Digital Divide
Perché incontrarsi il 20 Ottobre a Milano
La sempre più rapida evoluzione delle discipline informatiche, accompagnata dallo sviluppo in parallelo di dispositivi personali “da passeggio”, coincide con le continue metamorfosi che avvengono nelle abitudini sociali e relazionali delle persone.
Tempi in cui quando pensiamo di aver afferrato una nuova idea, un nuovo concetto o una nuova tecnologia, ecco che il tutto si trasforma in qualcos’altro o genera nuove vie da percorrere.
Ovvio che nessuno di noi è obbligato a correre appresso alle trasformazioni, ma ciò avviene nel frattempo intorno a noi, mettendoci in una condizione perpetua di apprendisti inconsapevoli.
Basta citare quanto orami sia pervasivo e diffuso l’uso di Facebook, WhatApps e Instagram nelle relazioni e comunicazioni umane, o peraltro l’automazione delle attività del terziario avanzato che passano sotto la colorata definizione di “trasformazione digitale” e di come ci siamo trovati avvolti in ciò.
È molto facile perciò essere apprendisti perpetui ed inconsapevoli, una condizione da cui però bisogna uscire, perchè è oramai evidente lo sbilanciamento sempre più diffuso tra la dimensione etica e quella economica, giuridica e tecnologica dell’innovazione (digitale) in cui siamo immersi nel quotidiano vivere.
“Uno sbilanciamento che incide sulle abitudini e i comportamenti sociali delle persone nei loro contesti di vita privata e professionale, e di riflesso anche nelle odierne organizzazioni sociali.
Comportamenti che, solo per citarne alcuni, spaziano dalla dimensione del lavoro che cambia, la cura delle persone, la sovrabbondanza tecnologica, l’automazione delle attività umane, la globalizzazione fiscale e i diritti dei cittadini e la loro privacy.
In un epoca in cui siamo sempre più concentrati sul come fare innovazione (digitale), e innumerevoli esempi lo confermano, oggi diventa urgente domandarsi perché fare innovazione: i fenomeni di concreta innovazione (digitale) hanno sempre risvolti e impatti sulle persone, e sulle organizzazioni sociali e aziendali, ed è quindi urgente e necessario evitare sempre più scelte automatiche e inconsapevoli per riprendere il governo di ciò che oggi ci sfugge: siamo tutti apprendisti in questo nuovo mondo che ci circonda e che, almeno in apparenza, cambia velocemente.”
In quest’ottica l’incontro del 20 ottobre si pone come momento per sensibilizzarci sull’essere consapevoli della nostra condizione di apprendisti da cui partire per poter sviluppare uno spirito di sopravvivenza in questa nuovo mondo in cui la responsabilità e consapevolezza dell’individuo sono gli elementi per ristabilire l’equilibrio tra la dimensione etica e quella economica, giuridica e tecnologica dell’innovazione (digitale) e non solo.
Per iscrizioni : Eventbrite ci vediamo il 20 Ottobre !
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Poste Italiane organizzano una serie di webinar sull’Educazione Digitale
Poste Italiane organizzano una serie di webinar sull’Educazione Digitale. (altro…)
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ECCO Alessandria Digital Forum dal 25 al 28 maggio
ECCO Alessandria Digital Forum è il primo evento dedicato al digitale che si terrà ad Alessandria da giovedì 25 a domenica 28 maggio presso Porto IDEE Community Center in Via Verona 95. (altro…)
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Il Metaverso è un bluff
Trattandosi di un’accolita di accrocchi e invenzioni, mi guardo bene dal fare di tutta l’erba un fascio, ma voglio scrivere questa breve nota a vantaggio di quanti mi chiedono di cosa si tratti e ancor più di quelli che si manifestano entusiasti come gli indigeni per gli specchietti portati dai conquistadores. La sintesi di quanto segue è che si tratta di un’operazione commerciale per recuperare il successo dei videogiochi nella fantasia fortunatamente per ora ancora patetica di sostituirvi la vita reale con strumenti noti da più di 40 anni e naturalmente da allora molto evoluti e soprattutto compresi che potrebbero avere grande utilità in campi specifici come la medicina, la microtecnica, la sicurezza, l’apprendimento… se il loro costo e le dimensioni dell’apparato che comportano non fossero in molti casi di gran lunga superiori ai servizi di base tradizionali che il più delle volte vengono a meno e con sempre peggiore competenza. Ma adesso andiamo per gradi.
La parola “metaverso” — trovate ovviamente tutto su Wikipedia, specie quello in inglese — deriva dalla fantascienza in quanto contrazione per prefisso greco “meta”, tipico della “metafisica” e del suffisso “verso”, tratto da “universo” in quanto dimensione nella quale hanno luogo tutti i fenomeni. Quando nel ’92 lo scrittore cyberpunk Neal Stephenson lo utilizzò l’idea sottendeva a piani diversi di realtà: non di simulazioni ma proprio di esperienze dimensionali.
In fondo un “metaverso” non è che una categoria più astratta di quella di “multiverso” per la quale non si può dimenticare che era il 1895 quando lo psicologo americano William James la introdusse per rendere d’idea di universi paralleli, idea che venne ripresa poi dallo scrittore di fantascienza statunitense Murray Leinster nel 1934 e in seguito da molti altri, come Jorge Luis Borges, divenendo infine un classico del genere fantastico fino a che negli anni ’80 entrò nel gergo scientifico della fisica teorica in quanto “insieme di universi coesistenti previsto da varie teorie, come quella dell’inflazione eterna di Linde o come quella secondo cui da ogni buco nero esistente nascerebbe un nuovo universo, ideata da Smolin. Le dimensioni parallele sono contemplate anche in tutti i modelli correlati alla teoria delle stringhe” (Wikipedia) che qualsiasi fan della serie TV “Big Bang Theory” dovrebbe conoscere bene.
