Clima
Proteggere le foreste dai danni causati dall’ozono in atmosfera
La costa nizzarda e il Parco regionale del Mercantour in Francia e le valli Varaita e Stura di Demonte in provincia di Cuneo sono le aree individuate dal progetto per lo studio e la salvaguardia delle foreste dai danni causati dall’ozono in atmosfera Mitimpact Alcotra.
Il progetto europeo, cofinanziato dal Fesr per l’85% dei costi totali e coordinato dall’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (Ipla SpA) della Regione Piemonte, coinvolge l’Arpa Piemonte, l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Cnr sul lato italiano, il Gruppo Internazionale di Studio delle Foreste Subalpine e lo studio tecnico GeographR sul lato francese, raggruppando specialisti che operano su questi temi da oltre 20 anni. In totale si prevede uno stanziamento di circa 1 milione e 200 mila euro.
Il progetto, finanziato nell’ambito del programma Interreg Alcotra Italia-Francia e incentrato sulla previsione e valutazione dell’impatto del cambiamento climatico e dell’inquinamento fotochimico dell’aria sulla vegetazione transfrontaliera, prevede lo studio, la prevenzione e la mitigazione dei danni subiti, a causa dell’elevata concentrazione di ozono in atmosfera, dalle foreste della provincia di Cuneo e del Dipartimento delle Alpi marittime francesi.
Alla presentazione pubblica che si è svolta a Torino lunedì 10 luglio nel Palazzo della Regione Piemonte, hanno preso parte, fra gli altri, l’assessore all’Ambiente della Regione Piemonte, Alberto Valmaggia, l’amministratore unico di Ipla, Igor Boni, il responsabile del Servizio Cooperazione e progetti internazionali di Ipla, Francesco Tagliaferro, la responsabile tecnica per il Giefs – Group International d’Etudes des Forêts Subalpines – Laurence Dalstein, il dirigente responsabile della struttura semplice “Qualità dell’aria” di Arpa Piemonte, Mauro Grosa, e la dirigente di ricerca dell’Istituto Protezione Sostenibile delle Piante del Cnr a Sesto Fiorentino, Elena Paoletti.
“L’ozono – ha spiegato Igor Boni – è considerato uno dei più temibili inquinanti, pericoloso sia per l’uomo che per i vegetali. La sua stabilità gli consente di migrare anche a distanza dalle aree dove viene prodotto, normalmente in conseguenza della combustione degli idrocarburi utilizzati come carburante per il traffico veicolare. Questa caratteristica rende perciò possibile la sua presenza in concentrazioni elevate anche nelle aree rurali più remote, sia in pianura che in montagna, per cui sono state emanate apposite direttive anche a livello internazionale che stabiliscono dei limiti soglia di concentrazioni di ozono in atmosfera, oltre cui si può verificare il danno alle foreste”.
La formazione dell’ozono è correlata anche all’insolazione, e nella regione mediterranea si raggiungono i livelli più elevati d’Europa. “I territori interessati dal programma Alcotra di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia – ha aggiunto Francesco Tagliaferro – sono fra quelli maggiormente a rischio. Il danno dipende largamente non solo dalla specie vegetale, ma anche dalle condizioni climatiche in cui vegeta, poiché l’ozono agisce penetrando dagli stomi delle foglie e intervenendo poi nei processi metabolici, alterandoli”.
Gli obiettivi di Mitimpact sono: prevedere e valutare economicamente l’impatto dei danni da ozono sulla vegetazione, sull’ecosistema e sui servizi ecosistemici, individuare pratiche e azioni mitiganti in base alla valutazione dei costi e dei benefici, e sensibilizzare sul tema enti, istituzioni e singoli cittadini. “Il progetto – ha detto Mauro Grosa – prevede attente ricognizioni e verifiche in campo, focalizzate su alcune delle specie forestali più tipiche delle nostre Alpi, quali il pino silvestre, il pino cembro e il faggio. Nella zona costiera di confine saranno verificati i danni anche sul pino d’Aleppo”. Le attività si svolgeranno nell’arco di 3 anni, con termine previsto per la fine di maggio del 2020.
Saranno studiati ed elaborati i dati di emissione e di concentrazione degli inquinanti nell’ambito delle aree di studio, correlandoli con i danni effettivamente osservati in campo e le condizioni meteorologiche attuali e previste sino al 2085 secondo specifici scenari evolutivi, “un metodo che consentirà – ha specificato Laurence Dalstein – di conoscere con miglior precisione i possibili danni futuri”.
