corpi idrici, superficiali e profondi, in “classi di qualità” per lo stato ecologico, chimico, e quantitativo e ne chiede il raggiungimento o il mantenimento del buono stato ecologico entro il 2027. Obiettivo che, nonostante la scadenza posticipata rispetto al 2015, termine previsto inizialmente, resta ambizioso e soprattutto non più rimandabile se si vuole evitare di mettere a repentaglio la disponibilità della risorsa idrica di buona qualità per gli ecosistemi e le persone.

A parlare chiaro sono i dati. In base ai monitoraggi eseguiti per la direttiva Quadro Acque, nel quinquennio 2010-2015 lo stato attuale dei corpi idrici italiani – secondo gli ultimi dati Ispra – vede nella Penisola solo il 43% dei 7.494 fiumi in “buono o elevato stato ecologico”, il 41% al di sotto dell’obiettivo di qualità previsto e ben il 16% non ancora classificato. Ancora più grave la situazione dei 347 laghi, di cui solo il 20% è in regola con la normativa europea mentre il 41% non è stato ancora classificato. Lo stato chimico non è buono per il 7% dei fiumi e il 10% dei laghi, mentre il 18% e il 42% rispettivamente non è stato classificato. La maggior parte dei fiumi non classificati si trova nei distretti idrografici dell’Appennino Meridionale e della Sicilia (55% e 56% rispettivamente), così come per i laghi (73% e 84% rispettivamente).

“Oggi più che mai – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – risulta evidente come sia necessario un nuovo approccio gestionale sul tema dell’acqua, con piani strategici che puntano ad eliminare gli scarichi inquinanti e a ridurre i prelievi, una misura necessaria per far fronte ai cambiamenti climatici e all’emergenza siccità scatta anche in questi giorni a partire dal bacino del Po. È inoltre importate definire strumenti di partecipazione adeguati (come i contratti di Fiume e i contratti di Lago), che coinvolgano settori pubblici e privati, istituzioni, associazioni, cittadini, tecnici ed esperti per individuare le criticità e le politiche da mettere in campo. Per garantire misure risolutive calibrate sulle problematiche specifiche di ciascun bacino idrografico, è necessario completare la rete dei controlli ambientali, e uniformare su tutto il territorio nazionale il monitoraggio. Il cambiamento necessario passa, dunque, attraverso alcune parole chiave come riqualificazione dei corsi d’acqua e rinaturalizzazione delle sponde, contrasto all’impermeabilizzazione dei suoli, miglioramento del trattamento di depurazione e implementazione del riutilizzo delle acque a 360° (dai fini industriali a quelli irrigui e domestici), rafforzamento dei controlli ambientali, innovazione e completa attuazione delle direttive europee, a partire da 2000/60”.

Ma la tutela della risorsa idrica passa anche attraverso una corretta depurazione dei reflui fognari. “Il nostro Paese – aggiunge Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente – non riesce ad uscire da questa persistente emergenza che ha portato l’Italia ad avere quattro procedure di infrazione di cui le prime due già sfociate in condanna, la terza in fase di deferimento alla Commissione europea e l’ultima in fase di messa in mora. Questi ritardi indicano in primis la necessità di riqualificare o costruire impianti, di investire sulla ricerca e lo sviluppo di sistemi innovativi, e di migliorare il trattamento delle acque industriali, evitando il mescolamento dei reflui industriali con quelli civili”.

Cattive acque: Tornando alle storie sulle cattive acque, il report ci porta in Basilicata dove lo scorso aprile l’azienda sanitaria di Matera ha emesso delle ordinanze per vietare l’uso e consumo di acqua a scopo potabile in alcuni comuni delle costa Jonica tra cui: Policoro, Nova Siri, Scanzano e alcune zone di Metaponto Lido. Il motivo è legato al superamento dei valori di trialometani oltre la soglia consentita. Nel report si parla anche della cronica emergenza per contaminazione da tratracloroetilene presente nella provincia di Avellino, che ancora paga l’eredità del polo industriale della concia e poi della grave emergenza dei SIN (Siti di interesse Nazionale da bonificare) nell’area della Van Basento (in Basilicata). Diversi sono stati i divieti di utilizzo delle acque di falda emessi dai sindaci su indicazione dell’Azienda Sanitaria Locale di Matera (ASM), non solo nelle zone della valle del Basento, ma anche in quelle porzioni di territorio limitrofo in cui le falde potevano essere state contaminate. Infine altro tema di cui si parla nel report, è quello della gestione delle falde acquifere dell’Appennino Centrale nelle aree post sima dove a seguito del terremoto del 2016 si sono registrate anomalie nel regime idrologico dei corsi d’acqua. L’esempio più impressionante è quello della sorgente del Torbidone, nel comune di Norcia che, scomparsa dopo il terremoto del 1979, ha ricominciato a funzionare dopo il 30 ottobre 2016 con una portata che è andata via via aumentando fino a raggiungere, all’inizio di febbraio, circa 1600 l/s. Anomalie che andranno gestite per evitare lo svuotamento della falda.