Molti oggi spacciano il metaverso come una specie di terra utopica alla Tommaso Moro, ma è ben lontana da questo. Intanto è un modo per fare soldi in un territorio ormai troppo sfruttato come quello dell’elettronica e dell’informatica che molto hanno dato e stanno ancora dando ma non come una volta.
I signori del digitale hanno una vera e propria fame di una nuova bolla come quella di Internet degli anni ’90–2000.
È nel 2021 che la premiata ditta di quisquilie nota come Facebook promuove la Meta Platforms Inc. per la quale assume diecimila persone in Europa con la volontà di sviluppare idea e tecnologie di metaverso ribattezzando il vecchio nome della società in “Meta”.
Facebook era già un metaverso a modo suo, anche se la gente reale lo ha sempre usato come una mappa che facilita la comunicazione e le relazioni fra soggetti reali in scenari reali. L’idea dei nostri gambler sarà invece quella di invertire i poli e far sì che il mondo reale finisca per diventare la simulazione di quello che fino ad oggi consideravamo virtuale. Come farlo? Riscoprendo un vecchio accrocco patetico e sfortunato che ha fatto perdere soldi reali a babbioni disposti a fare investimenti fasulli come abitazioni fatte di figurine nel “videogioco” Second Life che ebbe fra i suoi principali promotori IBM stessa.
Sempre Wikipedia corre in aiuto a chi non ci sta capendo più niente sintetizzando nella parola metaverso qualcosa che:
– Si tratta di spazi tridimensionali dove gli utenti si muovono liberamente utilizzando degli avatar; qui si può giocare, creare, lavorare e anche concludere accordi commerciali.
– Il metaverso non è di proprietà delle aziende, ma si tratta di una struttura tecnica condivisa.
– Gli spazi virtuali possono essere creati dagli utenti stessi che li mettono a disposizione di altri utenti.
– Per rendere possibile il collegamento tra lo spazio reale e quello digitale si usano la realtà aumentata e tecnologie di realtà ibride.
– Si possono utilizzare valute virtuali e reali.
– Alla base degli spazi virtuali ci sono degli standard tecnici compatibili, protocolli, l’interoperabilità, la proprietà digitale, la tecnologia blockchain e legislazioni che ne regolano l’uso.
Tutto per i videogiochi
I soldi che Zuckerberg ha messo in Meta li ha già persi, tuttavia è dal mondo delle già discutibili blockchain e di Microsoft stessa che si cerca di forzare la mano per spingere soprattutto le aziende a credere nel metaverso che in questo momento è forte esclusivamente:
1) del potere di calcolo disponibile in rete
2) dello sviluppo importante dei dispositivi di realtà virtuale, primi fra tutti i visori.
Sono pochi tuttavia a ricordare che questi sviluppi non partono né dai media, né dai social, né dalle aziende tradizionali, ma da qualcosa del quale i signori come Zuckerberg si sono accorti quando ormai era diventato un fenomeno di proporzioni mostruosamente galattiche: i videogiochi! Ma non dei videogiochi qualsiasi, ma del cosiddetto netgaming, le comunità che letteralmente vivono simultaneamente in rete immersi in ambienti ludici virtuali per allontanarsi dai quali soffrono più che se dovessero cavar loro un molare. Fra i primi a rendersene conto fu la compagnia di Bezos che ebbe la geniale idea di convertire parte dei propri investimenti in potenza di calcolo e di memoria dalla clientela aziendale a quella del gioco in rete acquisendo la piattaforma Twitch nata nel 2011 e acchiappata solo 3 anni dopo per meno di un miliardo di dollari (altro che i 43 di Musk per Twitter!).
Ora ci stanno provando tutti, da Facebook-Meta, ovviamente, fino a Google, Apple e Netflix, ma gli unici a competere con Twitch, seppure in un’altra cultura, sono i cinesi con le loro Huya Live , DouYu, Bilibili e altre ancora.
Queste piattaforme di streaming hanno generato, assieme ad un epocale successo, tanti effetti devastanti, dalla dipendenza all’assuefazione, dalla violazione dei copyright, alla pornografia, la propaganda nazista e quella di odio razziale, sia anti islamico, che antiebraico, ai giochi d’azzardo online favoriti dall’utilizzo delle criptovalute, fino alla vera e propria mafia e malavita in genere.
Conclusione
Se pensate che il multiverso sia un mondo ideale non dimenticate che gli scopi dell’umanità sono sempre gli stessi e che questa logica è idealizzata anche dai sostenitori della singularity, come i transumanisti del Word Economic Forum. E, se è già quasi impossibile contenere la malavita e le guerre agendo nel mondo reale, sarà definitivamente impossibile farlo quando l’essere umano non sarà altro che una larva dentro un qualche metaverso fatto dei suoi videogiochi e videomondi. Questo probabilmente solo per chi può, in quanto non è da sottovalutare che non tutti — anzi, ben pochi — potranno permettersi gli astronomici costi dei dispositivi e degli abbonamenti necessari per farlo, ovvero per evitare di guardare il disastro che si è creato intorno a loro in quel metaverso che chiamavamo “mondo reale”.
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