Acqua
Emergenza specie aliene invasive nel Mediterraneo
Le invasioni biologiche rappresentano oggi una reale emergenza ambientale e una delle principali cause di perdita di biodiversità su scala mondiale. I processi di colonizzazione di nuove aree geografiche da parte di organismi animali e vegetali negli ultimi anni hanno subito, infatti, un’accelerazione senza precedenti a causa delle attività umane, con ripercussioni anche di tipo socio-economico e sanitario. Nel Mediterraneo il numero di ritrovamenti di specie non indigene è triplicato dal 1980, mentre è raddoppiato negli altri mari.
L’ultima notizia per le acque italiane riguarda la recente comparsa del un granchio tropicale (Percnon gibbesi, originario delle coste atlantiche americane) nelle acque di Portofino a metà luglio. La specie, ormai diffusa in tutto il Mediterraneo, aveva raggiunto le coste liguri nel 2016. Lo scorso anno la Società Italiana di Biologia Marina ha calcolato che dalle coste Italiane sono state segnalate almeno 186 specie esotiche, di cui 55 vegetali e 131 animali, senza considerare gli orgasmi unicellulari. Il successo crescente di questi nuovi ospiti è un problema che riguarda non solo l’Italia ma l’intero Mediterraneo. Secondo le ultime revisioni scientifiche, il numero di specie alloctone osservato in questo bacino (ad oggi 837) è di gran lunga superiore a quello di tutti i mari europei, e le previsioni per il futuro non sono rassicuranti.
L’ISPRA fa il punto sulle specie aliene nel Mar Mediterraneo con due progetti europei: Life ASAP (Alien Species Awarness program) e MPA Adapt (Guiding Mediterranean MPAs through the climate change era: building resilience and adaptation).
Entrambe i progetti si confrontano con il successo crescente di specie esotiche tropicali, favorito dall´aumento delle temperature e della salinità del Mar Mediterraneo. L’ISPRA stima che ad oggi, almeno 42 nuove specie ittiche sono state osservate nei mari italiani. La meta di queste è stata introdotta per mano dell´uomo, ad esempio attraverso il canale di Suez o con il trasporto navale, mentre le altre potrebbero essere entrate ‘naturalmente’ dall’Oceano Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra. Il problema è particolarmente evidente negli ambienti costieri e nelle aree marine protette che dovranno includere questa problematica nei piani di gestione. A preoccupare particolarmente è la veloce espansione geografica del pesce scorpione (Pterois miles), originario del Mar Rosso e altamente invasivo, dotato di spine dorsali, anali e pelviche velenose, che possono causare punture molto dolorose. Al momento la specie ha raggiunto le coste tunisine, mentre un individuo è stato osservato lungo le coste siciliane e si prevede un’ulteriore espansione geografica nei prossimi anni. Il rischio riguarda principalmente i possibili impatti ecologici di questo nuovo predatore. Inoltre, pescatori e sub che possono pescarli o avvicinarli durante le immersioni devono stare molto attenti a non pungersi. Altra specie potenzialmente pericolosa è il Lagocephalus sceleratus o pesce palla maculato, un pesce di origine tropicale altamente tossico al consumo, riconoscibile dagli altri pesci palla per la presenza di puntini scuri sul dorso e per una banda argentea sui fianchi. Le mandibole sono provviste di due grandi denti molto taglienti. Avvistato per la prima volta nel Mar Mediterraneo nel 2003, oggi il pesce palla maculato ha invaso buona parte del bacino levantino, creando seri problemi ecologici, economici e sanitari in paesi come Grecia, Cipro, Turchia, Libano, Israele, Egitto, dove si sono registrati diversi casi di intossicazione alimentare, alcuni dei quali letali. Nell’ottobre 2013 l’ISPRA ha rinvenuto il primo esemplare in acque italiane a Lampedusa, mentre altre recenti segnalazioni sono pervenute dalla costa meridionale della Sicilia, dalla Puglia, dalla Croazia e dalla Spagna. L`ISPRA, insieme al reparto pesca marittima del corpo delle capitanerie di porto ha lanciato una campagna di sensibilizzazione sui rischi legati al loro consumo e sulla necessità di comunicare i possibili avvistamenti.
Altre specie ittiche invasive sono il pesce flauto (Fistularia commersoni), e il pesce coniglio (Siganus luridus), quest’ultimo dotato di spine velenose. Oltre ai pesci, alcune alghe invasive come la Caulerpa cylindracea e la Lophocladia lallemandii, possono provocare impatti severi sugli habitat naturali ricoprendo letteralmente i nostri fondali e mettendo a rischio la salute degli ecosistemi costieri. Altre, come lo ctenoforo Mnemiopsis leidyi, introdotto tramite le acque di zavorra, possono incidere gravemente sulle risorse di pesca con seri impatti per il settore. Proprio per limitare la translocazione di organismi attraverso il traffico navale, Il prossimo 8 settembre 2017 entrera in vigore la convenzione dell’Organizzazione Internazionale Marittima (IMO), un’agenzia specializzate delle Nazioni Unite, che renderà obbligatorie misure come il trattamento delle acque di zavorra.