Acqua sotto pressione: Agricoltura non sostenibile e sviluppo urbano, attività industriali, ma anche prelievi e derivazioni dei corpi idrici (per gli impianti di piscicoltura, usi idroelettrici, industriali, agricoli e civili per il prelievo di acque potabili) sono le principali pressioni antropiche che ostacolano il raggiungimento degli standard ambientali dei corpi idrici. L’uso agricolo ha il peso maggiore sia sui corpi idrici sotterranei che superficiali, e questi ultimi subiscono anche l’impatto dei prelievi per uso idroelettrico. In Italia si consumano annualmente oltre 26 miliardi di metri cubi di acqua. In particolare, il 55% circa della domanda di acqua proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. Il prelievo di acqua supera però i 33 miliardi di metri cubi. I consumi rappresentano, infatti, poco meno del 78% dei prelievi a causa di un ammontare di perdite pari a circa il 22%, ossia 7 miliardi di metri cubi all’anno, del prelievo totale e di queste il 17% è rappresentato delle perdite che avvengono nel settore agricolo. (Dati Water Management Report 2017). “Sull’agricoltura – aggiunge Minutolo – è necessario agire con forza, ripensando ad una riconversione del sistema di irrigazione puntando a sistemi di microirrigazione a goccia, che possono garantire almeno il 50% del risparmio di acqua utilizzata, e rivedere completamente il sistema di tariffazione degli usi dell’acqua, con un sistema di premialità e penalità che valorizzi le esperienze virtuose”.

Anche l’inquinamento chimico resta una criticità per le acque comunitarie. Solo nel nostro Paese, stando agli ultimi dati disponibili, nel 2016 sono state emesse oltre 280 tonnellate di metalli pesanti direttamente nei corpi idrici, che si aggiungono alle sostanze organiche e inorganiche emesse dalle attività industriali. (Dati E-PRTR).

Buone Acque – Infine uno sguardo alle buone pratiche, oltre a quelle citate prima, nel report si parla dei tre progetti che coinvolgono il fiume Olona, in Lombardia (“Olona entra in città” che prevede la ricostruzione del corridoio ecologico fluviale nel tessuto metropolitano”, il “Sistema Olona” che ha al centro il ripristino dell’habitat e i “Progetti del Parco dei Mulini” con il ripristino habitat e di aree di fruizione). C’è poi la storia dell’Ufficio Acque della provincia di Cuneo che dimostra come rispettare norme in difesa dell’ambiente sia possibile anche quando la loro applicazione si fa difficile. Quella del Canale Navile di Bologna che si intreccia con il Comitato “Salviamo il Navile” che nel 2017 ha presentato un progetto di iniziativa popolare per salvarlo, e conseguentemente a questa azione il Comune di Bologna ha costituito un gruppo di lavoro. Nel 2018 sono arrivati due passi positivi per salvare il Canale. Per altro nella prima edizione di questo dossier, realizzata nel 2015, la storia del Canale era stata annoverata, a seguito della denuncia delle cattive condizioni, tra quelle negative, ora si sta trasformando in una esperienza virtuosa di buona gestione.

Tra le altre buone pratiche di cui si parla nel report, anche la storia del Contratto di Lago di Massaciuccoli, in Toscana, che ha coinvolto diversi soggetti per individuare e definire le azioni per la tutela e lo sviluppo dell’area. Ed infine alcune iniziative che coinvolgono associazioni, istituzioni e cittadini a livello europeo come il Big Jump, la campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della qualità delle acque e sul recupero della balneabilità dei grandi corsi d’acqua, e #ProtectWater, la campagna della coalizione “Living Rivers” a difesa della Direttiva europea sull’Acqua.