Il progetto, ha poi aggiunto Elena Paoletti, “contribuisce ad aiutare a colmare un’attuale carenza normativa sulle soglie di protezione della vegetazione nei confronti del suo più importante inquinante attuale, l’ozono, fornendo parametri concreti di riferimento alle amministrazioni pubbliche”.
“Il cambiamento climatico – ha concluso l’assessore Alberto Valmaggia – ci pone davanti a sempre nuove sfide, che si possono fronteggiare solo attraverso un’analisi precisa dei dati e delle prospettive di scenario, in un ambito che non può restare ristretto nei confini nazionali. La salvaguarda delle foreste, i nostri polmoni verdi, passa attraverso l’impegno delle istituzioni a livello transfrontaliero, e in questo caso la cooperazione fra Italia e Francia sarà determinante per delineare nuove strategie di mitigazione degli impatti dell’inquinamento da ozono per il nostro ecosistema”.
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Clima
I devastanti incendi nella contea di Los Angeles sono l’effetto di come il cambiamento climatico stia modificando i fattori di rischio delle nostre vite
La contea di Los Angeles sta affrontando una delle peggiori stagioni di incendi nella sua storia recente. Nonostante la stagione degli incendi nel sud della California solitamente si concluda a fine autunno, venti secchi e forti hanno alimentato incendi devastanti che hanno sconvolto la regione nel cuore dell’inverno. Questo fenomeno anomalo sottolinea l’intensificazione degli effetti del cambiamento climatico e mette a dura prova le risorse delle autorità locali.
Gli incendi hanno causato la morte di almeno dieci persone e distrutto quasi 10.000 strutture, tra case, aziende e infrastrutture. Più di 180.000 persone sono state costrette a evacuare le loro abitazioni, con ulteriori 200.000 sotto avviso di evacuazione. Le fiamme hanno consumato oltre 14.000 ettari di terreno, compresi parchi naturali e aree protette, con effetti devastanti sulla flora e fauna locali.
Le condizioni meteorologiche hanno giocato un ruolo chiave nella propagazione degli incendi. Venti secchi, noti come “Santa Ana winds,” hanno raggiunto velocità fino a 70 km/h, alimentando le fiamme e rendendo difficili le operazioni di contenimento. Questi venti, combinati con temperature insolitamente elevate e una vegetazione resa estremamente secca dalla siccità, hanno creato un ambiente ideale per il rapido sviluppo degli incendi.
Le autorità locali e statali hanno mobilitato risorse significative per combattere gli incendi. Più di 3.000 vigili del fuoco sono stati dispiegati sul campo, supportati da aerei antincendio e elicotteri per il lancio di acqua e ritardanti sulle fiamme. Il presidente Joe Biden ha dichiarato lo stato di emergenza, garantendo l’accesso a risorse federali per supportare le operazioni di emergenza e la ricostruzione.
Le comunità colpite si trovano ad affrontare una crisi umanitaria. Molte famiglie hanno perso tutto e sono state costrette a rifugiarsi in centri di accoglienza temporanei. Le scuole sono state chiuse, e l’aria nella regione è diventata irrespirabile a causa del fumo denso, aumentando i rischi per la salute pubblica.
Gli esperti concordano sul fatto che il cambiamento climatico abbia aggravato la frequenza e l’intensità degli incendi in California. L’alternanza di periodi di piogge intense seguiti da lunghi periodi di siccità — un fenomeno noto come “latigazo hidroclimático” — ha reso la vegetazione più suscettibile agli incendi. La rapida crescita della vegetazione durante le piogge seguita da una secchezza estrema fornisce un’enorme quantità di combustibile per le fiamme.
La crisi in corso nella contea di Los Angeles evidenzia l’urgenza di affrontare le cause profonde del cambiamento climatico. Investire in misure di prevenzione, come la gestione della vegetazione e l’adozione di tecnologie avanzate per il monitoraggio degli incendi, è fondamentale per ridurre il rischio di disastri futuri. Allo stesso tempo, è necessario sostenere le comunità colpite, garantendo loro le risorse necessarie per ricostruire e riprendersi da questa tragedia.
