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Dall’acquisto alla fedeltà: il commercio ha cambiato faccia

Potrebbe sembrare tutto normale e che nessuno abbia inventato niente, eppure il commercio si è gradualmente trasformato quasi integralmente. Si sta passando dall’esperienza dello scambio a quella della tassa, e in fondo i marxiani potrebbero pensare che anche questo fosse stato preconizzato a suo tempo.

Che il denaro come intermediazioni stia imbarcando acqua non è una novità, ma anche il baratto non sarebbe facile da gestire e le banche di ore non si può dire che abbiano sortito rivoluzioni in questo senso. Piano piano, però, quasi impercettibilmente stiamo rendendoci conto che perfino la sacralità della materia è stata violata da questo punto di vista. E non solo dalle stampanti 3D: prima ancora vengono i nostri rituali.

Quando acquisti servizi per i contenuti, come musica, notizie, film, comunicazione, sei abituato a pensare di potere sottoscrivere un abbonamento, eppure anche qui le cose cambiano. Ci si va gradualmente allontanando da quello che consumi per spostarci in un “tutto compreso”. Si profila il cliente e si stabilisce che si tratta di un individuo da “pacchetto basic”, “pro”, “advanced” o “outsider” e gli si fornisce il pacchetto corrispondente al suo livello senza misurare più i consumi, ma solo lo scarto da un livello all’altro. Quello a cui sei meno abituato a pensare in questi termini è il caso in cui tu stia acquistando un oggetto tradizionalmente pensato per essere “tuo”, come un’automobile o un telefono. Eppure, anche in questo caso vieni facilitato nell’acquisto dal momento in cui rinunci alla proprietà per pagare la tassa alla casa automobilistica rimanendo il più possibile legati a loro. Se paghi il leasing al venditore l’oggetto in sé ti viene quasi regalato, salvo pagarlo per intero nel momento in cui esci dalla “famiglia”, dal “clan”, quando non sei più fedele. Anche l’auto in sé e per se non è un costo, ma una soglia di abbonamento. Se sei della Serie 3 spendi 199,9999€ al mese, per la serie 5 299,9999€ al mese e così via. Trascorsi un certo numero di anni userai l’auto nuova per quella fascia di prezzo restituendo l’usato che comunque non è mai stato tuo, in quanto tu hai sempre soltanto pagato gli interessi, ovverosia l’abbonamento al marchio e non all’auto.

Lo stesso accade quando compri qualcosa che pensi debba essere tuo come un cellulare: paghi per “far parte” di quella tribu: la tribu iPhone piuttosto che Galaxy, quella del cellulare economico e dei consumi basic, piuttosto che il fascia alta con consumi elevati o lo “special” senza limiti di consumi e tu versi un compenso, una “tassa di appartenenza” che fa sì che non ci pensi più. Presto un discorso analogo verrà fatto anche per il cibo e, piano piano. non sceglierai più quello che ti aggrada, ma riceverai quello che è stato pianificato per oggi per il tuo profilo dal gruppo cui hai scelto di essere fedele.

Si passa da “l’età del prodotto” a “l’età dell’accesso”, del diritto di partecipazione.

Gli abbonamenti sono talmente diffusi che una società californiana che si occupa solo di gestirli al di là del prodotto che serve (dagli abiti ai mobili fino a Netflix e Spotify) ha scelto di venire quotata in borsa.

Quando Jeremy Rifkin dopo avere profetizzato la “fine del lavoro”, almeno per come eravamo soliti intenderlo, ha preso a vaticinare anche sul mercato, non ha fatto un’affermazione balzana nel descrivere un mondo in cui la maggior parte dei beni e delle dotazioni costose verranno in futuro rese disponibili sotto forma di contratti di affitto a breve termine, di prestiti, di diritto di adesione e formule simili.

Resta da capire quale spazio avranno quanti restano fuori da questa possibilità di offerta e quello che vorrà dire accettare le strategie di pianificazione e procedurali dei pochi (pensiamo solo a quanti sono i sistemi operativi di computer e cellulari considerato che si rivolgono potenzialmente almeno a 7 miliardi di persone) che potranno beneficiarne. Che sarà del loro lavoro e del loro contributo creativo.