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Acqua

Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici

A Torino, Palazzo Madama ospiterà una nuova edizione del River Café sul Po, un evento che, a trent’anni dalla drammatica alluvione del Tanaro, riunirà cittadini ed esperti per un confronto sui temi della pianificazione territoriale e della gestione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. L’incontro è organizzato nell’ambito del progetto europeo LIFE CLIMAX PO, dedicato all’adattamento del distretto del fiume Po al clima che cambia.

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Acqua

A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna

L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.

In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.

Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione​

La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.

Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.

D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.

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Acqua

Terra Madre Salone del Gusto 2024: We Are Nature dal 26 al 30 settembre a Torino, Parco Dora

Torna Terra Madre Salone del Gusto 2024: We Are Nature dal 26 al 30 settembre a Torino, Parco Dora per individuare una nuova prospettiva che metta gli esseri umani dentro la natura, come parte del tutto.

Questo percorso è il frutto delle riflessioni che Slow Food ha avviato e condiviso a livello italiano e internazionale con la rete di soci, produttori e artigiani, cuochi, pastori e pescatori, istituzioni, realtà della società civile e partner in quasi 40 anni di storia dell’associazione (1986 nascita di Slow Food Italia) e in 20 anni di Terra Madre (2004 la prima edizione).

Il sito presenta il programma e un primo catalogo di espositori del Mercato e una prima tranche del programma di conferenze, Laboratori del Gusto e Appuntamenti a Tavola. A questi si aggiungono nei prossimi mesi molte altre presentazioni e degustazioni, e poi gli appuntamenti organizzati negli spazi dei partner e delle istituzion, e gli eventi Off organizzati in città cui possono contribuire con le proprie proposte circoscrizioni, associazioni, enti culturali e ricreativi.

Centrale, tra le tematiche, la riflessione sulle principali questioni di attualità – come la crisi climatica, il ruolo delle multinazionali nel sistema alimentare, la giustizia lungo la filiera del cibo, il futuro delle aree interne e delle terre alte, la concreta possibilità di nutrire l’umanità attraverso modelli agricoli che rispettino la natura -, grazie ai contributi di nomi di fama internazionale e alle testimonianze di attivisti e produttori.

Ad accogliere le persone in visita alla manifestazione i 3 mila delegati da 120 Paesi e gli oltre 600 espositori del Mercato italiano e internazionale. Tra questi sono circa 180 i Presìdi Slow Food che partecipano dall’Italia e dall’estero, un terzo in più rispetto a due anni fa. Tra le novità di quest’anno, l’ingresso riservato a buyer, operatori del settore, giornalisti e soci Slow Food dall’Italia e dall’estero – giovedì 26 dalle 10 alle 15 – che possono così visitare il Mercato e conoscere gli espositori in anteprima.

Organizzata da Slow Food, Città di Torino e Regione Piemonte, con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, del Ministero del Turismo e del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Italian Trade Agency, la 15esima edizione della più importante manifestazione internazionale dedicata al cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti e alle politiche alimentari pone l’accento sulla necessità di una nuova relazione con la natura, attraverso il cibo, l’elemento più potente che ci riconduce alla terra, scegliendo come claim We Are Nature.

L’edizione 2024 di Terra Madre Salone del Gusto è resa possibile grazie a istituzioni e realtà private che a oggi hanno già confermato il loro supporto, tra questi citiamo i Main Partner: Camera di Commercio di Torino, Demeter, Iren, Lavazza Group, Pastificio Di Martino, Quality Beer Academy, Reale Mutua, UniCredit. Gli Inkind Partner: Acqua S.Bernardo, BBBell, Bormioli Luigi, Coop, Liebherr, Consorzio del Parmigiano Reggiano. I Green Partner: Anemotech, Cuki, GTT, Guillin Italia Spa, Planet Smart City, Ricrea e Tucano. Gli Area Partner: Environment Park, Fondazione Fossano Musica, FSC Italia, Gruppo ASA, Renault, Ricola e Sebach. Gli hospitality Partner: Federalberghi Torino, Terre Reali del Piemonte e Turismo Alpmed. Il sostegno di Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e della Liguria, Fondazione Compagnia di SanPaolo, Fondazione CRT. Partner culturale è l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale. Mobility Partner è Bus Company.


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