Clima
‘Le fonti fossili minacciano gli Accordi sul Clima di Parigi’
Nonostante gli Accordi sul clima di Parigi e gli impegni presi per contrastare i cambiamenti climatici, i Paesi del G20 continuano ad incentivare l’uso dei combustibili fossili fornendo quasi quattro volte più fondi pubblici a questo settore che alle energie rinnovabili. Tra il 2013 e il 2015, secondo i dati diffusi oggi dal Rapporto internazionale “Talk is Cheap: How G20 Governments are Financing Climate Disaster” al quale ha collaborato anche Legambiente per la parte dei dati italiani, i finanziamenti pubblici che gli Stati del G20 hanno destinato alle fonti fossili si attestano a 122,9 miliardi di dollari l’anno. E anche l’Italia ha dato il suo contributo: in tre anni (2013-2015) – denuncia Legambiente – la Penisola attraverso SACE e CDP2 ha destinato con 21 progetti ben 2,1 miliardi di dollari medi annui ai combustibili fossili contro i 123 milioni di dollari l’anno destinati alle energie pulite, piazzandosi all’ottavo posto nella classifica per finanziamenti pubblici a sostengo dei combustibili fossili e risultando tra i paesi peggiori, insieme alla Germania, per la mancata corrispondenza tra lotta ai cambiamenti climatici ed i finanziamenti pubblici.
In particolare l’Italia, sebbene nell’ambito della sua presidenza del G7 abbia promosso un’agenda per allineare la finanza bancaria multilaterale di sviluppo con gli obiettivi degli accordi di Parigi, ha dimostrato fino adesso scelte e fatti ben diversi. Stesso discorso per la Germania, al centro del palcoscenico globale e prima antagonista di Trump, che tra il 2013 e il 2015 ha elargito 3,5 miliardi di dollari all’anno per i combustibili fossili contro i 2,4 miliardi di dollari all’anno per l’energia pulita. Nel 2016, il governo tedesco ha dichiarato che le banche multilaterali di sviluppo “dovrebbero chiaramente impegnarsi a concludere il finanziamento dei progetti di combustibili fossili”, ma ciò non è ancora avvenuto. Per questo, in vista del G20 di Amburgo in programma nei prossimi giorni dove si discuterà anche della questione clima, Legambiente lancia oggi un appello chiedendo ai Paesi del G20 e, in particolar modo all’Italia, massima trasparenza e azioni concreti per definire un’agenda ambientalista efficace che preveda, tra i primi interventi da attuare, l’eliminazione entro il 2020 di tutti i sussidi alle fonti fossili. Cambiare modello energetico per ridurre il consumo di petrolio, carbone, gas deve essere una assoluta priorità.
Da quanto emerge dal Rapporto il Giappone rimane il principale finanziatore per i combustibili fossili – petrolio, gas e carbone – con 16,5 miliardi di dollari l’anno stanziati tra il 2013 e il 2015 rispetto a 2,7 miliardi di dollari l’anno a sostegno dell’energia pulita. Seguito in classifica al secondo posto, la Cina con 13,5 miliardi di dollari annui di fondi pubblici per i combustibili fossili rispetto a meno di 85 milioni di dollari ogni anno per le energie rinnovabili. La Corea del Sud si piazza al terzo posto con 8,9 miliardi di dollari l’anno rispetto a soli 92 milioni di dollari ogni anno per le rinnovabili. Seguono gli Stati Uniti con 6 miliardi di dollari annui dal 2013 al 2015, rispetto ad 1,3 miliardi all’anno per l’energia pulita. Le aziende statunitensi hanno inoltre ricevuto 17,5 miliardi di dollari in totale di finanziamenti per combustibili fossili provenienti da altri paesi del G20 nello stesso periodo. E poi Germania, Canada (con 3 miliardi di dollari annui destinati a petrolio, gas e carbone rispetto ai soli 171 milioni di dollari l’anno per le rinnovabili) e Brasile. Ottavo posto per l’Italia, dove a finanziare i progetti da fonti fossili sono SACE (Servizi assicurativi e finanziari per export e internazionalizzazione) e CDP (Cassa depositi e prestiti). La prima entra nella Top10 dei maggiori finanziatori del G20, attraverso meccanismi di garanzia per un ammontare tra il 2013 e il 2015 di 6.622 milioni di euro.
“È ora di dire basta alle ipocrisie e di cancellare i sussidi alle fonti fossili, spostando le risorse verso l’innovazione ambientale e l’efficienza energetica – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – Al G20 di Amburgo i grandi della terra dimostrino con azioni concrete il loro impegno per il clima a partire dalla eliminazione entro il 2020 di tutti i sussidi alle fonti fossili per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale”.
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Ambiente
Scrivo da un paese che non esiste: il sito che racconta l’impatto del cambiamento climatico in Italia
E’ online il sito Il Clima sta cambiando che contiene i reportage realizzati dal progetto Scrivo da un paese che non esiste , viaggio nell’Italia del cambiamento climatico. Scrivo da un paese che non esiste è un progetto di quality giornalism realizzato da ANSO l’Associazione Nazionale della Stampa Online, finanziato da Google News Initiative, che raccoglie le voci delle testate locali per raccontare l’impatto del cambiamento climatico in ogni angolo d’Italia.
Un mosaico di inchieste, reportage e storie che, pezzo dopo pezzo, compongono un’immagine inedita e allarmante del nostro Paese. Insieme con i lavori di tutti i giornali che troveranno spazio, link e visibilità nel sito del progetto, è previsto un prodotto finale. Sarà un docufilm: “Il Clima sta cambiando” sintesi dei video girati nei vari territori italiani.
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Acqua
A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna
L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.
In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.
Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione
La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.
D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.
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Clima
Il mese di giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale
Il mese di giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale, secondo il programma europeo per il clima Copernicus. (altro…)
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