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Revolut apre una filiale italiana e offre un conto corrente con un Iban italiano

Revolut apre una succursale in Italia che offre ai nuovi clienti un conto corrente con un Iban italiano. I clienti vecchi potranno fare il passaggio dall IBAN estero a quello italiano a partire dal 2025.  Si tratta di una novità che consentirà di utilizzare il conto Revolut come conto principale evitando così i problemi riscontrati con l’Iban straniero dato che fino ad oggi, i clienti italiani di Revolut disponevano di un Iban lituano.

Revolut ha deciso di lanciare il conto corrente con iban italiano per i nuovi clienti evitando così l’iban discrimination  condannata dall’Unione europea come pratica scorretta.

Con questo cambiamento, il conto Revolut potrà essere utilizzato come un vero e proprio conto principale.  Un altro vantaggio offerto dall’Iban italiano consiste nella possibilità che Revolut svolga in futuro il ruolo di sostituto d’imposta.

I tre milioni di clienti attuali di Revolut  potranno scegliere da gennaio 2025 la migrazione del cont verso un Iban italiano o mantenere l’attuale Iban. Non sarà necessario sostituire le carte di pagamento già emesse, che resteranno valide.

Revolut è una piattaforma finanziaria digitale che offre una serie di servizi bancari e finanziari attraverso un’app mobile. Fondata nel 2015, la società si è rapidamente affermata come uno degli strumenti più popolari per gestire il denaro in modo flessibile e conveniente, soprattutto per chi viaggia o ha esigenze bancarie internazionali.  Revolut si distingue anche per la sua interfaccia facile da usare e per il fatto che non è legata a una banca tradizionale, permettendo quindi costi inferiori per i suoi servizi.


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Digitale

Stefano Giordano è il nuovo Presidente di Internet Society Italia

Stefano Giordano è il nuovo Presidente di Internet Society Italia che ha preso ufficialmente il posto di Alessandro Berni, che nella funzione di Presidente onorario assicura all’Associazione continuità di impegno.

L’Assemblea dei soci ha nominato il nuovo Consiglio composto dal Presidente e 8 da Consiglieri.

Tra i Consiglieri, accanto a Laura Abba, Angelo Alù, Michele Amodeo, Vittorio Bertola, Federica Giaquinta e Ermann Ripepi, che conservano le rispettive cariche, le novità rispetto al precedente triennio sono Valeria Cantarella e Anna Pisterzi.


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TikTok rischia di essere espulso dagli USA se ByteDance non cederà la sua proprietà

tiktok

TikTok ha perso il ricorso presso la Corte d’Appello di Washington contro la legge firmata ad aprile dal presidente Joe Biden, che impone il divieto della piattaforma negli Stati Uniti a meno che la società cinese ByteDance, che la controlla, non venda la sua partecipazione entro il 19 gennaio.

La Corte d’Appello ha dato ragione al Dipartimento di Giustizia, dichiarando costituzionale la misura che conferisce al governo statunitense il potere di vietare TikTok per motivi di sicurezza nazionale. Il timore è che la piattaforma possa essere utilizzata dal governo cinese per raccogliere dati sugli utenti americani o influenzare l’opinione pubblica.

La scadenza del 19 gennaio coincide con la vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, che durante il suo primo mandato aveva sostenuto il divieto, ma durante la sua campagna elettorale ha promesso di “salvare TikTok”. La piattaforma aveva argomentato davanti alla Corte d’Appello che il divieto violava il diritto di espressione dei suoi utenti statunitensi – circa 150 milioni – tutelato dal Primo Emendamento.

Nella loro sentenza, i giudici hanno stabilito che la legge firmata da Biden “non viola il Primo Emendamento” e che il governo sta agendo per proteggere gli Stati Uniti da una “minaccia straniera”, respingendo così il ricorso presentato a maggio da TikTok e dai suoi creatori di contenuti.


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