Gli incendi nella contea di Los Angeles rappresentano un monito per il resto del mondo: l’intensificazione degli eventi climatici estremi è una realtà che richiede azioni immediate e coordinate a livello globale.
La California continua a essere teatro di incendi devastanti da anni , con il 2024 che ha registrato una stagione particolarmente intensa. Le condizioni climatiche estreme, caratterizzate da una combinazione di periodi di piogge intense seguiti da siccità prolungate, hanno creato un ambiente propizio per la propagazione degli incendi. Questo fenomeno, noto come “latigazo hidroclimático”, ha aumentato la vulnerabilità della vegetazione, rendendola più suscettibile alle fiamme.
Le condizioni meteorologiche estreme, come ondate di calore e siccità, hanno esacerbato la frequenza e l’intensità degli incendi in California. Il cambiamento climatico, alimentato dalle emissioni di combustibili fossili, ha contribuito a questi eventi, creando un ciclo di condizioni favorevoli agli incendi. La rapida alternanza tra periodi umidi e secchi ha aumentato il rischio di incendi, con la vegetazione che cresce rapidamente durante le piogge e si secca durante le siccità, diventando combustibile per le fiamme.
Le autorità locali e federali hanno mobilitato risorse significative per combattere gli incendi, con il presidente Joe Biden che ha approvato l’assistenza federale, compreso il dispiegamento di ulteriori risorse antincendio. Nonostante gli sforzi, la portata e l’intensità degli incendi hanno messo a dura prova le capacità di risposta, evidenziando la necessità di strategie più efficaci per affrontare queste emergenze.
La devastazione causata dagli incendi ha avuto un impatto significativo sulle comunità locali, con migliaia di persone evacuate, case distrutte e infrastrutture danneggiate. La ricostruzione richiederà tempo e risorse, e la frequenza crescente di questi eventi solleva preoccupazioni sul futuro della regione. È essenziale affrontare le cause profonde del cambiamento climatico e implementare misure di mitigazione per ridurre il rischio di incendi futuri e proteggere le comunità vulnerabili.
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Clima
Il 2024 si è confermato come l’anno più caldo da quando si eseguono registrazioni meteorologiche con copertura globale
L’agenzia Copernicus ECMWF ha diffuso i dati sul clima globale del 2024. Il 2024 si è confermato come l’anno più caldo da quando si eseguono registrazioni meteorologiche con copertura globale (1850): la temperatura media planetaria (15,10 °C) ha superato di 0,12 °C il precedente (e già sorprendente) primato del 2023, e di 1,6 °C i livelli preindustriali. Si tratta del primo anno a varcare il limite di +1,5 °C.
Questo non comporta ancora il superamento della soglia indicata dall’Accordo di Parigi – che si riferisce al livello di riscaldamento di +1,5 °C come media ventennale – tuttavia la situazione è sintomatica della rapidità con cui ci stiamo avviando verso uno stato climatico pericoloso per gli equilibri della biosfera, umanità inclusa.
Se non bastasse gli ultimi 10 anni (2015–2024) sono stati i 10 più caldi nel mondo. A livello continentale, Il 2024 è risultato l’anno più caldo ovunque salvo in Antartide e Oceania. In Europa, con un’anomalia di +1,47 °C rispetto alla media 1991-2020, si è superato di 0,28 °C il precedente record del 2020.
Un nuovo primato di temperatura media giornaliera a scala planetaria è stato stabilito il 22 luglio 2024 (17,16 °C) nella serie di rianalisi globale ERA5 con inizio nel 1940. Il 2024 ha visto anche un nuovo record di temperatura media annua della superficie oceanica (zone extra polari), pari a 20,87 °C, superando di 0,51 °C la media 1991-2020, e di 0,28 °C il precedente massimo del 2020.
Per il secondo anno consecutivo (2023 e 2024) il ghiaccio marino intorno all’Antartide ha raggiunto o avvicinato (a seconda dei periodi) i record negativi di estensione.
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Clima
Polo Nord: il primo giorno estivo senza ghiaccio in Artide potrebbe essere già nel 2027
Lo scioglimento del ghiaccio nell’oceano Artico sta procedendo a una velocità superiore a quella prevista anni fa e gli scienziati hanno previsto una data nei mesi estivi DEL in cui il Polo Nord sarà completamente libero dal pack ghiacciato. (altro…)
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