Piero Genovesi (responsabile di ISPRA per la gestione e conservazione della fauna e coordinatore del progetto Asap) ed Ernesto Azzurro (coordinatore per ISPRA del progetto MPA_Adapt) dichiarano: “Il Mar Mediterraneo è il bacino più colpito dalle invasioni biologiche nel mondo e per mitigare le conseguenze ecologiche e economiche del problema è essenziale intervenire sulle vie di arrivo di queste specie ma anche lavorare in stretto contatto con i cittadini, in particolare con le comunità che vivono nelle località di mare”. Per questo motivo, i ricercatori di ISPRA stanno da tempo utilizzando strumenti di ricerca partecipativa, riconoscendo il ruolo delle comunità locali e in particolare di pescatori artigianali e sportivi per capire come gestire il cambiamento delle risorse, per monitorare l’introduzione di specie trasportate involontariamente dalle navi, e nelle aree Marine Protette, per tutelare la biodiversità marina, attraverso percorsi di gestione adattativa.
“Purtroppo – ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni – nonostante la consapevolezza sempre più diffusa del problema, manca ancora nel contesto italiano una strategia complessiva ed integrata che consenta di affrontare efficacemente il problema. Per questo è fondamentale portare avanti progetti di informazione e sensibilizzazione come il Life Asap o MPA Adapt in grado di fornire indicazioni utili a limitare la diffusione del fenomeno, mitigare i rischi e supportare piani di gestione condivisa”.
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Acqua
Torino, a trent’anni dall’alluvione del Tanaro un dibattito sulla pianificazione e gestione dei rischi climatici
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Acqua
A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna
L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.
In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.
Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione
La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.
D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.
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Acqua
Terra Madre Salone del Gusto 2024: We Are Nature dal 26 al 30 settembre a Torino, Parco Dora
Torna Terra Madre Salone del Gusto 2024: We Are Nature dal 26 al 30 settembre a Torino, Parco Dora per individuare una nuova prospettiva che metta gli esseri umani dentro la natura, come parte del tutto.
Questo percorso è il frutto delle riflessioni che Slow Food ha avviato e condiviso a livello italiano e internazionale con la rete di soci, produttori e artigiani, cuochi, pastori e pescatori, istituzioni, realtà della società civile e partner in quasi 40 anni di storia dell’associazione (1986 nascita di Slow Food Italia) e in 20 anni di Terra Madre (2004 la prima edizione).
Il sito presenta il programma e un primo catalogo di espositori del Mercato e una prima tranche del programma di conferenze, Laboratori del Gusto e Appuntamenti a Tavola. A questi si aggiungono nei prossimi mesi molte altre presentazioni e degustazioni, e poi gli appuntamenti organizzati negli spazi dei partner e delle istituzion, e gli eventi Off organizzati in città cui possono contribuire con le proprie proposte circoscrizioni, associazioni, enti culturali e ricreativi.
Centrale, tra le tematiche, la riflessione sulle principali questioni di attualità – come la crisi climatica, il ruolo delle multinazionali nel sistema alimentare, la giustizia lungo la filiera del cibo, il futuro delle aree interne e delle terre alte, la concreta possibilità di nutrire l’umanità attraverso modelli agricoli che rispettino la natura -, grazie ai contributi di nomi di fama internazionale e alle testimonianze di attivisti e produttori.
Ad accogliere le persone in visita alla manifestazione i 3 mila delegati da 120 Paesi e gli oltre 600 espositori del Mercato italiano e internazionale. Tra questi sono circa 180 i Presìdi Slow Food che partecipano dall’Italia e dall’estero, un terzo in più rispetto a due anni fa. Tra le novità di quest’anno, l’ingresso riservato a buyer, operatori del settore, giornalisti e soci Slow Food dall’Italia e dall’estero – giovedì 26 dalle 10 alle 15 – che possono così visitare il Mercato e conoscere gli espositori in anteprima.
Organizzata da Slow Food, Città di Torino e Regione Piemonte, con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, del Ministero del Turismo e del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Italian Trade Agency, la 15esima edizione della più importante manifestazione internazionale dedicata al cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti e alle politiche alimentari pone l’accento sulla necessità di una nuova relazione con la natura, attraverso il cibo, l’elemento più potente che ci riconduce alla terra, scegliendo come claim We Are Nature.
L’edizione 2024 di Terra Madre Salone del Gusto è resa possibile grazie a istituzioni e realtà private che a oggi hanno già confermato il loro supporto, tra questi citiamo i Main Partner: Camera di Commercio di Torino, Demeter, Iren, Lavazza Group, Pastificio Di Martino, Quality Beer Academy, Reale Mutua, UniCredit. Gli Inkind Partner: Acqua S.Bernardo, BBBell, Bormioli Luigi, Coop, Liebherr, Consorzio del Parmigiano Reggiano. I Green Partner: Anemotech, Cuki, GTT, Guillin Italia Spa, Planet Smart City, Ricrea e Tucano. Gli Area Partner: Environment Park, Fondazione Fossano Musica, FSC Italia, Gruppo ASA, Renault, Ricola e Sebach. Gli hospitality Partner: Federalberghi Torino, Terre Reali del Piemonte e Turismo Alpmed. Il sostegno di Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e della Liguria, Fondazione Compagnia di SanPaolo, Fondazione CRT. Partner culturale è l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale. Mobility Partner è Bus Company.
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