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Clima

Animali e boschi colpiti dall’emergenza incendi

In questi giorni le fiamme stanno bruciando diverse aree di interesse naturalistico in Italia. “Gli​ incendi che stanno interessando il ​Parco nazionale del Vesuvio, quello del Gargano, la Sicilia ma anche la Toscana, l’Abruzzo, il Molise e i dintorni di Roma devastano decine di migliaia di ettari di boschi e di terreni, causando la morte certa di migliaia di mammiferi, uccelli e altri ​animali, spesso in pieno periodo di riproduzione”. E’ quanto sottolinea la Lipu-​BirdLife Italia che attraverso il presidente Fulvio Mamone Capria lancia un appello ai cittadini​: “Chi è in possesso di element​i​ util​i​ alla polizia giudiziaria per risalire agli incendiari che stanno compromettendo il territorio, la sicurezza dei cittadini e gli animali selvatici non abbia timore e aiuti le forze dell’ordine a investigare”.

Migliaia di uccelli in questo momento in cova, per la seconda nidiata stagionale, hanno abbandonato i nidi per scappare dalle fiamme che certamente avranno coinvolto i giovani ancora non abili nel volo e tanti piccoli mammiferi, rettili, insetti. Una situazione terribile – prosegue Mamone Capria​ – ​che si associa al danno di aree verdi di particolare pregio naturalistico e paesaggistico”.

Sull’argomento è intervenuto anche il WWF. L’associazione ambientalista “chiede di attivare immediatamente un controllo capillare del territorio e che venga aggiornato subito il catasto degli incendi, previsto dalla legge quadro in materia di prevenzione e lotta agli incendi n. 353/2000. Gli incendi – sottolinea il WWF – mettono a rischio la vita di migliaia di cittadini e turisti oltre a quella degli animali che abitato i boschi e provocano danni enormi a cominciare dal costo per la collettività di migliaia di ettari di capitale naturale persi per sempre. Siamo in presenza di una situazione limite: per questo è necessario un intervento straordinario, a cominciare dal numero di uomini e mezzi sul campo che risulta insufficiente rispetto alla dimensione dell’emergenza”.

Aggiornamento del 12 luglio ore 17:20
WWF, in fiamme il cratere degli Astroni, il ‘cuore selvaggio di Napoli’ 
L’emergenza incendi degli ultimi giorni non risparmia i tesori naturali custoditi dalle Oasi del WWF. In Campania, dopo il Parco del Cilento, quello dei Monti Lattari e del Vesuvio da questa mattina le fiamme, sicuramente legate alla mano dell’uomo, hanno attaccato anche la riserva naturale nel cratere degli Astroni, “Il cuore selvaggio di Napoli”.
Fino a questo momento sono bruciati circa 6 ettari di lecceta e macchia mediterranea. Purtroppo le fiamme sono in espansione perché i nuclei di terra e l’elicottero arrivato sul luogo non sono in grado di poter spegnere le fiamme. Si è in attesa dell’arrivo di un canadair per cercare di risolvere la situazione.
L’Oasi degli Astroni, in prossimità di Pozzuoli e dei Campi Flegrei, è un giardino segreto nel cuore di Napoli. Il grande cratere vulcanico (generato da una serie di sette eruzioni vulcaniche avvenute tra 4.100 e 3.800 anni fa) è l’ultima testimonianza dell’antico manto forestale che avvolgeva la provincia di Napoli e il bosco secolare che ne ricopre il fondo rappresenta oggi un importante polmone verde alle porte della città, dove nidificano 5 specie di rapaci.

I roghi non hanno risparmiato neanche le oasi WWF in Sicilia con gravissimi danni per la Riserva Naturale Saline di Trapani, dove le fiamme hanno distrutto circa 15 ettari della riserva. Nei giorni scorsi ha subito gravissimi danni anche l’oasi ‘La Vela’ di Taranto, una delle aree naturali della Puglia più ricche dal punto di vista della biodiversità e dell’avifauna


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Ambiente

Scrivo da un paese che non esiste: il sito che racconta l’impatto del cambiamento climatico in Italia

E’ online il sito Il Clima sta cambiando che contiene i reportage realizzati dal progetto Scrivo da un paese che non esiste , viaggio nell’Italia del cambiamento climatico. Scrivo da un paese che non esiste è un progetto di quality giornalism realizzato da ANSO l’Associazione Nazionale della Stampa Online, finanziato da Google News Initiative, che raccoglie le voci delle testate locali per raccontare l’impatto del cambiamento climatico in ogni angolo d’Italia.

Un mosaico di inchieste, reportage e storie che, pezzo dopo pezzo, compongono un’immagine inedita e allarmante del nostro Paese. Insieme con i lavori di tutti i giornali che troveranno spazio, link e visibilità nel sito del progetto, è previsto un prodotto finale. Sarà un docufilm: “Il Clima sta cambiando” sintesi dei video girati nei vari territori italiani.


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Acqua

A Valencia un disastro climatico porta 95 morti e dispersi imprecisati. E’ il più grande disastro naturale in Spagna

L’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024 è stata un evento climatico di proporzioni drammatiche, causata dal passaggio di un fenomeno DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos), noto in spagnolo come Gota Fria che ha riversato nella regione una quantità di pioggia senza precedenti.

In meno di 8 ore, si sono accumulati circa 445 millimetri di pioggia, una quantità che solitamente si raccoglie in un intero anno. Questo fenomeno ha trasformato le strade in fiumi, bloccato numerosi trasporti e causato vasti danni strutturali, con interruzioni nelle linee ferroviarie ad alta velocità e nella viabilità locale. I voli sono stati deviati e diverse aree risultano isolate o difficilmente raggiungibili.

Le immagini dell’alluvione mostrano scenari devastanti, con veicoli sommersi, edifici allagati e campi agricoli completamente devastati. La priorità attuale è il recupero dei dispersi e il ristabilimento dei collegamenti essenziali, mentre le previsioni meteorologiche mantengono un rischio di ulteriori precipitazioni nei giorni seguenti, aggravando ulteriormente la situazione​

La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di ieri, martedì 29 ottobre, è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. Il drammatico bilancio dell’evento è in continua evoluzione, per ora sono accertati 70 morti, ma i dispersi sono a decine.

Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell’entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario (precipitazioni tuttavia avvenute in territori mediamente abituati a ricevere e smaltire il triplo della pioggia annua di Valencia). Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.

D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre 1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 km, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.

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Clima

Il mese di giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale

Il mese di giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello globale, secondo il programma europeo per il clima Copernicus. (altro…)


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